L’atteggiamento di Bersani è squallido e patetico. Oggi in direzione ha presentato i suoi 8 punti di un ipotetico programma che dovrebbe reggersi sulla benevolenza una tantum dei grillini. Improvvisamente, dopo avere passato l’intera campagna elettorale a spiegare ai cittadini le meraviglie dell’austerità e la straordinaria convergenza programmatica tra il Pd e la Scelta Cinica di Mario Monti, Bersani ha cambiato disco. La responsabilità è solo un ricordo sbiadito. Ora, visto che gli italiani non hanno creduto alle bugie che lo smacchiatore fallito propinava in Italia e all’estero, Bersani timidamente prova il brivido della verità. E proprio un minuto prima di finire nel dimenticatoio più triste e vergognoso, necessitato crepuscolo che la storia riserva con sadico gusto ai pavidi, agli ipocriti e agli ignavi, il segretario del Pd scopre che il governo di Mario Monti ha esasperato la tensione sociale fino al punto da mettere in discussione perfino il concetto stesso di democrazia rappresentativa. Bravo Bersani! Una notevole perspicacia, non c’è che dire; se non fosse per un dettaglio trascurabile: tu dov’eri mentre Monti e Fornero frustavano a sangue lavoratori, pensionati, esodati, precari, salariati e disgraziati vari? Non ti eri mai accorto della sofferenza del Paese prima di controllare i risultati delle urne? O speravi di raggirare gli italiani una volta ancora con la storiella del voto utile “per non fare la fine della Grecia”? Questo Paese, parafrasando Moro, potrà ripartire solo riscoprendo un’etica della responsabilità. E siccome, caro Bersani, lo scempio raggelante che umilia l’Italia, tradita e offesa, è responsabilità tua e dei tuoi vili compari, faresti meglio ad abbandonare dignitosamente e per sempre la vita pubblica, chiedendo umilmente perdono, a Dio e agli uomini, per i drammi che hai dolosamente inflitto con le tue condotte turpi e meschine. Dimettiti subito invece di coprirti ancora di ridicolo. Gli italiani avevano tutto il diritto di ascoltare, in campagna elettorale, parole di verità. Invece sono stati trattati da minus habens, vilipesi da analisi scialbe e paradossali come quelle che predicano “rigore e crescita”. Il rapidissimo cambio di linea politica impresso solo ora dal segretario del Pd, lungi dal riabilitare la figura di questo mediocre residuato bellico di fabbricazione sovietica, aumenta lo sdegno e  il disgusto. Prova infatti l’assoluta malafede della classe dirigente piddina che, pur consapevole della forza sterminatrice insita nella politiche di “risanamento”, non si è fatta scrupolo nel mentire spudoratamente per paura di inimicarsi l’élite massonico-reazionaria globale che sovraintende e dirige il disumano piano di  “cinesizzazione” (tuttora in corso) in danno dei popoli europei. Il Pd è destinato a frantumarsi, dilaniato dalle spinte gattopardesche di chi vede in Renzi il fresco prosecutore delle solite ricette turbo- liberiste e chi, invece, intende genuinamente contribuire alla nascita di una forza politica autenticamente keynesiana e di sinistra. Nel merito, gli otto punti presentati da Bersani nella speranza di agevolare la nascita di un governo di scopo  rappresentano in realtà un formidabile e involontario assist per mandare in gol il pessimo Matteo Renzi. Anziché sviluppare compiutamente un’agenda coerente e possibile per disegnare una nuova Europa, a partire dalla sconfessione di patti scellerati come il fiscal compact, Bersani sceglie infatti di inseguire Grillo sul terreno della demagogia, cianciando di costi della politica e legge anticorruzione. Non proprio il profilo più adatto per uno che esprimeva Penati come capo della segretaria politica fino all’altro ieri. E’ ipocrita chiedere il superamento delle politiche di austerità senza mettere in discussione i trattati europei. Come pensa Bersani di trovare le risorse per realizzare le sue “misure urgenti per il lavoro”, per “finanziare l’economia verde” e per rilanciare “scuola e istruzione”? Forse alzando il costo dell’anatra all’arancia nel listino menu del buffet del Senato? Lo sa Bersani che grazie all’approvazione di tutte le porcherie cucinate in sede continentale, l’Italia si è impegnata a ridurre il debito pubblico entro la soglia del 60% nel giro di venti anni? E lo sa Bersani che, per raggiungere tale prestigioso obiettivo, il suo governo “di scopo” dovrà tagliare in media 50 miliardi ogni anno? E lo sa Bersani che, con la recessione che galoppa, anche tagliando in maniera selvaggia  potrebbe non farcela a rispettare gli ordini del quarto reich, perché il vertiginoso e certo crollo del Pil provocherebbe in automatico l’esplosione del  debito? Sapete quale leader politico italiano si è dato più da fare per garantire ultimamente le cancellerie internazionali circa il sicuro ossequio dell’Italia rispetto ai patti di cui sopra? Bersani Pierluigi. Serve altro?

