Questa settimana si aprono le consultazioni per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Un appuntamento di estremo interesse destinato ad incidere profondamente sui destini futuri dell’Italia. Il momento storico è carico di insidie e di incognite ma, nonostante tutto, gli italiani hanno in partenza buoni motivi per sentirsi sollevati. La fine del mandato di Giorgio Napolitano è una notizia stupenda di per sé. Per chiunque sarà difficilissimo fare peggio. Napolitano ha snaturato il ruolo che la Carta assegna al presidente della Repubblica invadendo continuamente campi che non erano di sua pertinenza (la recente nomina dei “saggi”, poi, racchiude potenzialmente risvolti estremamente preoccupanti); ha assecondato con spirito acritico e burocratico tutti i capricci del gotha massonico reazionario sovranazionale, fino ad imporre la nomina tragica e surreale del divino Monti a capo di uno dei governi più ridicoli e nefasti della storia d’Italia di tutti i tempi (pure gli indiani ridono di noi); ha profanato una idea regale di giustizia, prima entrando a piedi uniti in tutte le inchieste che lambivano le più alte sfere di potere (inchiesta “Why Not”, indagine della procura di Salerno sui colleghi di Catanzaro); poi appellandosi alla Corte Costituzionale per impedire che le telefonate di dubbio gusto intercorse con l’imputato Nicola Mancino, indagato nell’ambito della trattativa Stato-mafia, finissero correttamente per essere conosciute dalle parti processuali. E’ stupefacente inoltre constatare come parte dei componenti della Consulta risultino di diretta nomina presidenziale. Il livello di indipendenza nel giudizio è perciò facilmente intuibile per chiunque. Per non farsi mancare nulla, Napolitano ha infine chiesto e ottenuto che calasse il silenzio sul caso Monte Paschi, scandalo che tanto infastidisce l’ex capo di Bankitalia (ora assurto a maggior gloria) Mario Draghi. Quello stesso Draghi che, bontà sua, ha reso edotta la pubblica opinione circa la telefonatina ricevuta dal presidente della Repubblica nei giorni convulsi che hanno caratterizzato l’affannosa ricerca di un uomo politico capace di garantire la formazione di un governo. A che titolo il capo della Bce interviene in dinamiche strettamente politiche sulle quali il banchiere centrale non ha e non deve avere nessuna voce in capitolo? Misteri. Napolitano, come tutti quelli educati alla scuola sovietica, prova un profondo disprezzo per la plebe e venera senza filtri le classi alte, aristocratiche e ricche, alle quali riconosce il diritto divino di guidare una massa umana informe e illetterata, incapace quindi di cogliere la profondità degli eventi. Il continuo, stucchevole e surreale coro plaudente di tanti scribacchini di regime, di molti costituzionalisti armati di partita Iva nonché di alcuni commentatori da strapazzo esperti in piaggeria e fiancheggiati da noti leccaculo di professione completa un quadro desolante. “Ogni volta che qualcuno mi dà ragione”, illuminava Oscar Wilde, “mi domando dove ho sbagliato”. Applicate ora questo principio alle opere di Napolitano e, mutatis mutandis, intuirete la gravità degli sbagli commessi dal primo (e speriamo ultimo) ex comunista salito sul Colle più alto. Nel 2006 gli italiani hanno rotto uno specchio attirandosi sette anni di sventura. Ma ora, finalmente, è finita. Tempo fa sostenevo la tesi che individuava nel pessimo Giuliano Amato il probabile successore di Re Giorgio (clicca per leggere). Amato, non a caso il preferito di Napolitano, ricopriva il ruolo di presidente del Consiglio nel 1992, mentre la mafia alzava il tiro e il ministro dell’Interno dell’epoca, Scotti, veniva fatto fuori per lasciare il posto all’odierno imputato Nicola Mancino. Da Scalfaro in poi, la scelta del presidente della Repubblica ha riguardato sempre figure che ricoprivano un ruolo di primo piano nel biennio misterioso e intriso di sangue (’92-’93) che ha contraddistinto il passaggio tra la prima e la seconda