La forza della buona politica risiede esclusivamente nella capacità di elaborazione di pensiero. Se la politica è ostaggio di figure ignoranti, improbabili, avide e meschine, non è più politica. Quando viene reciso il legame tra sapere e politica, quest’ultima si trasforma necessariamente in pura gestione di affari e potere per fini di arricchimento personale o di gruppo. Non c’è nulla di cui stupirsi. E’ normale che sia così. Chi intende dedicarsi alla cosa pubblica senza avere un’idea minima della società che vuole contribuire a migliorare, delle priorità su cui intende puntare, dei valori che pretende di affermare, cosa volete che faccia? Farà favori, creerà clientele, costruirà una rete di potere personale funzionale al mantenimento dei privilegi acquisiti dalla oligarchia che lo sorregge sulla base di una schema piramidale e antidemocratico che, all’evenienza, cerca il consenso dal basso elargendo mance caritatevoli. Sul piano mediatico, poi, complice  l’ignoranza e l’ignavia di una classe giornalistica in genere pessima come quella politica, i tanti “Cetto La Qualunque” che avvelenano l’Italia si limiteranno a ripetere le solite parole d’ordine imparate nel logoro e stantio bignami del buon politicante: “combatteremo gli sprechi”, abbatteremo il debito pubblico”, “siamo riformisti”, “ci vuole il risanamento”, “siamo credibili in Europa”, “conciliare rigore e crescita”, “più spazio per donne e giovani”, “siamo per la trasparenza” e “grazie al Presidente Napolitano” sono i concetti base che ripetuti a pappagallo da qualunque aspirante statista prestato alla televisione consentono di barcamenarsi nel grande circo mediatico italico senza rischiare granché. Il disprezzo che accompagna la politica in quanto tale, arte nobile ed indispensabile, andrebbe canalizzato più correttamente verso quei singoli personaggi che la inquinano e la sporcano. Per chi ruba esistono tribunali con il compito di accertare responsabilità penali. Ma, fate attenzione, non è questo il vero problema. Nessuno di noi può realisticamente pensare di estirpare il male dalla storia dell’uomo, impedendo l’astratto e futuro verificarsi di qualsiasi tipo di malversazione o ruberia. Questo è un falso problema. E di sicuro non è il principale problema politico. Costituisce semmai un problema etico, comportamentale, antropologico che va affrontato in prospettiva con le armi dell’educazione, della civiltà, della tolleranza e dell’esempio. L’ignoranza delle classi dirigenti rappresenta invece un problema politico che chiama in causa immediatamente la responsabilità di tutti noi. Intanto per riconoscere un analfabeta non c’è bisogno di guardare nessun casellario giudiziario, basta aspettare che apra la bocca. E poi nel momento in cui la collettività decide volontariamente di farsi rappresentare e guidare da chi non possiede strumenti culturali minimi, merita di finire nel baratro. Perde cioè il diritto di indignarsi per la scarsa qualità di un’azione politica frutto anche dal suo comportamento sciatto, superficiale e  irresponsabile. Scegliere come guida di una comunità prototipi di politici che, anziché inseguire piattaforme economiche e culturali di avanguardia, capaci cioè  di indicare soluzioni astratte adatte ai  territori che amministrano, sposano un  modello culturale che si risolve nell’adorazione di  ballerini, guitti, scosciate e compagnia cantante, è un delitto imperdonabile. Non lamentatevi poi se la povertà aumenta, la disoccupazione dilaga, l’emigrazione non si arresta, la sanità è allo sfascio e il futuro sempre più cupo. Per trovare  soluzioni concrete a  problemi come questi servono uomini in grado di elaborare pensiero politico. Un balletto non basta.

    Francesco Maria Toscano

    04/10/2012

    Categorie: Editoriale

    Un commento

    1. Mauro scrive:

      Bravo, sono con Te.
      La democrazia rappresentativa andrà sempre incontro alle brutture descritte nel tuo articolo.
      Io invece sono propenso per la democrazia partecipativa dove uno vale uno e al voto su piattaforme informatiche per scegliere programmi preventivamente messi a conoscenza sul WEB. Tali programmi saranno quindi discussi e votati da ogni singolo cittadino prima di essere adottati dall’amministrazione pubblica.
      Tutto questo perchè sono arcistufo di mettere la mia vita in mano a persone che non conosco.

    Commenta


    "nella mia vita ho conosciuto farabutti che non erano moralisti ma raramente dei moralisti che non erano farabutti." (Indro Montanelli)


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      Francesco Maria Toscano, nato a Gioia Tauro il 28/05/1979 è giornalista pubblicista e avvocato. Ha scritto per Luigi Pellegrini Editore il saggio storico politico "Capolinea". Ha collaborato con la "Gazzetta del Sud" ed è opinionista politico per la trasmissione televisiva "Perfidia" in onda su Telespazio Calabria.

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