Spiace constatarlo ma l’ultimo baluardo della casta, come ampiamente previsto dallo scrivente, non è Silvio Berlusconi ma Giorgio Napolitano. Lo so, è più semplice indirizzare tutti gli strali verso un uomo eccentrico, eccessivo, spavaldo e dotato di scarsissimo senso delle istituzioni quale è l’attuale presidente del consiglio ma, così facendo, non si rende un servizio alla verità. Le verità bisogna dirle tutte, anche quelle scomode, anche quelle che la pavida stampa adorante non riesce nemmeno ad accennare. C’è un clima mistico intorno alla figura del capo dello stato, che sembra accusare di lesa maestà chiunque si permetta di avanzare critiche, domande o persino sospetti. Un clima incompatibile con qualsiasi modello democratico dove, al contrario, nessuna alta carica dovrebbe godere di forme di tutela dalla critica preconcette e a prescindere. Premetto: non mi piace il giornale “Libero”, né la linea editoriale che legittimamente persegue. Ma trovo gravissimo, degno di un regime nordcoreano, l’apertura di un’inchiesta giudiziaria figlia di una vignetta di dubbio gusto riguardante, tra gli altri, il capo dello stato. Che le spese del Quirinale siano esorbitanti è un dato di fatto. Il Quirinale costa più di Buckingam Palace e in un periodo di forte recessione economica, il bisogno di austerità dovrebbe essere avvertito da tutti, alte cariche in primis. Non si può dire? O, peggio, un vignettista non può rappresentare questa ovvietà nei termini esasperati propri del suo mestiere? In entrambi i casi siamo alla follia pura. E’ di oggi poi la notizia che il capo dello stato, guarda caso all’indomani dell’arresto di Papa, proprio mentre cresce il desiderio dei cittadini di occuparsi della cosa pubblica e di pretendere che le istituzioni vengano rappresentate da uomini degni, sente il dovere di denunciare il “corto circuito tra politica e giustizia”. Un concetto non troppo originale per la verità, ma che palesato all’indomani di un evento così importante assume precisi connotati politici. Napolitano non è nuovo ad uscite del genere. Nessuno può dimenticare come, mentre la procura di Salerno perquisiva gli uffici di Catanzaro, nell’ambito di un inesistente e artato scontro tra procure funzionale a “buttarla in caciara”, il capo dello stato con un atto senza precedenti chiedeva di conoscere “gli atti” dell’inchiesta. Le nuove indagini napoletane altro non sono se non il prosieguo di quelle catanzaresi che già 5 anni fa avevano scoperto quel sistema di potere occulto e trasversale che droga la democrazia italiana. Oggi, forse, i tempi sono finalmente maturi per arrivare a quella sospirata verità che in troppi continuano a non volere.
Francesco Maria Toscano