Repubblica. Non credo si tratti di un caso. Scalfaro, Ciampi e lo stesso Napolitano sono entrati a vario titolo nelle carte dell’inchiesta di Palermo che, tra mille ostacoli, sta tentando di fare luce nelle tenebre più fitte. Con Amato presidente tutti continuerebbero a dormire sonni tranquilli, compresi i responsabili del pacchiano depistaggio che ha inquinato i processi sulla strage di via d’Amelio costruiti intorno alla figura macchiettistica di un pentito improbabile e falso lontano un miglio come Vincenzo Scarantino. A pensarci bene, però, Amato non è il solo a possedere le caratteristiche giuste per rassicurare il sistema. Un altro personaggio di spessore, come e più del dottor Sottile, potrebbe risultare utilissimo all’uopo: mi riferisco a Luciano Violante, corteggiato dalla destra e già ribattezzato piccolo Vyšinskij da un ispirato Cossiga. Un rarissimo esempio di doppia morale elevata all’ennesima potenza. Inflessibile giustiziere al fine di aprire un varco al sole a beneficio dei compagni rimasti intrappolati sotto le macerie del Muro di Berlino e ultrà del garantismo una volta entrato con tutta la ciurma nella stanza dei bottoni. Anche Violante, non da ultimo, ricopriva un ruolo sensibile mentre la mafia (?) metteva a ferro e fuoco il Paese. Dal 1992 al 1994 Violante ha fatto da par suo il Presidente della commissione parlamentare antimafia. In quel tempo Vito Ciancimino, già sindaco mafioso di Palermo e padre di Massimo, chiese di incontrarlo per il tramite del generale Mori ma Violante non denunciò mai tale circostanza (clicca per leggere). Massimo Ciancimino, rilasciando al Moralista una delle sue ultime interviste prima di finire arrestato per calunnia in danno del prefetto De Gennaro, ebbe modo di parlare dell’argomento (clicca per leggere). Amato e Violante costituiscono due pericoli mortali, ma anche Prodi non scherza. Fa impressione infine vedere il nome di Mortadella tra i papabili proposti on-line dal Movimento 5 stelle. Mentre infuria la crisi finanziaria Grillo rispolvera un vecchio consulente di Goldman Sachs già protagonista della costruzione di questa infame unione monetaria. Un bel segnale verso l’agognata discontinuità in nome dell’auspicato cambiamento, non c’è che dire. Grillo e Casaleggio, di giorno in giorno, assumono le sembianze di due cip e ciop cibernetici della politica italiana. Due cialtroni come tutti gli altri. Solo un tantinello più tecnologici e virtuali.
Francesco Maria Toscano
15/04/2013
A pensarci bene la tua analisi è supportata da parecchie coincidenze, i politici più sono coinvolti nei misteri italiani… quelli di cui è meglio insabbiare… e più hanno probabilità di salire al Colle. Anche il grande Presidente Emerito Cossiga si ha portato nella tomba parecchi segreti e misteri, se pensiamo al fatto che era Ministro degli interni nel tragico periodo del sequestro Moro. Anche Prodi ebbe un ruolo ambiguo durante il sequestro Moro, quando segnalò che durante un’improbabile seduta spiritica venne fuori il nome “Gradoli”, esattamente il nome della via di Roma dove le BR hanno tenuto in ostaggio lo statista democristiano… certo che Prodi ha il vizio del “gioco della monetina”… da allora non ha mai smesso di giocarci, fino a che non ha introdotto una “monetina” anche in Italia… l’euro-disgrazia. Anche l’introduzione dell’euro, con questa costruzione monetaria, lo annovererei fra i grandi misteri italiani ed europei, in quanto risponde a finalità volte a disintegrare le economie dei paesi del sud. Sarà un caso che tutti i protagonisti della costruzione dell’euro (Monti, Draghi e Prodi) sono stati nominati quali candidati al Colle?
Bisognerebbe citare fra gli altri due papabili: la Bonino, mortale più di Amato e Violante, e la Loretta Napoleoni, sconosciuto ma mortale personaggio presentato dal M5S, e catapultata direttamente dal Mossad.
Io credo che al Colle salirà quello più ricattabile.
Ad ogni modo, non c’è da stare molto sereni…
Morto un “papa”, ce ne troviamo un altro!!