    Francesco Maria Toscano

    6/03/2013

    Categorie: Politica

    3 Commenti

    1. Twin Astir scrive:

      A me Bersani sembra “europeista” più per moda, che per convinzione, ammesso che abbia capito che col “fiscal compact” faremo la fine della Grecia. Sarei tentato di procurare al benzinaio di Bettole qualche buona lettura, come questo tuo articolo, caro Avv. Francesco e come quello pubblicato ieri da mia cugina Paola, col titolo “Non avete il diritto…”.
      ” Sul Corriere della Sera on line del 26 gennaio 2013 si legge un appello di alcuni intellettuali europei, tra cui il nostro Umberto Eco, che conclude con “l’unione politica o la morte ”, “o l’Europa fa un passo in più, ma decisivo, sulla via dell’integrazione politica, oppure esce dalla storia e sprofonda nel caos”.
      Non è concepibile che siano proprio degli intellettuali, proprio coloro che avrebbero dovuto difendere i popoli da questo abominio, a parlare in quei termini. Non hanno il diritto di parlare di democrazia, né di libertà, né di diritto, difendendo la chiusura del cerchio di un’Europa che si palesa come la più terribile violazione proprio di quei principi che, nel loro appello, pretenderebbero di voler difendere.
      Questi signori forse dimenticano come all’indomani della seconda guerra mondiale, delle grandi anime raccolsero un grido profondo che si levava dal silenzio assordante dei cadaveri ancora giacenti sui campi di battaglia, da quell’enorme orrore che furono i campi di concentramento e dal dolore talmente forte, da essere muto, dei sopravvissuti di quella terribile parentesi della storia dell’umanità.
      Da quel dolore potè levarsi quel grande respiro di democrazia che pervase la nostra storia, seppur per breve tempo, intesa come il più grande emblema della conquista della consapevolezza del senso “umano” dell’uomo.
      Si, perché “umanesimo” è l’essenza della democrazia, perché nessuna democrazia può esistere senza amore per l’uomo, per il suo “essere”, per la sua storia e per la sua cultura e ciò pur nella consapevolezza delle sue diversità e, anzi, proprio nel rispetto di queste differenze. Perché la grandezza della democrazia sta proprio nel consentire di creare armonia nelle differenze, di modo che il talento ed il merito di ognuno trovino il loro posto, fondendosi in una perfetta sinfonia. E’ quel superiore senso del “limite”, di aristotelica memoria, che consente di raggiungere la proporzione, la misura e l’armonia, che sono poi i principi sui quali si fonda, e che esprimono, la dimensione piena della vera politica.
      Peccato che qualcuno dimentichi che l’Europa e la sua storia, soprattutto la storia dei popoli europei, non hanno nulla a che fare con quella degli Stati Uniti d’America, furtivamente richiamata nell’appello, e che il Sacro Romano Impero è già caduto una volta e la sua storia è collegata ad un cupo Medioevo.
      Quest’Europa non ha nulla a che fare con il “sogno” di quegli intellettuali, che all’indomani della guerra pensarono ad essa come alla culla della pace, dell’armonia tra i popoli e del benessere collettivo.
      Ebbene, Vilfredo Pareto ebbe a scrivere: “E’ tutt’altro che certo che la storia si ripeta sempre allo stesso modo: quel che è certo è che si ripete sempre entro certi confini che potremmo definire “principali”(…). Gli avvenimenti del passato e quelli del presente si danno mutuo sostegno(…) per la propria reciproca comprensione”.
      L’avvento “dell’euro” si presenta alla storia come la versione “più evoluta” dei tentativi di “unioni monetarie” del passato: dall’Unione monetaria latina, all’Unione monetaria scandinava, o a quella siglata tra gli stati tedeschi dello Zollverein e l’Austria, culminata nella guerra austro-prussiana del 1867. Ma sulla stessa linea si possono collocare anche le fallimentari operazioni del “serpente monetario” e dello SME.
      Nessuna di esse, a ben guardare, ha mai avuto un particolare riguardo per gli Stati ed i loro popoli, né, alla prova dei fatti, si è rivelata di garanzia o tutela per gli stessi. Piuttosto, hanno creato solo problemi economici non indifferenti, di cui hanno fatto le spese sempre i cittadini.
