Finalmente Caterina, quasi quasi, ce la fa. Al netto dei salamelecchi inutili e non richiesti, Caterina rende palesi e inequivoci i suoi dietrologici pensieri. Scrive infatti al punto 4 della sua replica: “E’ stato citato come figlio di un noto giornalista semplicemente perché anche per gli altri parenti ed affini abbiamo pubblicato, di chi ovviamente eravamo a conoscenza, l’apposizione. Non ho citato il nome di suo padre, del quale, sì, mi onoro di essere collega, semplicemente per una questione di cortesia e di educazione che credo il suo acuto ed intelligente genitore, avrà, invece intuito. Ovvio, e le chiedo scusa se mi permetto di farglielo notare, ma è proprio il tipo di incarico dalla natura fiduciaria che ha assunto che prevalica curriculum e cursus honorem, e fa pensare ad altro in merito alla sua notevole nomina…”. Caterina probabilmente non lo sa ma è certamente una seguace inconsapevole del grande gesuita padre Pintacuda il quale spiegava chiaramente come “il sospetto fosse l’anticamera della verità”. Dopo avere al punto 1 rivendicato la bontà della sua inchiesta difendendola dalla accusa di dietrologia, nel successivo punto 4 Caterina ne sfoggia in quantità industriali. Se dovessi applicare a Caterina gli schemi logici che ella riserva a me, dovrei avanzare molti sospetti sulla sua indagine. Se fossi Caterina avrei probabilmente chiosato con un mascariante “…e questo fa pensare”. Ma io sono Francesco Toscano e non mi interessa approfondire. Comunque, precisiamo: visto che Caterina non mi riconosce dignità di persona autonoma ma mi considera solo una inanimata e passiva proiezione del mio noto genitore, “del quale peraltro si onora di essere collega”, specifico ancora meglio: io sono il figlio di Pino Toscano e certe strade non le percorro.
Chiudo commentando schematicamente i punti della tua risposta. Riguardo al punto 1 abbiamo già assodato il fatto che non hai colto come, parlando di dietrologia, mi riferivo alla mia intenzione di non rifugiarmi dietro la presentazione di scenari articolati. Al punto 2 palesi una carenza di ironia. Ho scritto “il privilegio di aprire la lista” in tono chiaramente scherzoso, come era di tutta evidenza. Converrai con me, spero, sul fatto che essere inserito primo, secondo o ultimo nella lista dei reprobi cambi oggettivamente poco. Ricapitolando: al punto 1 credi che dietrologia si riferisca al merito della notizia e giustifichi il tuo pezzo con un brillante “da mesi la città vocifera di questi decreti presidenziali”, imitando così senza volerlo quel personaggio di Checco Zalone che se la prende con il provincialismo dei suoi concittadini (“la gente parlano signora mia. E la gente sono tanti… ). Al punto 2 fai come quelli che rispondono seri alle barzellette, mentre al punto 3 confermi legittimamente la tua volontà di presentare al tuo folto pubblico padri di famiglia come Carlo Ariobazzone, che percepiscono uno stipendio d 1600 euro lordi come tu stessa precisi (quindi un migliaio netti), come la vera Casta da abbattere con ignominia. Al punto 4 rendi finalmente palesi i tuoi sottili sospetti sulla scorta di un ben interiorizzato assioma aristotelico ( se Pino Toscano ha i baffi e suo figlio collabora con Raffa allora Raffa ha i baffi). Mi pare poi incongruente il tuo onorarti di essere collega di mio padre. Perché dovresti essere orgogliosa di far parte della stessa categoria di uno “invischiato nella tua mefistofelica parentopoli”? Misteri dolorosi degni del “Corpus Hermeticum”.
Non mi piace parlarmi addosso, ma siccome hai la chiara tendenza a lasciare in superficie gli argomenti che tratti, come dimostra il tuo leggiadro glissare sulla storia della nomina in Piana Sicura, ti invito senza ironia a continuare a colpire personaggi innocui e deboli come Valeria Laganà, Carlo Ariobazzone, Qui, Quo, Qua e il Corsaro nero. Tengo però a ricordarti che prima di collaborare con Raffa, ho collaborato a diverso titolo con personaggi del calibro di Franco Piro (ultimo capigruppo del Psi alla Camera), Bruno Tabacci e Mario Baccini (con i quali fondai il movimento politico di opinione “La Rosa Bianca”). Sono stato consulente giuridico del gruppo Udc al Senato della Repubblica, ho scritto per Pellegrini editore un libro di politologia dal sapore profetico, “Capolinea”, definito acuto e brillante da Padre Bartolomeo Sorge e degno di menzione speciale per la giuria del premio “Caminiti”. Alcune mie analisi politiche sono state negli anni pubblicate da giornali del calibro di “Micromega”, “Il Giornale” e “La Stampa” e, se fai una ricerca di archivio troverai alcuni mie riflessioni pubblicate anche dal giornale per cui scrivi. Il direttore del Quotidiano della Basilicata Paride Leporace, giornale gemello al vostro, disse testualmente a Cosenza durante una delle presentazioni del mio volume che” se in Italia esistesse la meritocrazia, Francesco Toscano sarebbe il politologo di punta delle principali testate nazionali”. Certamente Paride esagerava o forse, esprimeva tale avventato giudizio per captare come Raffa la benevolenza del mio potentissimo padre, semplice redattore come te di un quotidiano locale. Probabilmente per le stesse ragioni Antonella Grippo, che ha già curato una brillante rubrica per il Quotidiano web, mi volle come opinionista politico pressoché fisso nella sua seguitissima trasmissione “Perfidia” in onda su Telespazio Calabria. Anche l’editore Leo Iiriti che mi ha voluto come docente, insieme tra l’altro all’apprezzato scrittore Mimmo Gangemi, è schiavo evidentemente delle stesse debolezze.
Visto che perseveri poi con la teoria della mia nomina che, spieghi, “…fa pensare”, senza precisare a cosa fa pensare, ti sfido, come preannunciatoti, ad un pubblico confronto per approfondire i termini delle tue volgari insinuazioni. Alla luce del sole sarà più facile per tutti capire chi di noi due è inadatto a ricoprire il ruolo che esercita. Ti prego di accettare cavallerescamente, anche perché ormai da tempo, come non sfuggirà ad una sottile intellettuale come te, non è più prevista la pena dell’ingresso all’interno del “Toro di Falaride” per chi dovesse eventualmente dialetticamente soccombere.
Chiudo con una breve precisazione sul punto 5 della tua replica. Dopo avermi colpito per il solo fatto di lavorare nel pubblico con l’aggravante di essere figlio di un giornalista (“…e questo fa pensare…”). rivendichi il privilegio, questo sì castale, di non vedere applicata a te stessa le elucubrazioni che riservi agli altri. Secondo te un figlio di giornalista che lavora, peggio ancora nel pubblico, fa venire in mente sospetti di favoritismi. La mia amara e tragica riflessione finale sui tuoi figli conteneva semplicemente una sincera speranza. La speranza cioè che i tuoi bimbi, anche nella sventurata ipotesi in cui coltivassero una sincera passione per la analisi politica, non trovino mai sulla loro strada gente come la propria mamma, pronti a delegittimarli con la rodata tecnica della subdola insinuazione soltanto perché figli di una “più o meno nota” giornalista.