Questa mattina a Brindisi un’adolescente è morta e un’altra lotta per rimanere aggrappata alla vita. Si contano feriti, alcuni gravi, mentre l’Italia intera non riesce a spiegarsi la brutalità di un gesto così infame e raccapricciante. Chi ha fatto esplodere una bomba di fronte ad una scuola piena di ragazzi alle 8 del mattino è un mostro. Ma i mostri quasi mai sono anche pazzi. A poche ore dall’attentato che ha fatto già ripiombare il nostro Paese in un clima da anni di piombo, le ipotesi si sprecano. Gli inquirenti, seguendo correttamente il solito protocollo, battono tutte le piste, nessuna esclusa. C’è chi agita lo spettro della Sacra Corona Unita, la mafia pugliese,chi mette in rilievo la circostanza di come l’istituto scolastico colpito risultasse intitolato a Francesca Morvillo e Giovanni Falcone e chi ricorda come oggi a Brindisi fosse prevista una manifestazione antimafia organizzata dall’associazione Libera di Don Ciotti. Tutte cose vere, che però non aiutano per nulla a decifrare il reale messaggio di un attentato così meschino, inaspettato, crudele e insensato. Il rischio vero, ancora soltanto sussurrato, è quello di trovarsi di fronte ad una nuova stagione di sangue e veleni frutto di una scientifica e aggiornata strategia della tensione. Questo è un periodo molto particolare e delicato per la storia d’Italia. Le vecchie oligarchie di potere cominciano a franare sotto il peso crescente e inarrestabile di una ondata di pubblica indignazione. Povertà, disoccupazione e disperazione galoppano, mentre al governo siede un uomo come Monti, diretta espressione di consessi elitari sovranazionali e antidemocratici. La seconda Repubblica è al crepuscolo e forse c’è qualcuno che intende provare a replicare lo schema violento e scellerato già visto nel biennio ’92/93. Le stragi di Capaci e Via D’Amelio prima, e quelle sul continente l’anno successivo macchiarono di rosso la fine del vecchio sistema partitocratico. Sui misteri di quella stagione, che hanno probabilmente inciso sugli attuali assetti di potere, non è mai stata fatta vera luce. Troppe incongruenze restano sospese su questioni di assoluta rilevanza come la trattativa Stato-mafia, la scomparsa dell’agenda rossa del giudice Borsellino, il ruolo del ministro dell’Interno dell’epoca Mancino e l’eventuale costruzione in laboratorio di un pentito da operetta come Scarantino. Il terrorismo stragista potrebbe essere finalizzato al rafforzamento delle forze politiche, cosiddette moderate, che oggi sostengono Monti in un quadro emergenziale e di solidarietà nazionale. Potrebbe altresì essere mirato alla rapida promulgazione di leggi speciali buone per tacitare il crescente, critico e pacifico dissenso rispetto ad alcune politiche da macelleria sociale. Potrebbe infine essere soltanto il segnale di chi comincia ad avere paura di un possibile cambiamento di equilibri complessivi, capaci in prospettiva di condurre alla definitiva individuazione dei veri responsabili dei crimini che hanno caratterizzato la fine della prima Repubblica. Da alcune inchieste siciliane si comincia ad intravedere in controluce il vero volto di un mostro consociativo e spregiudicato, spesso falsamente ammantato di retorico prestigio e ipocrita legittimità. Nessuna di queste ipotesi è per nulla tranquillizzante.
Francesco Maria Toscano
nessuna
Nella ricerca del movente d’un crimine, in genere aiuta chiedersi a chi giovano i risultati di quel crimine.