“…Quegli uomini irsuti che, nei giorni cruciali del caos rivoluzionario, laceri, urlanti, feroci, col casse téte alzato, con la picca alta, si gettavano sulla vecchia Parigi sconvolta; che cosa volevano? Volevano la fine dell’oppressione, la fine della tirannia, la fine della spada, il lavoro per l’uomo, l’istruzione per il fanciullo, la dolcezza sociale per la donna, la libertà, l’uguaglianza, la fratellanza, il pane per tutti, le idee libere, l’edenizzazione del mondo, il progresso; e questa cosa santa, buona e dolce, il progresso, spinti all’estremo, fuori si sé, la reclamavano terribili, seminudi, con la mazza in pugno, il ruggito in bocca. Erano selvaggi, sì: ma selvaggi della civiltà. Proclamavano il diritto con furia; volevano, fosse anche col terrore e con lo spavento, forzare il genere umano al paradiso. Sembravano barbari ed erano salvatori. Cercavano la luce con la maschere delle tenebre. In confronto a questi uomini, feroci, ne conveniamo, ma feroci e spaventosi per il bene, ci sono altri uomini, sorridenti, azzimati, dorati, pieni di nastri e di decorazioni, in guanti gialli e scarpe di vernice, che con i gomiti poggiati su un tavolo coperto di velluto all’angolo di un camino di marmo, insistono dolcemente per il mantenimento e la conservazione del passato, del Medioevo, del diritto divino, del fanatismo, dell’ignoranza, della schiavitù, della pena di morte, della guerra, e glorificano a mezza voce e con cortesia la sciabola, il carnefice e la forca. Noi, se fossimo forzati a scegliere tra i barbari della civiltà e i civili della barbarie, sceglieremmo i barbari…” In questo mirabile passaggio de “I Miserabili”, Victor Hugo ci offre un utilissimo spaccato della Francia rivoluzionaria validissimo anche per decifrare i giorni nostri. Non sono forse tacciati di becero populismo tutti coloro che oggi, nell’Italia schiavista di Mario Monti, chiedono dignità nel lavoro e giustizia sociale? Mentre gli altri, quelli ricchi e imbellettati alla Casini, Napolitano, Letta, lavorano ipocriti e sorridenti per il trionfo dell’umiliazione, della povertà, dell’abbrutimento, dell’assassinio legalizzato per fame e disoccupazione? Hugo non parla ai francesi di fine Settecento, parla a noi, europei debosciati e indegni del coraggio eroico di “quegli uomini irsuti, barbari della civiltà”.
Francesco Maria Toscano
19/08/2012