      Se si prova a prendere in mano l’art.2 del Trattato di Roma del 1957, istitutivo della Comunità Economica Europea, nella sua versione originaria, si legge: “La Comunità ha il compito di promuovere, mediante l’instaurazione di un mercato comune e il graduale ravvicinamento delle politiche economiche degli stati membri, uno sviluppo armonioso delle attività economiche nell’insieme della Comunità, un’espansione continua ed equilibrata, una stabilità accresciuta, un miglioramento sempre più rapido del tenore di vita e più strette relazioni tra gli Stati che ad essa partecipano”. Raffrontando queste parole con lo scenario catastrofico che quotidianamente ci si delinea dinnanzi, gli interrogativi sono sicuramente infiniti e le risposte, quantomeno, sconcertanti. Di sicuro rimangono solo i risultati, la cui realtà fattuale è certamente l’opposto di quanto “surrealisticamente” annunciato nei propositi.
      Analizzata nel dettaglio, tutta l’operazione dell’Unione Europea, così come è stata realizzata e a dispetto della linea confederalista originariamente prevalente sotto l’egida di De Gaulle, visto l’epilogo cui si è giunti e verso cui la si sta portando, appare, ed è, una pura follia: giuridica, politica e storica, oltre che economica, una sfacciata violazione del principio di autodeterminazione dei popoli, fondamentale principio di diritto internazionale generale (jus cogens), codificato nella stessa Carta delle Nazioni Unite, nonché dei diritti fondamentali dell’uomo.
      Ma il paradosso più abnorme è dato dal fatto che proprio l’Europa, che ha dato i natali all’elaborazione filosofica, politica e giuridica più alta del concetto di “democrazia” e del principio del “contemperamento dei poteri”, quale baluardo e garanzia della democrazia stessa, abbia potuto accettare che una delle principali prerogative del potere sovrano dello Stato, sempre democraticamente concepito (laddove nel concetto di “Stato” si sottolinea il principio, di ciceroniana memoria, dell’inerenza del popolo allo Stato), potesse essere trasferito ad entità che nulla hanno a che fare con il concetto stesso di Stato ed esterne agli Stati stessi, alle quali è stata attribuita la più totale indipendenza ed immunità, ivi inclusa la sostanziale impossibilità di controllo da parte di alcuno, ma con poteri di decisione su aspetti fondamentali della vita degli Stati e della loro popolazione. La moneta è il “motore” dell’economia: senza la moneta, geniale intuizione che ha permesso di uscire dall’economia del baratto, è quantomeno surrealistico anche solo ipotizzare politiche di crescita o di ripresa. Qualunque promessa elaborata alle attuali condizioni è una macroscopica falsità.
      L’unico effetto che l’operazione dell’Europa e dell’euro ha avuto e, vista la scientificità che è stata adottata nel realizzarlo, ritengo sia difficile non pensare che fosse voluto, è stato quello di mettere a disposizione della finanza privata, e consegnare in pieno potere della stessa, un enorme mercato su cui sbizzarrirsi: quello di un’Europa brillantemente ripresasi dal secondo dopoguerra, ricca di risorse a cui i mercati hanno mirabilmente attinto.
      Operazione perfettamente riuscita.
      Il resto sono solo illazioni: non esiste un’”Europa dei popoli”. Se così fosse, perché quei “tecno-finanzieri” che tengono in pugno tutti i politici d’Europa, ed i politici stessi, dovrebbero avere così tanta paura del verdetto di quei popoli espresso in un referendum? Perché chiamano in tono spregiativo “populismo” la pura proclamazione, da parte di quegli stessi popoli, di diritti inviolabili, sanciti in atti ed in principi oramai acquisiti al diritto internazionale quale jus cogens, e parlano ed agiscono in spregio alle grida dei cittadini che chiedono solo di vivere con dignità? Che senso avrebbe avuto, in ulteriore spregio e violazione di tutte le norme ed i principi giuridici più elementari, lasciare agli Stati dei Parlamenti “fantoccio”, con dei politici oramai ridotti a “servi” degli ordini impartiti da tecnocrati, ciechi addirittura davanti all’evidenza dello sfacciato fallimento del loro teorema?
      Non c’è democrazia senza rispetto dei popoli, della loro cultura e della loro storia: qualunque processo che pretenda di passare sopra questo principio è destinato a fallire, con grande dolore per chi ne subisce il fallimento “.

