I lettori del Moralista sanno che è inutile e sbagliato interpretare la modernità soltanto attraverso le lenti neutre della scienza economica. Tentare di decifrare la drammatica involuzione che l’Occidente sta vivendo limitandosi a declinare concetti come “spread”, “mercati”, “austerità”, “riforme strutturali” e “competitività” è assolutamente miope e in prospettiva frustrante. L’economia, spacciata per causa prima, costituisce soltanto l’instrumentum utile per il trionfo di un nuovo modello regni. Ma senza comprendere il tipo di risultato finalistico che la massoneria reazionaria (motore della contemporaneità) persegue, risulta impossibile cogliere la ratio che accumuna una serie di controriforme di stampo turboliberista che hanno già messo in ginocchio, da Atene a Lisbona, tutta l’Europa meridionale. La chiave per penetrare nelle ragioni più profonde che violentano la nostra civiltà è di tipo prevalentemente spirituale. In un articolo pubblicato tempo fa per i lettori de “Il Moralista”, e titolato “Il nuovo principio di autorità promosso dal neopapismo massonico” (clicca per leggere), sostenevo la sostanziale sovrapponibilità tra il principio di autorità pre-illuministico, così come ribadito pure nel “Diuturnum” di Papa Leone XIII, tendente a riconoscere come legittimi soltanto i provvedimenti adottati dal potere temporale in conformità rispetto alla interpretazione autentica della volontà divina (la cui fedele interpretazione, ca va sans dire, era di esclusivo appannaggio della Chiesa di Roma), e l’attuale desiderio di subordinare le scelte d indirizzo politico dei governanti dei Paesi sovrani aderenti alla zona euro rispetto alla asserita coerenza con le aspettative dei Mercati. Entrambe le filosofie ottengono un identico risultato: quello di paralizzare la sovranità popolare, relegandola ad un ruolo ancillare ora rispetto alla forza degli immutabili precetti divini, ora tenendola al laccio delle bizze e degli umori di una finanza divinizzata. La massoneria reazionaria contemporanea si è cioè limitata a riproporre in toto un modello vecchio, polveroso, feudale e di derivazione clericale, sforzandosi però di sostituire Dio con il Mercato. Viviamo già oggi sotto il tallone di una specie di papato nero insediatosi in pianta stabile, mentre ancora, da più parti, se ne continua a vagheggiare il prossimo avvento. Leggete ora insieme a me questo illuminante passo di uno stimolante saggio scritto da Luciano Pellicani e titolato “Le radici pagane dell’Europa” (Rubbettino editore): “Il Papato poteva fare affidamento su una vasta burocrazia, su un abbondante flusso di risorse finanziarie e, soprattutto, su un formidabile apparato ideologico composto da migliaia e migliaia di persuasori permanenti, i chierici(…). La Chiesa cattolica, operando in un contesto politico caratterizzato da una frammentazione del potere così ampia da indurre gli storici a definire l’Europa feudale una società senza Stato, poteva rivendicare con successo la piena autonomia; e poteva persino aspirare a imporre la subordinazione teocratica del potere temporale al potere spirituale”. Questa descrizione dell’Europa dell’XI secolo è terribilmente compatibile con quella dei nostri giorni. Basta sostituire la parola “Papato” con “Massoneria reazionaria” per contemplare un’analisi attualissima. Anche oggi la burocrazia massonica che controlla la Ue dispone di ingenti risorse finanziarie e di un apparato ideologico formidabile che sostituisce i chierici medievali con i direttori dei moderni giornali che, alla Ferruccio de Bortoli, vengono economicamente gratificati nella misura in cui atrofizzano a dovere le menti, limitandone il libero e critico discernimento. Inoltre la massoneria reazionaria di oggi, come il Papato di allora, si avvantaggia della debolezza degli Stati-nazione incuneandosi dentro una crisi di potere che tende a colmare attraverso l’esaltazione della prassi tecnocratica, forma riadattata e rivista delle vecchie suggestioni teocratiche di derivazione feudale. Insomma, a ben vedere, ciò che oggi viene spacciato per ineluttabile e necessario progresso altro non è se non un salto all’indietro verso i secoli più bui.
