Anche oggi, come ogni mattina, mi sono recato alla stazione per prendere il treno che collega Gioia Tauro a Reggio di Calabria. L’ultimo treno utile era quello delle 9.25, un macinino che impiega più di un’ ora per percorrere meno di 50 km. Ho fatto tardi perché ho dovuto prima accompagnare il bimbo dal pediatra, alla prese con la solita endemica tosse catarrale. Già sul binario, immerso nei soliti quotidiani pensieri, mi viene in mente che oggi è il primo giorno di Giugno. Da buon pendolare perennemente abbonato a Trenitalia, mi accorgo, prima di salire, che il mio titolo di viaggio mensile è appena scaduto. Faccio presente perciò ancora a terra la circostanza al capotreno, convinto di trovare la sua comprensione. I controllori, a rotazione, sono sempre gli stessi e, mi illudo, una persona di buon senso comprenderà facilmente la situazione vedendomi viaggiare ogni santo giorno. Tutt’al più, dico tra me e me, pagherò oltre all’abbonamento di Giugno, da comprare prima del ritorno serale a casa, anche il singolo viaggio di andata, giusta punizione per non avere fatto in tempo a rinnovare l’abbonamento scaduto da poche ore. Appena ho notato, però, il volto del capotreno, le mie immature convinzioni hanno lasciato spazio ai dubbi. Sul locale di oggi, infatti, 1 giugno 2012, che collega Rosarno con Melito di Porto Salvo, in partenza dalla stazione di Gioia Tauro alle ore 9.25, il controllore era proprio quel tipo ricciolino, dai modi “interurbani” direbbe il principe Antonio de Curtis, con il quale avevo già avuto una discussione qualche tempo fa. Da Gioia Tauro e Rosarno, in direzione Reggio Calabria, viaggia ogni mattina una nutrita squadra di poveri immigrati che, dallo studio dei lineamenti, credo provengano dal Pakistan o altre zone limitrofe. Uomini sfortunati, piegati dal caldo e dalla fatica, che vivono tentando di vendere le misere cianfrusaglie stipate nei rispettivi zainetti Invicta, identici a quelli che usavano i ragazzi della mia generazione ai tempi del Liceo. Mi ha sempre non poco infastidito l’atteggiamento inutilmente sprezzante tenuto dal controllore ricciolino in questione, il quale mi ha detto di chiamarsi Domenico Palamara, nei confronti di questi immigrati deboli e poveri. Toni arroganti, modi spicci e caporaleschi con la comunità nera, un tantino più ragionevoli, quand’anche sempre sgraziati, con la popolazione indigena. Una tra le tante fredde mattine dell’inverno appena passato, feci notare al signore in questione una ingiustificata disparità di trattamento dallo stesso riservata ad un pendolare nero, costretto a scendere in una stazione intermedia perché a sua dire in possesso di biglietto non valido (forse perché non correttamente vidimato), rispetto a quello adoperato nei confronti di un gruppo di studentesse italiane salite a Palmi, alle quali invece il preciso controllore convalidò il titolo di viaggio con un tratto di penna, non prima però di avere recitato il solito pedagogico spartito. “Fatti i cazzi tuoi”, fu allora l’elegante giustificazione del nobile soggetto. In conclusione, sul treno oggi non sono salito perché il controllore Domenico Palamara mi ha comunicato che, salendo, sarei andato necessariamente incontro alla sanzione di euro 50 più il prezzo del biglietto, nonostante risulti evidentemente essere un abbonato abituale e non uno che vuole fare il furbo. Ma, in ogni caso, per quanto zelante, Palamara ha probabilmente in questo caso ragione. Il mio abbonamento scade infatti la sera del 31 di Maggio, e quindi, il primo di Giugno, sono tecnicamente sprovvisto di biglietto né, mi spiega l’esperto, la fretta può giustificare la possibilità di acquistare il biglietto direttamente sul treno. Quello che invece Domenico Palamara non dovrebbe fare, e per questo invito l’ad Mauro Moretti ad avviare un’indagine interna, è mancare di rispetto ai cittadini viaggianti, con particolare riguardo per la salvaguardia della dignità di cittadini extracomunitari incapaci di parlare e difendersi. Altri casi simili, con protagonisti uomini delle ferrovie, sono già stati ampiamente dibattuti anche sui media nazionali. Evidentemente non è stato ancora fatto abbastanza. Prima di tornare a casa, mi sono fermato nella sede della Polfer di Gioia Tauro per fare presente ad un attento funzionario la tante incongruenze rinvenibili nelle reiterate condotte del controllore Domenico Palamara. Il funzionario correttamente, dopo avermi confessato di avere raccolto tantissime altre testimonianze orali dello stesso tenore da parte di altri cittadini indignati per le stesse ragioni, mi ha chiesto se volessi sporgere denuncia. Ho desistito perché la cattiva educazione, da sola, non basta ad integrare una fattispecie di reato. Non sono infine in grado di indicare nessun testimone che possa confermare lo “scambio di opinioni” verificatosi nell’inverno scorso riguardante il caso dell’immigrato fatto scendere nella stazione nuda di Catona di Reggio. Sarebbe la mia parola contro la sua. Posso però lanciare un pubblico appello a tutti i cittadini che, come me, hanno avuto modo di constatare la verità di quanto raccontato, affinché si costringano le Ferrovie a prendere provvedimenti adeguati al caso di specie in virtù di una salutare sensibilizzazione della pubblica opinione.
Francesco Maria Toscano
P.s Per segnalazioni scrivete a toscanomoralista@gmail.com.
Vorrei alleviare queste tribolazioni raccontando che anche qui nel Lazio, sul treno regionale FR1 da Fara Sabina a Fiumicino, di bifolchi FS col berretto e senz’anima, che controllano i biglietti, se ne incotrano quasi tutti i giorni. Una volta mia figlia in lacrime s’è presa la multa per aver dimenticato di scrivere il proprio nome e cognome sull’abbonamento. Basterebbe che il compagno Moretti desse ordine di installare a bordo delle carrozze sia le macchinette emettitrici dei biglietti kilometrici, che le obliteratrici, come avviene nei treni e nei bus regionali di mezza Europa. Quanto al comportamento di certi bifolchi in divisa, basterebbe mettere le pulsantiere a bordo con le “faccine”, per misurare il gradimento (e l’educazione degli addetti) del servizio reso ai pendolari che molto eufemisticamente vengono chiamati “clienti”. Viva la sana concorrenza anche nelle ferrovie.