    2. alessandro scrive:

      complimenti twin astir
      comunque Bersani ci stà prendendo per il cu… ora cerca di aggiustare il tiro, ma gli esodati, i pensionandi e familiari, i lavoratori, non dimenticano che ha appoggiato Monti (spero che ricordino anche l’appoggio del PDL). In una intervista a che tempo che fa da Fazio ha detto che al primo punto del suo programma vorrebbe andare in Europa per fare cambiare registro per puntare sulla crescita, anzichè solo austerità (si dimentica di aver votato il fiscal compact… ma tanto nessuno sa cosa è, quindi in TV può dire quello che gli pare, gli italioti tanto pensano alla casta e alla corruzione!). Ha detto anche che l’ha telefonato Hollande e si sono già messi d’accordo per battere i pugni sul tavolo e parlare all’unisono in Europa! caspita… ho pensato… i tecnocrati e quella che il Moralista definisce massoneria reazionaria, si stanno cacando sotto! allora si che parte la crescita! già siamo ben messi!! Io credo che il corteggiamento a Grillo sia tutto una commedia, perchè se dovesse essere realtà il PD è proprio disperato…alla frutta, mentre invece da un covo di volpini ex-comunisti mi aspetterei delle tattiche politiche molto più raffinate… aspetta tu quando entra in gioco la vecchia scuola sovietica del nostro Napolitano, come ti sistema Grillo… a Berlusconi mi pare che l’abbiano già messo all’angolo, forse con le ultime inchieste la magistratura ci ha preso

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    "nella mia vita ho conosciuto farabutti che non erano moralisti ma raramente dei moralisti che non erano farabutti." (Indro Montanelli)


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      Francesco Maria Toscano, nato a Gioia Tauro il 28/05/1979 è giornalista pubblicista e avvocato. Ha scritto per Luigi Pellegrini Editore il saggio storico politico "Capolinea". Ha collaborato con la "Gazzetta del Sud" ed è opinionista politico per la trasmissione televisiva "Perfidia" in onda su Telespazio Calabria.

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