Non è facile raccapezzarsi tra le tante voci e analisi che si rincorrono tendenti a raccontare i principali eventi che la cronaca propone. Prendiamo il caso dell’incontro super strombazzato come decisivo tra il nostro premier Monti e il suo omologo americano Barack Obama. A leggere i giornali del circuito principale, e non potrebbe essere altrimenti, ci si immerge soltanto all’interno di un clima di inutili salamelecchi, fatto di frasi vuote e retoriche che non aiutano per nulla la comprensione degli eventi. Ancora una volta, di fronte a questioni centrali per il futuro dei popoli, la stampa italiana dimostra nel suo complesso di non aver più altra funzione sociale se non quella di fiancheggiare il peggiore potere politico nel comune obiettivo di ridisegnare la nostra società in senso oligarchico. Un paio di giorni fa, sulla “Stampa” di Torino, è stata pubblicata un’intervista ad Obama che rappresenta l’evidente apoteosi di questa incestuosa commistione. Una non-intervista nella quale tutti i nodi principali di politica economica venivano scientemente elusi per concentrare il dibattito su argomenti insulsi e di colore come l’origine italiana di alcuni collaboratori di Obama e altre amenità del genere. Ora, se da un lato è vero che il linguaggio della diplomazia internazionale è spesso ipocrita per definizione, certi ridondanti commenti del presidente americano Obama sulla “straordinaria incisività” di alcune misure prese dal nostro Monti lasciano perplessi. Leggendo sul blog “Libero Pensiero” la brillante analisi di un pensatore di indubbio talento come Sergio Di Cori Modigliani (“Mario Monti al grande appuntamento con Barack Obama. Una riflessione sullo scontro in atto tra forze reazionarie e progressiste”), ci si potrebbe sostanzialmente convincere circa la sicura radicale dicotomia tra l’impostazione politica del Presidente Obama e quella di indirizzo di Monti. Secondo Di Cori Modigliani, infatti, Monti sarebbe il portavoce delle istanze più retrograde di una élite sovranazionale di massoni reazionari che troverebbero nel presidente statunitense democratico Obama un fiero e lungimirante oppositore per il definitivo trionfo dei loro scellerati disegni. Mentre non faccio nessuna fatica a credere che Monti in realtà sia per davvero il portavoce ideale dei potentati dipinti, non riesco a nutrire la stessa fiducia di Sergio di Cori Modigliani circa il ruolo interpretato dall’America obamiana nell’attuale scacchiere internazionale. E’ oramai possibile tracciare un giudizio sulla qualità del primo mandato presidenziale di Barack Obama e tale giudizio non può, allo stato, che essere deludente. Molte delle speranze suscitate dal già senatore dell’Illinois sono rimaste tali perché dalla altra parte dell’Atlantico non è spirato in questi anni nessun vento di forte e radicale cambiamento capace di indicare al mondo una via nuova e migliore. Può darsi che adesso, con le elezioni alle porte, il presidente Obama trovi la forza e il coraggio di attuare quelle politiche autenticamente progressiste che, elenca Sergio di Cori Modigliani, impongano più welfare, più occupazione, più ricerca e lotta feroce alle intollerabili disuguaglianze economiche. Può darsi anche che il ritardo nel risolvere la crisi greca sia pure il risultato di un nuovo interventismo americano in Europa, capace di rompere le uova nel paniere ai tanto agitati euro strozzini. Può darsi, ma non ne sono affatto certo. Non ci resta che aspettare per capire in concreto che piega prenderanno gli eventi. Nel frattempo, anche bollando come certamente rituali e di sola pura cortesia alcuni appezzamenti di Obama a Monti, la sintesi dell’incontro lascia l’amaro in bocca. E quell’aggettivo utilizzato dal presidente statunitense, “impressionanti”, riferito alle riforme montiane, alimenta i sospetti peggiori. Guarda caso lo stesso aggettivo utilizzato dalla Merkel dopo avere sbirciato e approvato i primi interventi del nostro premier appena insediatosi.