Ernesto Galli della Loggia, il migliore editorialista in forza al declinante Corriere della Sera (figuratevi gli altri…), ha scritto oggi un articolo destinato a scovare le cause che hanno determinato l’atroce fallimento elettorale della lista Cinica per Monti. Galli della Loggia registra con precisione alcuni pacchiani errori strategici commessi dal professore di Varese, a partire dalla fantozziana e preliminare idea di gettarsi nella mischia elettorale in compagnia di due giovani virgulti come Fini e Casini, individuando sinteticamente due cause principali destinate a condurre il bocconiano nel vicolo cieco dell’irrilevanza politica. Da un lato, il barbuto giornalista di via Solferino rimprovera Monti per non aver saputo parlare all’elettore di destra; dall’altro attribuisce alla sindrome da inutile boria, malattia cronica che colpisce le nostre presunte élite snob, trendy e radical chic, la ragione profonda di un così evidente fallimento. C’è del vero nell’analisi di Galli della Loggia. Se Monti avesse avuto un minimo di fiuto politico avrebbe accettato di slancio l’improvvida e strumentale offerta avanzata da Berlusconi al fine di indurlo a “federare il popolo dei moderati”. Monti, accettando, avrebbe finito con il legittimarsi di fronte al vecchio elettorato berlusconiano, attirandolo inerzialmente sotto la sua negativa sfera di influenza. Sarebbe accaduto in grande ciò che è capitato in piccolo a quello sprovveduto di Casini, risvegliatosi una mattina senza un elettorato per averlo ingenuamente (e forse inconsapevolmente) regalato a Monti. Ma, continua Galli della Loggia, quel mondo che annualmente si ritrova a Cernobbio, che ostenta un provinciale europeismo e che pensa di avere il monopolio dell’interesse generale non è in grado di sintonizzarsi con il Paese reale. Per conservare una presunta superiorità autoreferenziale, continua il giornalista, il salotto buono tende a non mischiarsi con ambienti di centrodestra (specie berlusconiani) per paura di contaminarsi. “Non parlare mai con un cretino”, suggeriva infatti Arthur Bloch, “la gente potrebbe non notare la differenza”. Il problema è proprio questo, capire chi è il cretino. Berlusconi, con relativo codazzo, è probabilmente impresentabile. Ma siamo sicuri che gli aristocratici farisei che si sono riconosciuti nella leadership di un becchino come Monti siano molto migliori di lui? Ne dubito. La vogliamo dire tutta? Le nostre sono èlite di merda, spesso maleodoranti tanto quanto gli ambienti che stigmatizzano, in grado di pareggiare tutti i difetti dei berluscones con l’aggravante dell’aggiunta di una buona dose di ipocrisia, di falso moralismo e di stolta superbia. Le nostre élite non esprimono né prestigio culturale né nobiltà d’animo. Incarnano un potere dettato da ragioni di forza bruta, militaresca, vigliacca e vendicativa; comando garantito da una supremazia sul piano finanziario che si traduce nel controllo dittatoriale di un sistema informativo omologato e banale. Il salotto buono del potere italiano è composto dai vari Agnelli-Elkann, De Benedetti con relativi paggetti alla De Bortoli ed Ezio Mauro al seguito. Re straccioni che, grattando un pochino, assumono subito i panni grotteschi del principe di Casador (al secolo il principe De Curtis) che, nell’indimenticabile Miseria e Nobiltà del grande Scarpetta, ostentava “albagia” per darsi un tono (“in che casa sono capitato”). De Benedetti ai tempi di Mani Pulite, mentre Repubblica cavalcava la questione morale, era finito pure al fresco. L’idolatrato Gianni Agnelli ha invece occultato a profusione denari in giro per il mondo e, dopo la sua dipartita, per ragioni di eredità, alcuni componenti del casato torinese si sono messi a litigare in pubblico imitando le “vaiasse” evocate da Mara Carfagna. Le nostre élite, come qualsiasi cafone arricchito, barattano quotidianamente la dignità (che non hanno) per meno di 50 euro. Questo mondo, che fa orrore e ribrezzo infinito, trova volentieri nel Pd e nel “Centro responsabile” i suoi adatti rappresentanti politici. Non a caso Bersani rivendica con orgoglio la storia del suo partito che, da Prodi a Ciampi, da D’Alema a Padoa Schioppa, “non accetta lezioni di europeismo”. Sono giusto quelli che ci hanno condotto in questo incubo di Europa e Bersani, anziché nasconderli per pudore e vergogna, li sventola giocondo quasi fossero cimeli. Ecco perché, parafrasando una citazione dell’opera Schlageter dello spregevole commediografo tedesco (e nazista) Hanns Johst, “nel sentire la parola élite, viene voglia di mettere mano alla pistola”.
Francesco Maria Toscano
24/03/2013
…se non fosse proprio così, questo pezzo sarebbe oggi l’editoriale del corriere di via solferino! invece, ahimè…
ciao
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[...] filantropi per sentirsi un po’ meno stronzi. Per questo le nostre didattiche élite di merda (clicca per leggere) si stracciano le vesti di fronte all’atteggiamento “irresponsabile di Grillo che non vuole fare [...]