Francesco Maria Toscano
5/03/2013
[...] 3) I “tecnocrati operativi”, quelli che cioè materialmente fucilano i deboli e gli indifesi, (ad es. Mario Draghi), sono selezionati arbitrariamente dal primo cerchio della massoneria reazionaria (clicca per leggere) [...]
[...] Mi era già capitato in passato di scrivere di Michele Salvati, commentatore tra i più acritici, sfacciati e illiberali al servizio dell’oligarchia sovranazionale reazionaria che punta a destrutturare la civiltà occidentale (clicca per leggere). Nel giugno del 2012 infatti, mentre ancora i menestrelli di regime cantavano in coro per la gloria del professore di Varese, Salvati si distinse per la spiccata volgarità del suo meschino argomentare. “In Italia non bisogna andare a votare”, questo asseriva all’epoca il professore, “perché le urne potrebbero decretare la vittoria di un nuovo Presidente italiano non gradito a Merkel, Hollande o Obama”. Una tesi evidentemente golpista e anticostituzionale che, in un Paese serio, avrebbe dovuto immediatamente comportare l’apertura di un fascicolo d’indagine con l’ipotesi di “attentato alla Costituzione”. Grazie al lavorio interessato e continuo dei soliti “intellettuali organici” (ieri al Pci sovietico, oggi al neonazismo tecnocratico di Bruxelles), si è surrettiziamente imposta in Italia e altrove una prassi che, a Costituzione formalmente invariata, ribalta completamente i cardini della nostra morente democrazia. La sovranità, oramai i più insolenti lo sostengono a viso aperto, non appartiene più al “popolo sovrano” (principio nei fatti già svuotato), quanto alle oligarchie massoniche di ispirazione ultrareazionaria che, grazie al silenzio pavido, complice e opportunista di troppi pensatori a pancia piena, si arrogano già oggi il diritto di validare il responso delle urne solo nella misura in cui la volontà popolare fortunatamente combaci con le aspettative degli stessi euro-burocrati al potere. Non credevo che, partendo da posizioni tanto belluine, Salvati potesse in prospettiva persino peggiorare. E invece, con mio sommo stupore, devo ammettere di essermi sbagliato. Questi i fatti. Domenica 29 settembre, sempre sulle pagine del Corriere col cappuccio, l’attempato “intellettuale” nativo di Cremona si prodigava in un ragionamento tanto insulso da fare invidia al più arguto Dudù, cagnolino della signorina Francesca Pascale noto per l’avversione maturata nei confronti del pidiellino Daniele Capezzone. Un pezzo ignorabilissimo, ricalcante il solito schemino elaborato dal mainstream per ammansire il popolo bue attraverso l’evocazione sadica di paure irrazionali. Metodo che ho già peraltro approfondito in un mio recente articolo (clicca per leggere). Siccome il popolo sta oggettivamente male, e nessuno ha più il coraggio di negarlo, agli schiavisti non resta che invitare i sudditi ad ubbidire comunque in silenzio per non “peggiorare ulteriormente una situazione di per sé molto complicata”. L’ex ministro Giorgio La Malfa, però, sulla scia delle corbellerie scritte da Salvati, ha inteso rispondere per smontare con solidi argomenti il castello di carta costruito dal summenzionato scribacchino in forza al giornale di via Solferino: Salvati sostiene che “L’Italia può scegliere di rimanere nell’euro”, scrive l’ottimo Giorgio La Malfa, “ e di morire di lenta asfissia (…) in attesa che le riforme strutturali inizino a produrre dei risultati, oppure può andare verso la catastrofe rifiutando le regole europee (…) ed abbandonando l’euro (…). Sono contrario a questa specie di autoflagellazione che indica nella nostra incapacità di fare le riforme la causa dei nostri guai: il governo Monti si è precipitato a fare quello che l’Europa chiedeva (…), eppure stiamo peggio di prima. Il problema è che è stato gravemente sbagliato il modo di concepire l’unione monetaria europea prima e in assenza di una unione politica (…). Come può funzionare una unione monetaria nella quale lo sola