La nostra Costituzione, correttamente, non prevede vincolo di mandato in capo ai singoli parlamentari che, in quanto tali, rappresentato l’intera nazione. Un principio sacrosanto, presente in tutte le democrazie liberali del mondo, in grado di tutelare la libera determinazione dei rappresentanti del popolo mantenendoli così al riparo da possibili indebite pressioni. Oggi, paradossalmente, risulta molto in voga una lettura estensiva e ghignante di questo prezioso principio costituzionale che, strumentalizzato per fini di misera propaganda, finisce con il confondere la meschinità di una prassi politica dissimulata e truffaldina dietro la regalità di una regola di derivazione illuministica. Prendiamo il caso del Pd. In campagna elettorale il segretario Bersani si rivolse all’intero corpo elettorale chiedendo consenso sul presupposto forte ed esplicito che il suo partito non avrebbe mai acconsentito ad una sostanziale e sterile riproposizione di quel modello di governo politico, detto delle larghe intese, che già tanti danni aveva fatto sotto la guida tecnocratica del masnadiero Monti. Come tutti sanno, dopo una serie infinita di giri di valzer buoni solo per stordire la pubblica opinione, il Pd ha deciso “coerentemente” di appoggiare il nascituro governo Letta insieme al solito Berlusconi, impresentabile a targhe alterne. La mancanza di vincolo di mandato non può essere interpretata quasi fosse un utile lavacro nel quale affogare qualsiasi facezia. E’ vero, nessuno può obbligare il Partito Democratico a tenere un comportamento lineare rispetto alle promesse della vigilia, anche se il pacifico tradimento della fiducia popolare integra comunque la violazione di una regola morale che gli elettori raggirati non dimenticheranno molto in fretta. Tale incontestabile circostanza, pur tuttavia, non sembra avere provocato crisi di coscienza fra i numerosi parlamentari piddini, molti dei quali miracolati da una pessima legge elettorale che ne sovrastima la rappresentanza, nuovamente e inspiegabilmente attestatisi su una linea di trionfale convergenza con il caro nemico Silvio Berlusconi. I miracolati del Pd si muovono con la stessa disciplina che contraddistingue un branco di ovini al pascolo. Il pastore  indica la strada, il cane abbaia e le pecore seguono brulicanti. Con soddisfazione avevo però notato il comportamento coraggioso di un giovane deputato progressista, tal Pippo Civati, capace di disobbedire agli ordini di scuderia posizionandosi su una linea di orgoglioso e solitario dissenso rispetto alle recenti scelte suicide del partito di appartenenza. Mentre tantissimi giovani democratici occupano le sedi del Pd in tutta Italia chiedendo giustamente e  a gran voce il definitivo pensionamento di una intera classe dirigente inadeguata e ricattabile, Civati ha scelto di uscire allo scoperto senza arroccarsi all’interno del Palazzo. Una scelta degna di pubblico plauso. La mia stima per l’aspirante statista Civati, in versione piccola vedetta lombarda, è però tristemente svanita molto in fretta. Mi è bastato ascoltarlo ieri sera per qualche minuto durante la trasmissione Piazza Pulita condotta da Formigli per raffreddare i giovanili entusiasmi. Di fronte alla patetiche analisi tardo liberiste di un concentrato di banalità che risponde al nome di Michele Boldrin, economista per caso, Civati ha iniziato a balbettare come quel simpatico personaggio di Walter Chiari alle prese con la difficoltosa ordinazione di una granita. Circostanza questa già evidenziata con estrema precisione analitica pure dagli amici di Democrazia Radical Popolare (clicca per leggere). Se basta un grigio ufficiale di collegamento del già bollito Oscar Giannino, quest’ultimo più credibile nelle vesti di attore non protagonista di un auspicabile remake del film di Pieraccioni I Laureati, allora vuol dire che stiamo proprio freschi. Ma possibile che nel Pd non esista nessuno capace di interiorizzare una piattaforma politica ed economica che mina alla radice le decadenti sicumere dei predicatori dell’austerità ad ogni costo? Ma lo sa Civati che, anziché ripetere a pappardella quanto è brutto Berlusconi, potrebbe rendere il pubblico edotto circa la sostanziale falsificazione dei dati che hanno sorretto il mito dell’austerità espansiva sulla base di uno studio farlocco promosso da due personaggi che rispondono al nome di Rogoff e Reinhart? (sul punto Mattia Granata, clicca per leggere) Ma lo sa Civati che Paul Krugman, non proprio Boldrin o Scacciavillani, ha recentemente ridicolizzato, in un pezzo titolato La notte degli Alesina viventi,  alcune ricorrenti suggestioni che tuttora ammorbano il nostro dibattito pubblico? (clicca per leggere) Ma veramente Civati pensa di ricostruire la sinistra ripartendo dalle petulante esecrazione delle mignotte di Berlusconi? Ma lo sa Civati che non è stato ancora pubblicato nessun dossier scientifico capace di dimostrare che la crescita del nostro Pil è inversamente proporzionale alle scopate del Caimano? Il caso Civati dimostra una volta di più che la politica slegata dalla cultura non può funzionare. Quando i partiti erano una cosa seria, le classi dirigenti si imponevano alla luce di un lungo e faticoso tirocinio all’interno delle scuole di formazione. Le Frattocchie e la Camilluccia formavano politici capaci di ancorare il loro agire pubblico ad una scuola di pensiero solida e strutturata. Oggi invece, per assurgere al ruolo di pensatori, basta denunciare pubblicamente le tette di Ruby Rubacuori, il culo della Minetti o l’ingordigia della famelica Casta. Divertitevi pure con le vostre adolescenziali pruderie sapendo però che di questo passo dalla crisi non ne usciremo mai.

    Francesco Maria Toscano

    30/04/2013

    Categorie: Politica

    3 Commenti

    1. [...] La nostra Costituzione, correttamente, non prevede vincolo di mandato in capo ai singoli parlamentari che, in quanto tali, rappresentato l’intera nazione. Un principio sacrosanto, presente in tutte le democrazie liberali del mondo, in grado di tutelare la libera determinazione dei rappresentanti del popolo mantenendoli così al riparo da possibili indebite …read more [...]

    2. «Io non inseguo le vicende processuali di Berlusconi – aggiunge Vendola – ma il berlusconismo è stato una gigantesca crescita delle diseguaglianze, la devastazione di tutto ciò che è pubblico. Faremo opposizione costruttiva perché bisogna portare a casa dei risultati. E per fare emergere le contraddizioni di un governo che mette insieme il diavolo e l’acqua santa».

    3. [...] Il giovane parlamentare monzese non brilla certo per la profondità del suo pensiero politico (clicca per leggere), ma in compenso è l’unico che dice con chiarezza che il governo Letta è incompatibile con [...]

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    "nella mia vita ho conosciuto farabutti che non erano moralisti ma raramente dei moralisti che non erano farabutti." (Indro Montanelli)


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      Francesco Maria Toscano, nato a Gioia Tauro il 28/05/1979 è giornalista pubblicista e avvocato. Ha scritto per Luigi Pellegrini Editore il saggio storico politico "Capolinea". Ha collaborato con la "Gazzetta del Sud" ed è opinionista politico per la trasmissione televisiva "Perfidia" in onda su Telespazio Calabria.

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