Se c’è ancora qualcuno in vita che creda per davvero che esista nella realtà empiricamente verificabile il famigerato scontro politica-giustizia alzi la mano. A distanza di quasi venti anni dalla fulgida discesa in campo del premier più erotico del west Silvio Berlusconi, si rinnova stancamente il solito stucchevole ritornello che vede fintamente contrapposti gli strenui difensori dell’arrapato perseguitato contro il mondo delle toghe italiane che strillano in difesa della loro indipendenza. E tutto questo è solo fantasia? Vi starete chiedendo. Intendiamoci: non sono false le polemiche , sono strumentali le intenzione e gli argomenti utilizzati dai rispettivi contendenti. Per capire il perché di tanta presunta asprezza bisogna tornare alle origini, ossia al momento nel quale un sistema di potere è crollato e si sono formati nuovi duraturi equilibri. Naturalmente stiamo parlando dell’epoca di mani pulite e della conseguente rovinosa caduta dei pilastri sui quali si reggeva il sistema di potere della cosiddetta prima repubblica. Non tutti ricordano che quella battaglia per spazzare via la vecchia partitocrazia morente, Berlusconi e i giudici la combatterono insieme, perché se è vero (come è vero direbbe Di Pietro) che il pool “fucilava”a colpi di avvisi di garanzia i vecchi leader politici, e anche vero che le televisioni del Biscione assicuravano una meravigliosa cassa di risonanza alla gesta dei magistrati milanesi. Chi di voi ricorda il buon Brosio perennemente in onda dal palazzo di giustizia di Milano che sazia per gli spettatori dei telegiornali berlusconiani il desiderio del popolo di vedere rotolare le teste dei potenti? E chi ha dimenticato l’offerta che, all’indomani della vittoria elettorale del 1994, Berlusconi fece ad Antonio Di Pietro di entrare nel suo nuovo governo, in qualità di ministro dell’interno? Un dato è certo: nel 1992 il pool di mani Pulite e il sistema informativo guidato da Berlusconi remavano nella stessa direzione. Poi qualcosa si ruppe, Berlusconi finì nel mirino dei giudici e rispose escogitando il fortunato slogan delle “toghe rosse”. Da allora si prolunga una logorante polemica che, guarda caso, divampa in occasione di eventi particolari. Se i giudici accelerano sul versante delle inchieste, Berlusconi inerzialmente velocizza il percorso di una pluriannunciata riforma della giustizia che guarda caso però non arriva mai. L’impressione generale è che ancora resista (per poco?) un equilibrio di insieme che tutela il sistema di potere nel suo complesso, garantendo all’infinito uno status quo che si regge proprio su un ben escogitato equilibrio di utili quanto aspre e strumentali contrapposizioni. La tregua è finita per davvero o quella che viviamo è solo l’ennesima schermaglia tattica? La risposta non tarderà ad arrivare.
Francesco Maria Toscano