responsabilità della Banca centrale europea è la lotta contro l’inflazione, mentre nessuno è responsabile della crescita economica? Per ovviare alle prevedibili accuse di “populismo retorico” che in automatico colpiscono tutti quelli che non belano in gregge, La Malfa, finito il lucido preambolo, ha avanzato alcune proposte pratiche e di buon senso utili per allargare gli orizzonti. “L’Unione Europea (…) deve sostenere la domanda aggregata con una spesa adeguata finanziata con l’emissione di Eurobond. Se non vi è la possibilità di un accordo che preveda di affidare alle istituzioni europee la responsabilità della crescita, allora si può scegliere un’altra strada, che è quella di restituire ai Paesi membri che ne abbiano bisogno e lo desiderino la possibilità di condurre una propria politica fiscale espansiva. L’Europa potrebbe, cioè, riconoscere che i vincoli del patto di stabilità non valgono per i Paesi ad alta disoccupazione. Essi dovrebbero essere autorizzati ad eccedere tali limiti per spese di investimento che ricevano, per esempio, una specie di visto di qualità da parte delle istituzioni europee (…). Infine, vi è qualcosa che potrebbe fare, e che dovrebbe fare, la Germania. Essa oggi ha un enorme avanzo di bilancia di pagamenti. Potrebbe decidere di stimolare la propria domanda interna (…). Questa ultima proposta è nello spirito sia del vecchio meccanismo di Bretton Woods (…) sia degli accordi del vecchio sistema monetario europeo (…). A questo punto Salvati, anziché rispondere nel merito, sceglie di tirare la palla in calcio d’angolo avanzando teoremi degni di un mediocre sofista di serie zeta. Dopo avere riaffermato la necessità di fare le riforme strutturali, omettendo di rispondere a La Malfa che chiedeva conto del sostanziale fallimento delle riforme “strategiche” promosse dal “prestigioso” governo Monti su ordine della Ue, Salvati ha inoltre l’impudenza di scrivere che “anche se le proposte concrete, specifiche e fattibili (avanzate da La Malfa, ndm) fossero politicamente attuabili, si porrebbe comunque il problema se poi saremmo in grado di approfittarne per diventare un po’ più efficienti”. Tradotto: “Siete sicuri di dare il pane agli affamati che non hanno ancora dato prova di estrema diligenza?” E ancora: “Non sapete che il cavallo corre a perdifiato solo sotto la minaccia della frusta? Caro La Malfa, apprezzo e condivido il suo tentativo di portare personaggi come Salvati sulla via del dialogo onesto, limpido e costruttivo. Mi duole però farle presente che si tratta di impresa vana. Ciò che per gli Uomini, quale lei ha dimostrato di essere, è sbagliato e inaccettabile (nello specifico le sofferenze causate dalle inutili misure di austerità), diviene per i Caporali come Salvati occasione per “disciplinare” a bastonate masse di sudditi da riportare in una condizione di sostanziale schiavitù determinata dall’indigenza indotta e dal più umiliante bisogno. Ancora più brutalmente. Le storture che lei analizza nella speranza di individuare soluzioni di buon senso rappresentano, agli occhi della genìa occulta che si esprime anche per il tramite (inconsapevole?) di Salvati, la conferma circa l’ avanzamento trionfale dei rispettivi progetti ed obiettivi. Obiettivi di natura oligarchica e perversa che, come si evince da una lettura critica e attenta dell’ultima risposta di Salvati ora richiamata, non vengono più neppure diluiti o pudicamente dissimulati; ma, al contrario, imposti con l’arroganza tipica di chi crede ciecamente in alcuni dogmi indimostrati ed indimostrabili che rispolverano il vecchio principio di autorità in voga nel Medioevo (“il sovrano comanda perché Dio lo vuole”), riadattandolo però ad uso e consumo della moderne élite esoteriche e spirituali di matrice oligarchica che ai nostri giorni devastano il Vecchio Continente. Al Papato nero della massoneria reazionaria, tanto per capirci, è inutile porre domande. Basta la fede (clicca per leggere). [...]