Questa mattina apro con una non-notizia. Intorno alle 11 incontro mio padre. Lo vedo corrucciato e malinconico, più del solito, assorto nei suoi pensieri mentre aspira l’immancabile sigaretta. Mi invita a bere un caffè insieme e con l’aria affranta del buon padre alle prese con quel figlio “troppo impulsivo” e ancora, nonostante l’età, incapace di capire per quale verso gira il mondo, mi comunica di avere ricevuto una telefonata. “Ieri sera mi ha chiamato Lino Morgante” (il direttore in pectore della Gazzetta del sud del quale ho recentemente scritto), attacca. “E qual è la notizia?”, gli rispondo insolente io con l’aria di chi vorrebbe passare subito ad altro argomento. Senza perdere le staffe, ma con lo sguardo sempre più simile a quello amareggiato di Geppetto continuamente alle prese con le marachelle di Pinocchio (anche se io, a differenza del personaggio di Collodi, bugie ne dico poche a dispetto pure del naso pronunciato), mio padre mi risponde: “Alla luce delle tue liberissime ma non sempre opportune manifestazioni di pensiero, per una forma di garbo personale, Morgante mi ha comunicato direttamente l’inopportunità della prosecuzione della tua giovane collaborazione con la Gazzetta. E con questo è tutto”. Finito di bere un caffè certamente tra i più amari, mio padre si è poi allontanato senza aggiungere verbo. Dal punto di vista oggettivo, la notizia in sé non solo non mi sorprende ma in qualche modo la davo per assodata. Alla luce del giudizio che ho maturato sulla qualità e il ruolo che la Gazzetta esercita nell’interesse della (de)crescita della Calabria, e dopo essermi definitivamente persuaso circa la sostanziale continuità di indirizzo editoriale del giornale siciliano, a dispetto pure dell’imminente e apicale promozione di giornalisti bravi dalla culla e solo anagraficamente più giovani e freschi, l’intenzione di non voler più apporre la mia firma nel giornale in oggetto mi sembrava acclarata per fatti concludenti. Sarò ingenuo, ma non fino al punto da non capire che, specie in una società come la nostra, il libero pensiero critico e argomentato non è sempre gradito e apprezzato. Ho poi la presunzione di ritenermi fieramente incompatibile con una idea di giornalismo sintetizzabile, per chiarezza espositiva, in quel concetto di “licordarismo” evidentemente sopravvissuto anche alla pensione del suo illustre fondatore. Con queste righe chiudo definitivamente “la mozione dei sentimenti”, nella convinzione che, al netto delle spigolature, alcuni spunti di riflessione potranno in futuro servire anche al giovane direttore Lino Morgante per ripensare, con onestà intellettuale e senza piglio gerarchico, ad alcune scelte di politica editoriale, magari comode, ma strategicamente sbagliate e incapaci di riallacciare quel rapporto fiduciario, da ricostruire, che deve legare chi legge a chi scrive. Specie in un periodo storico come il nostro nel quale la carta stampata attraversa una profondissima crisi di credibilità prima che economica. Mi pesa molto invece l’idea di essere motivo di cruccio per mio padre, persona di rara dignità, sensibilità e gentilezza. Mi pesa molto, ma non fino al punto da omologarmi per pratico interesse o pavido quieto vivere. Se è vero che le “colpe” dei padri non devono ricadere sui figli a maggior ragione non deve valere il principio inverso. E in ogni caso non bisogna mai avere paura della libertà. Il 17 Febbraio scorso ricorreva il 412 anniversario dell’uccisione di Giordano Bruno, disposto a testimoniare un rispetto smisurato per la libertà fino all’estremo sacrifico. Di fronte ai dubbi, alla fatiche e alle debolezze è bene sempre tenere a mente l’insegnamento e la testimonianza del Nolano, capace di rivolgersi con queste parole verso i suoi ottusi carnefici, nel mentre ne decretavano l’atroce morte sul rogo : “Tremate molto più voi nell’emettere questa sentenza”, disse fiero Giordano Bruno, “che non io nell’ascoltarla”.
Francesco Maria Toscano
Interessante la “sottile cortesia” con la quale il tizio ha sentito la necessità di spifferare la cosa non a te, ma a tuo padre. Quanti anni hai, dodici? No, vedo che ne hai trentatrè. Dunque, cos’era? Intimidazione? Vendetta? Desiderio di sputtanarti in famiglia per avvelenarti l’esistenza? Non esiste più quell’entità mitologica dei nostri tempi, la riservatezza (non si capisce perché sia più gradita quando la si chiama privacy) sempre invocata e mai praticata? Non conosco i retroscena e non entro nel merito del tuo rapporto con il giornale, ma anche solo a livello di educazione e saper vivere direi che quel tale è stato quanto meno indelicato, ineducato, socialmente goffo. O troppo zelante, dipende dagli obiettivi che si prefiggeva…
Se specialmente i giovani prediligono informarsi attraverso il web, i telegiornali e la carta stampata dovrebbero porsi qualche domanda come dice Lei circa le “scelte di politica editoriale, magari comode, ma strategicamente sbagliate e incapaci di riallacciare quel rapporto fiduciario, da ricostruire, che deve legare chi legge a chi scrive”. Io rimango senz’altro un suo fedele lettore
Un grazie non retorico a Ugo e Alessandro. Sapere di avere lettori come voi mi gratifica e mi trasmette entusiasmo.
Francesco
aahahaha, mi viene da ridere…. un direttore di giornale che muove una remora per interposta persona…. un esempio di dirigenza!
caro Toscano
questa è davvero una buona notizia! Mi appariva perlomeno strana e fuori contesto la sua collaborazione con un foglio come la “Gazzetta del Sud” che, dalla sua fondazione, si è sempre distinto per bieco provincialismo, disinformazione, difesa, e celebrazione trionfalistica degli interessi familistici dei pochi potenti; tale costante linea editoriale ha fortemente contribuito all’irredimibile arretratezza culturale e morale di quella infelice zona che ne rappresenta il bacino d’utenza.
La modalità poi di estromissione conferma puntualmente la “visione del mondo” delle colonne portanti del giornale: fuori da cosa loro…
cordiali saluti ed auguri
Una squallida vicenda che dimostra la fragilità morale di certa stampa (tutta?) che non accetta voci fuori dal coro, e non riesce a capire che sono le critiche e non gli elogi che fanno crescere e migliorano il nostro modo di essere.
Invidio la Tua capacità di essere vero UOMO LIBERO come dimostri ogni giorno nei pezzi che pubblichi sul MORALISTA , pur sapendo di andare incontro alle ire di qualcuno.
Sono sicuro che Tuo padre è contento di Te e di come sei (e magari invidia un po’ questa Tua profonda libertà di azione e di pensiero).
Continua così, conscio che per quelli come Te la vita sarà sempre piu’ dura ….
Un abbraccio dal “profondo Nord”
Federico
cari Adelfo e Federico, grazie. Le vostre parole, sincere e profonde, valgono più di mille altre cose.
Francesco
Solidarietà e stima.
Si chiude una porta e si apre un portone…
Giovanni (messinese emigrato a Torino)
Grazie Giovanni,
Un caro saluto