Sto guardando la 7. Ospite della Gruber c’è Antonio Di Pietro e in collegamento non si sa da dove un certo Jacopo Tondelli, direttore del sito online linkiesta.it. Sono molto incuriosito da queste nuove piattaforme online che ritengo possano a breve ritagliarsi uno spazio di opinione nel panorama informativo del Paese. Un panorama, lo abbiamo detto tante volte, asfittico e caramelloso che gareggia nell’incensare a prescindere il premier illuminato Mario Monti. Proprio l’accondiscendenza acritica e interessata dei grandi media tradizionali dovrebbe naturalmente aprire possibili autostrade per quelle testate giornalistiche che puntano sul web. Il web come possibile luogo di stoica resistenza ad un sistema sostanzialmente fascista, mentre tutt’intorno dilagano mandolinisti, leccaculo e suonatori di serenate per professione. Questa immagine utopica e cavalleresca muore istantaneamente non appena il direttore del quotidiano online in questione apre la bocca. Un condensato di banalità e conformismi da fare invidia a Massimo Franco del Corsera, per altro accompagnate da una mimica facciale non proprio profondissima. Spengo subito la tv, mi siedo di fronte al monitor del mio vecchio computer e mi domando: ma a che cosa serve una replica delle tante buffonate cartacee sul web? Mistero. Non credo sia il caso di approfondire analiticamente il taglio del sito diretto da Tondelli. La faccia del suo direttore è già tutto un programma. Linkiesta.it, insieme al sito Lettera43, dovrebbe rappresentare uno dei laboratori più interessanti circa la comunicazione del futuro prossimo. La paura, sempre più fondata, è che lungi dal divenire oasi di informazione per davvero plurali e al servizio dei fatti, queste piattaforme web si rivelino soltanto la prosecuzione con altri mezzi della guerra disinformativa oligarchica e reazionaria attualmente in atto.
Francesco Maria Toscano