I papponi di stato continuano ad ingrassare sulla pelle dei moderni schiavi: giovani, precari, non garantiti e figli del popolo. I papponi non conoscono la parola crisi. O meglio, utilizzano lo spauracchio di una crisi provocata dalla loro stessa ingordigia per affamare ancora di più il popolino stordito da una scientifica e malevola propaganda. I papponi sguazzano nell’oro, mischiano affari e politica, corrompono i media, sistemano i figli, mentre per tutti gli altri è solo pianto e disperazione. I papponi non si accontentano di rubare al popolo per perpetrare all’infinito una specie insalubre che vive di arbitri, soprusi e violenze. No, pretendono pure di farti la morale. Attraverso una fitta schiera di pennivendoli ben pagati veicolano le loro menzogne vergognose. Chiedono “sacrifici e responsabilità” ai poveri, agli ultimi, ai disperati e ai bisognosi mentre sfrecciano sulle loro lussuose auto blu e dimorano in case pagate da faccendieri e affaristi pronti a chiedere appalti e prebende di stato. Vergognatevi! Non siete degni di nessuna considerazione né avete diritto ad invocare alcuna attenuante. Questa genia di malfattori che infesta ogni angolo della nostra vita democratica non si è limitata a rubare tutto il rubabile. E’ andata oltre. Ha colluso le coscienze, imponendo un silenzio complice e arrendevole. Intere generazioni di frustrati si ritrovano oggi all’angolo, incapaci non solo di programmare uno straccio di vita dignitosa ma persino di individuare e contestare i colpevoli di tanto sfacelo. Che povero Paese siamo diventati!, circondati ovunque da ladri imbellettati capaci di circuire le genti con la loro lingua velenosa, ipocrita e biforcuta. Il nostro Paese ha bisogno di recuperare la dignità perduta. E tutti quelli, e sono tanti, che per ignoranza, malvagità o interesse hanno contribuito ad alimentare un sistema perverso capace di riportare indietro di secoli le lancette della storia devono sentire oggi, più di tutti, il bisogno di impegnarsi per invertire una tendenza non più sostenibile. Alcuni magistrati coraggiosi, in nome dell’uguaglianza di tutti i cittadini, tentano ancora, nonostante le fortissime resistenze provenienti persino dall’interno della loro stessa categoria, di difendere gli ultimi capisaldi della nostra marcia democrazia. Cricche fameliche di delinquenti autorizzati attraversano la penisola con lo stesso animo degli antichi Unni guidati dal feroce Attila. Per alcuni finalmente si aprono le porte del carcere, e nella speranza che trionfi e si imponga una idea di giustizia che non valga soltanto per drogati, immigrati e poveri affamati, è giusto tenere alta la guardia contro un pericolo incombente e potenzialmente devastante. Il pericolo, cioè, che, in piena sindrome di Stoccolma, causata anche ma non solo da un sapiente e generalizzato uso peloso dei media, gli sfruttati non finiscano per prendersi a cuore le sorti dei loro schiavisti sfruttatori. I malfattori e gli indegni chiamano infatti “garantismo” l’impunità di chi, quotidianamente, sovrasta e sconvolge le vite degli ultimi e dei deboli. Nessuno cada nel tranello, metabolizzando emotivamente fatti e circostanze che non li riguardano. Così come nessuno dei potenti, che di rado cadono nella polvere per poi rialzarsi più violenti e arroganti di prima, si farà mai intenerire dalla indigenza che sconvolge le vite di molti cittadini semplici e onesti. E tantomeno dei loro figli, condannati alla disoccupazione più nera o a vivere nel migliore dei casi delle briciole che cadono dalla tavola imbandita dei tanti moderni Epulone che si nutrono delle nostre paure e pavidità.
Francesco Maria Toscano