“Il moralista” qualche giorno fa , prendendo a prestito le parole di Giovenale, si domandava profeticamente e retoricamente “quis custodiet ipsos custodes?” (http://www.ilmoralista.it/ielo-il-milanese-2, clicca qui per leggere). Di fronte infatti al quotidiano stillicidio di notizie riguardanti un sistema di corruzione intrecciato e trasversale che non coinvolge soltanto la politica, ma abbraccia gli apparati, la magistratura e persino il mondo della cultura e dell’informazione, l’inerzia dei poteri di controllo nel colpire scandali giganteschi oramai di pubblico dominio sgomenta e preoccupa. Si intravede in maniera sempre più pressante il rischio che una parte importante della magistratura sposi , con sempre maggiore pervicacia, un’idea del ruolo distante anni luce da quello assegnatole dalla Costituzione. Il pericolo gravissimo è rappresentato dalla possibilità, testimoniata da moltissimi casi concreti verificatisi negli ultimi anni, che una parte influente della magistratura preferisca ritagliarsi il comodo ruolo di garante degli assetti di potere costituiti, anziché perseguire i reati, specie dei potenti, ai danni di cittadini spesso deboli e senza voce. Come spiegare altrimenti le enormi difficoltà incontrate da quei magistrati che negli anni hanno provato a rendere concreto il principio illuministico che sancisce l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge? Come non ricordare i processi interni subiti da de Magistris, Forleo e Apicella? Come non ricordare che quel Csm che promuoveva sanzioni contro magistrati scomodi esprimeva come vicepresidente quel Nicola Mancino già ministro dell’interno discusso all’epoca della strage di via d’Amelio in cui morì Paolo Borsellino? Come ignorare le parole del magistrato reggino Giuseppe Lombardo che denuncia la “pigrizia” di suoi colleghi nel contrastare le dinamiche mafiose di alcuni colletti bianchi, antimafia di giorno e funzionali di notte? E’ bene però avere consapevolezza del fatto che esistono ancora magistrati che servono la Costituzione e rappresentano una autentica barriera di resistenza contro il definitivo crollo di quel sistema di valori democratici che rende diversa l’Italia dalla Siria di Assad. Magistrati che non hanno avuto paura o remore nel perseguire e condannare potenti come Geronzi e Arpe, recentemente condannati per bancarotta fraudolenta, o Francesco Caltagirone, ricchissimo finanziere proprietario di molti giornali, condannato per lo scandalo Unipol. Magistrati che come la Boccassini, in spregio all’adagio che dipinge i magistrati sempre intenti nel coprirsi a vicenda, non ha esitato nel colpire alcuni suoi colleghi arrestati stamani insieme ad esponenti apicali della politica calabrese. Oggi, da Milano a Reggio Calabria, le procure aprono uno scenario devastante ma non imprevisto. Gli arresti in Calabria del magistrato Vincenzo Giglio e del consigliere regionale Franco Morelli e in Lombardia del vice di Formigoni Nicoli Cristiani, rendono concreti e danno sostanza agli incubi peggiori. Questo è il momento nel quale tutti i cittadini onesti sono chiamati a una mobilitazione generale, si badi bene, non in favore della magistratura contro la politica, ma al fianco di chi evidentemente serve interessi generali a scapito di chi utilizza il suo ruolo per barattare ambigui e indicibili favori personali. Magari questi magistrati fedeli alla costituzione non diventeranno mai sottosegretari o non piazzeranno mai amici e parenti dentro imprese come Finmeccanica, ma si ritaglieranno il rispetto e la stima degli italiani migliori. E, se ci pensate bene, non è poco.
Ci sono due categorie di cittadini italiani, quelli che sono nati e sono maturati prima del berlusconismo e quelli che si sono formati maturando nel corso del berlusconismo. Chi non ha conosciuto altro che berlusconismo e antiberlusconismo difficilmente sarà portato ad apprezzare come merita il lavoro (e la scelta connessa che immagino sia stata durissima)di Ida Boccassini allorchè ha deciso di metter mano nelle sozzure di certa magistratura.