Ma Angelo Panebianco è pazzo? O c’è in giro un pazzo che si crede Angelo Panebianco? Questi i dubbi amletici che mi hanno assalito stamane, una volta finito di leggere il prezioso editoriale del professore con rispetto parlando. Titolo: “Si fa presto a dire crescita”; geniale, anche se spudoratamente ispirato dal Paolo Panelli dell’indimenticabile film capolavoro del duo Castellano e Pipolo, “Grandi Magazzini”, specie nella scena dove il Panelli, padre di Montesano alias Evaristo Mazzetti, è lacerato dalla delicata scelta circa alcuni indispensabili acquisti (e se fa presto a dì: “che ce vole a prende ‘na pancerina”…). Ottimo pure l’occhiello: “Un obiettivo, troppe divisioni”, che riecheggia in senso uguale e contrario la ben più famosa immagine dell’unica fava che consente però di prendere più piccioni. Ma passiamo tosto in rassegna i concetti più salienti dell’illuminante analisi del prof. Whitebread. Grazie ad un lungo ma necessario preambolo, l’editorialista bolognese spiega una tesi originale, cara tra l’altro al suo conterraneo Casini (sarà l’aria dei Colli?), crucciandosi cioè del fatto che “l’Italia è divisa”; ma non divisa così, tanto per dire, ma divisa proprio in profondità; così divisa cioè da rendere strano il fatto che in fin dei conti l’Italia rimanga ancora uno Stato unitario (teoria “della divisione miracolosamente unificante”). Dopo avere en passant colto come , purtroppo, noi italiani siamo divisi pure sull’utilizzo delle intercettazioni (Napolitano docet), Panebianco entra nel vivo del ragionamento richiamato fin dal titolo: la crescita. Ora, la crescita in Italia sta diventando come il sesso: più se ne parla e meno si fa. Nel mondo reale l’Italia è già in forte recessione, ma queste evidentemente sono deduzioni di contorno. La questione vera non riguarda tanto scoprire le cause che condannano l’Italia al declino produttivo e industriale certificato da tutte le indagini ,ma, spiega Panebianco, la sfida principale si gioca al contrario sul terreno semiotico concernente l’esatta interpretazione della parola “crescita”. E bravo Panebianco! Questa sì che è una discussione appassionante e fruttuosa. Intanto, denuncia con arguzia il professore, esistono i nemici della crescita tout court, quelli rimasti ancorati ad un’ utopia bucolica dell’esistenza (tipo Latouche e Pallante per capirci); e poi, cosa che richiede uno sforzo ermeneutico ancora maggiore, anche all’interno dei tifosi della crescita esistono importanti differenze. C’è chi, come Giavazzi, crede che la crescita sia compito esclusivo della libera iniziativa privata e chi, come Camusso, punta invece sul ruolo dello Stato come elemento imprescindibile di una buona politica economica. L’acuto editorialista nota inoltre, con raro spirito di osservazione, che il “governo Monti è attraversato da entrambe le pulsioni”. Il governo Monti infatti sta oggettivamente raggiungendo risultati incredibili sul fronte della lucida desertificazione del Paese (clicca per leggere). Ma da oggi, grazie a Panebianco, conosciamo meglio la vera causa del problema, ovvero la filosofia duale che accompagna l’idea di crescita. Obrigado prof.
Francesco Maria Toscano
29/08/2012