La Calabria è l’ultima regione d’Italia anche perché ha la peggiore informazione del mondo occidentale. E’ troppo comodo puntare il dito soltanto contro una classe dirigente politica, presente e passata, sostanzialmente imbelle e spesso corrotta e collusa. La Calabria è isolata, umiliata, povera e senza prospettiva perché la mala politica si nutre soprattutto di cattiva informazione e dell’immobilismo (loro lo chiamano garantismo, non sapendo che il concetto di garantismo implica la tutela dei deboli e non dei padroni ) delle procure che, come ha denunciato tempo fa il coraggioso magistrato reggino Giuseppe Lombardo, subiscono spesso la tentazione di girarsi dall’altra parte di fronte a notizie di reato che coinvolgono le classi dirigenti. In Calabria corre molti più rischi il denunciante che non il denunciato. Il clima di sostanziale omertà, a parte la bella retorica, è di fatto incoraggiato da chi ha interesse che questo sfortunato pezzo di terra rimanga nei secoli una foresta pietrificata, violentata da una nuova aristocrazia fondata sul denaro e sull’imbroglio. Chi ha provato, come de Magistris, a colpire il cuore di un sistema nel quale nuotano anche in una ottica sostanzialmente consociativa poteri mafiosi agguerriti e arroganti, è stato colpito con incredibile durezza in maniera tale che la punizione servisse a scoraggiarne l’esempio. Per disarticolare inchieste che non si concentrino soltanto sull’ala militare della ‘ndrangheta o, peggio, non inseguano personaggi di puro folklore spacciandoli per menti raffinatissime, oggi non serve neppure il tritolo. Basta la carta bollata. Il Csm che esprimeva come vicepresidente Nicola Mancino, interrogato recentemente dai magistrati palermitani in ordine alla trattativa tra mafia e Stato, ha aperto procedure disciplinari contro tutti quei magistrati che si sono occupati di vicende calabresi con animo libero. Non solo de Magistris, ma anche i magistrati di Salerno Nuzzi, Verasani e Apicella, sono stati puniti dal Csm del già ministro dell’Interno ai tempi delle stragi mafiose. Se la situazione all’interno del mondo delle toghe è questa, i giornali non stanno meglio. La Calabria è l’unica regione d’Italia che non esprime un suo grande giornale regionale. Il giornale più venduto, la Gazzetta del sud, è un giornale siciliano e si vede. Gli altri quotidiani hanno numeri troppo esigui per poter essere considerati vera concorrenza, e la Calabria è al buio. La crisi dell’editoria ha fatto il resto. I giornali che hanno rinunciato a fare informazione per trasformarsi in mezzi di pressione per agevolare business, italiani o balcanici, di altra natura degli editori di riferimento, tengono molto di più alla pubblicità istituzionale che non alle notizie e agli approfondimenti. Mi riservo di scrivere nel prossimo futuro un’inchiesta sul peso di questa voce nei bilanci delle principali testate calabresi, in grado di far comprendere a tutti la gravità di un fenomeno che in Calabria assume contorni così vasti da mettere in discussione alla radice la libertà di informare e quindi la democrazia. E’ di oggi la notizia importantissima dell’avviso di garanzia ricevuto dal governatore calabrese Scopelliti, insieme tra gli altri al direttore generale Franco Zoccali, in ordine al buco di bilancio nella rovinosa sanità calabrese. Non intendo entrare nel merito di un procedimento del quale non conosco i dettagli, ma mi limito ad osservare come la notizia dell’arrivo di un avviso di garanzia in capo al governatore di una regione, costituirebbe il titolo di apertura di qualsiasi testata locale persino nei Paesi in via di sviluppo. In Calabria no. Ieri circolava la notizia dell’indagine calabrese su Scopelliti e oggi il giornale “calabrese” più venduto apre con la notizia sull’anniversario di “Mani Pulite”. Un caso di involontaria comicità. Come dire, viaggiamo soltanto, in linea con le ferrovie bruzie, con un ventennio di ritardo rispetto all’orologio della storia. La Calabria per ripartire ha bisogno di capire e di sapere. E’ indispensabile ricreare, per divulgare, un nuovo fermento culturale in grado di rinnovare le cose. Qualsiasi progetto politico che non sia il naturale sviluppo di una faticosa costruzione intellettuale è finto o è destinato al fallimento. Nuove voci libere sveglieranno i calabresi dal torpore se nasceranno progetti editoriali culturalmente attrezzati e guidati da chi è animato da sincera passione civile.
Come dire… Libera informazione in libero stato! E in libera regione!
Propongo il moralista firma di punta di un grande giornale libero calabrese!
Se non ora quando!!!
Chissà che il tuo gentile proposito non si avveri presto…
Il Moralista