Alcuni amici mi chiedono se il parallelismo avanzato nel mio pezzo di ieri (“Bersani ha gettato la maschera”), tra le politiche eugenetiche della Germania di Hitler e quelle di rigore e austerità sostenute oggi con impeto dalla Germania della Merkel, vada recepito alla lettera o, al contrario, catalogato sotto la voce “provocazioni”. Voglio essere chiarissimo: non solo confermo in pieno il paragone in questione ma, approfondendo, vi dico che non è difficile scorgere lo stesso approccio mentale che accumuna i nazisti truculenti di ieri con quelli più raffinati di oggi. Ragioniamo insieme. Il desiderio dei nazisti classici che hanno insanguinato il novecento era quello, su un piano strettamente antropologico e meta-politico, di favorire la supremazia, e quindi il dominio, di una razza superiore, quella ariana per l’appunto, destinata a schiavizzare popoli diversi e inferiori sulla base di una presunta ontologica supremazia. Ribaltando un paradigma culturale che affonda le sue radici prima nel messaggio universale di evangelico amore e poi nelle grandi conquiste civili figlie di quella rivoluzione francese intrisa di illuminismo (libertè, egalitè, fraternitè), i nazisti teorizzavano, su un piano prettamente spirituale poi esportato con la forza delle armi, il diritto di uccidere, deportare, torturare, schiavizzare, imprigionare e soggiogare esseri bollati come inferiori. E’ sbagliato pensare all’esperienza nazista come semplice parentesi di impazzimento collettivo, dove gli istinti primordiali e barbarici di un intero popolo presero improvvisamente il sopravvento sul buon senso e sulla ragione. Non è così. Il filone culturale e meta-religioso che predica, insegna e propone un paradigma “alternativo” rispetto alle conquiste di civiltà sintetizzate nei valori di uguaglianza, tolleranza e rispetto per l’altro, è molto più forte e nutrito di quanto non si possa immaginare. Certo, anche i nazisti tecnocratici di oggi sono costretti a rendere formale omaggio rispetto alla intangibilità di alcuni principi, sopra richiamati, che non osano ancora discutere a viso aperto. Ma la prassi delle loro turpi condotte smaschera l’ipocrisia che li avvolge e li guida. La tecnocrazia contemporanea, al pari dei nazisti di ieri, insegue il mito dell’asservimento di molti a beneficio di pochi. I tecnocrati si avvertono come classe dominante, aristocrazia del sapere, destinata perciò per sacro diritto a sottomettere masse plebee incapaci di intuire i sofisticati meccanismi che regolano l’umano comando. L’approccio finalistico, quindi, che accumuna i nazisti di ieri ai tecnocrati di oggi è identico. Cambiano, però, gli strumenti. I fautori contemporanei di un modello culturale e spirituale che, oggi come ieri, legittima il sopruso e l’asservimento coatto di popoli interi, si sono fatti furbi. La fine ingloriosa del regime nazista, e il ricordo delle forche decretate nel processo di Norimberga, consigliano prudenza alla tecnocrazia affamatrice che devasta l’Europa. Al fine di imporre la stessa idea di società incarnata dalla sagoma di Hitler, vengono oggi perciò usati strumenti più sottili e in prospettiva meno rischiosi. Pensateci bene. Per schiavizzare e sottomettere un numero ragguardevole di uomini è certamente possibile imprigionarli e tenerli in catene sotto la continua minaccia delle armi. Ma, non di meno, è altresì possibile costringerli a vivere una condizione di progressiva miseria e abbrutimento, preludio di una sottomissione necessitata per fini di pratica sopravvivenza. Il disoccupato, il precario, l’esodato o il senza tetto scivola morbidamente nella stessa condizione sostanziale che fu dell’ebreo, del nero e dello zingaro deportato nei campi di concentramento di Auschwitz e Buchenwald. Si tratta di passaggi più lenti, ben dissimulati, ma progressivi e (finora) inesorabili. Ecco perché in concreto le politiche di rigore e austerità costituiscono la naturale prosecuzione delle logiche di sterminio proprie del regime nazista.
Francesco Maria Toscano
12/12/2012
Ineccepibile.