La vicenda Lusi è grottesca. La procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati l’ex tesoriere della Margherita ipotizzando nei suoi confronti il reato di calunnia. Lusi avrebbe quindi ingiustamente accusato Rutelli e Bianco circa l’utilizzo “allegro” dei rimborsi elettorali destinati al partito oramai disciolto. Quindi, pare di capire, Lusi avrebbe rubato per sé milioni di euro per anni senza che nessuno si fosse mai accorto di nulla. Una ipotesi che fa a pugni con il buonsenso e la logica. Ma come è possibile immaginare uno scenario nel quale un grigio tesoriere di partito si permette il lusso, da solo, di raggirare una intera classe dirigente per fini di arricchimento personale? Nessuno controllava, nessuno sospettava, nessuno domandava e Lusi di soppiatto a piene mani rubava. Sarà andata certamente così. Intanto del caso Lega-Belsito non parla più nessuno dopo le fiammate inizali né, tantomeno, del caso Udc-Naro o Pd-Penati. Aspetto di approfondire l’evolversi di queste vicende giudiziarie per fare un’analisi più puntuale nel merito. Intanto dal punto di vista politico l’impressione che si ricava dalla lettura di storie come questa non è affatto rassicurante. Ai tempi di mani pulite la stampa accusava spesso il pool di utilizzare la carcerazione preventiva come strumento di tortura per estorcere confessioni. Lusi invece è a Rebibbia nonostante si sia dimostrato fin dall’inizio molto loquace. Forse troppo. In un quadro internazionale così difficile e frastagliato, gli alfieri di Mario Monti, espressione dell’ala più reazionaria della massoneria attualmente dominante nel Vecchio continente, svolgono un ruolo molto delicato che, evidentemente, è apprezzato e incoraggiato nelle sfere più alte. Pd e Udc, partiti che difendono acriticamente qualunque oscenità proposta dal governo dei tecnici, fanno politica con il “vento a favore”. La ragion di Stato (o meglio: d’Europa) tende probabilmente a tutelarli a dispetto di qualunque evidenza. Uno scenario simile a quello odierno lo abbiamo già conosciuto all’inizio degli anni novanta, quando, con la scusa del finanziamento illecito, tutti i partiti di tradizione democratica venivano archiviati, mentre restava in piedi solo il vecchio Pci, trasformatosi per l’occasione in Partito Democratico della Sinistra. E se Gardini portava un miliardo a Botteghe Oscure, nessuno finiva in galera perché “non era stato possibile accertare chi materialmente aveva preso in consegna il denaro”. Di Pietro verrà in seguito candidato dalle sinistre nel collegio blindato del Mugello, raggiunto in Parlamento dal suo vecchio collega Gerardo D’Ambrosio, eletto senatore nel 2006 pure lui in forza al centrosinistra. Recentemente anche l’ex membro del pool Gherardo Colombo ha scoperto di avere molti estimatori tra le file di quel Pd che ha inteso infatti indicarlo come membro del Cda Rai. Nulla di strano, i mondi che contano da sempre si toccano. Anche l’ex procuratore capo di Roma, Giovanni Ferrara, una volta pensionatosi, ha messo con generosità la sua esperienza al servizio delle istituzioni repubblicane, precisamente nella qualità di illustre sottosegretario all’interno del governo antispread (“basta un poco di zucchero e lo spread va giù… lo spread va giù…lo spread va giù…”) di Mario Monti. La classe dirigente che sostituì nel 1993 gli oramai sputtanati membri del pentapartito gettò quindi le basi per far trionfare l’attuale dittatura tecnocratica. La privatizzazione selvaggia dei beni dello Stato, il continuo attacco ai diritti del lavoro e la progressiva cessione di sovranità democratica in favore di organismi europei burocratici e non eletti, rappresentavano delle chiare scelte di indirizzo politico evidentemente concordate in consessi elitari sovranazionali. E’ tutto molto chiaro e, per capirci, non serve neppure rispolverare l’immagine del giovane direttore generale del Tesoro Mario Draghi, accolto a bordo del panfilo “Britannia” della regina Elisabetta.
Francesco Maria Toscano