Mentre il Paese si avvia, inconsapevole e immobile, verso la catastrofe sociale ed economica, all’interno del Parlamento italiano avvengono fatti gravissimi e surreali opportunamente minimizzati da una stampa corrotta e al servizio del progetto neo-oligarchico attualmente in atto. Qualche giorno fa Nicola Morra, capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato, ha preso parola in Aula per manifestare il suo libero pensiero. Si parlava della scandalosa vicenda riguardante la deportazione forzata di una donna e di una bambina, entrambe kazake, materialmente perfezionata da una polizia italiana sostanzialmente etero-diretta da alcuni baldanzosi collaboratori di Nursultan Nazarbayev,  satrapo che da oltre un ventennio  governa con pugno di ferro una ex repubblica sovietica legata all’Italia da sostanziosi motivi di reciproco interesse economico. In qualunque paese civile del mondo una vicenda così grave, umiliante, vergognosa e inumana, avrebbe provocato l’immediata caduta del governo con conseguente condanna all’infamia e all’oblio per gli sventurati politici oggettivamente responsabili di uno scandalo di proporzioni enormi e inaudite. In Italia, invece, tutto finisce (quasi) sempre a tarallucci e vino. Per cui Alfano non sapeva, Bonino non vedeva e Letta non sentiva (clicca per leggere). Ma torniamo a Morra. Durante il suo apprezzabile intervento, il capogruppo penta-stellato ha avuto l’ardire di chiamare in causa Re Giorgio Napolitano, protagonista del solito irrituale intervento  a gamba tesa a tutela  dell’esecutivo guidato dal nipote di Gianni Letta (clicca per ascoltare). A questo punto succede qualcosa di comico e tragico al tempo stesso. Il Presidente del Senato Pietro Grasso, magistrato trasmutatosi in politico grazie alla forza del suo eloquio “forbito” e “ricercato”, decide di interrompere il discorso di Morra ammonendolo severamente: “Non sono ammessi riferimenti al Capo dello Stato!”. Ah no?  E da quando? Grasso, pur essendo un esimio giurista, sfortunatamente non indica le fonti che legittimano il suo ordine perentorio. Anche  spulciando in maniera compulsiva le più recenti dottrine poste a fondamento delle moderne democrazie liberali dell’Occidente, però, difficilmente il Presidente del Senato (eletto, e non nominato da Caligola come qualcuno erroneamente sospetta) troverà pezze di appoggio utili a fortificare le sue nobili prassi. Il comandamento che invita i fedeli a non “nominare il nome di Giorgio invano” subisce il chiaro influsso dell’Antico Testamento. Ma anche la sharia, o il culto della divinità imperiale in voga nell’antica Bisanzio, potrebbe venire in soccorso del nostro colto (sul fatto) presidente Grasso. Se Napolitano non si può nominare per esteso per non innervosire le oscure potenze ultraterrene che, severe, scrutano il mondo, allora bisogna individuare dei riferimenti linguistici sostituitivi che assicurino la possibilità di riferirsi al nostro “Caro Presidente” pur senza mai nominarlo. Propongo alcune possibili soluzioni. Da ora in avanti la stampa, i singoli parlamentari e perfino i comuni sudditi del Re,  evocando Napolitano, potranno alternativamente utilizzare i seguenti appellativi: “Colui che è, che era e che sarà; l’Immanente; il Fascio di Luce; il Piccolo Padre o il Vincitore dello spread. I profani, atei, infedeli e apostati che oseranno impunemente invocare il nome per esteso del Presidente rieletto verranno perseguiti da un Tribunale speciale, appositamente istituito, volto a preservare la purezza degli antichi costumi minacciati dalla protervia insolente del volgo che rifiuta di riconoscere l’origine divina del reverendissimo, potente et magnifico Capo dello Stato, entità sovrumana e immarcescibile, della stessa sostanza delle stelle, metà uomo e metà Dio, membro permanente dell’Olimpo presieduto da Zeus con senso delle istituzioni e altissima responsabilità. Un plauso quindi al Presidente Grasso, moderno Minosse nemico dell’anarchia e dell’insolenza, lesto, pronto e desto nel difendere l’altissima dignità, celeste ed ermetica, del Presidente della Repubblica, scelto appositamente dagli Dei per guidare un popolo imbelle come quello italiano. Morra non si azzardi più ad alzare i suoi occhi immondi verso il sacro Quirinale. Altrimenti farà la fine della moglie del povero Lot che, benché ampiamente avvertita, fu trasformata in statua di sale per avere tentato di compenetrare misteri troppo più grandi.

    Francesco Maria Toscano

    22/07/2013

    Categorie: Editoriale

    7 Commenti

    1. [...] Mentre il Paese si avvia, inconsapevole e immobile, verso la catastrofe sociale ed economica, all’interno del Parlamento italiano avvengono fatti gravissimi e surreali opportunamente minimizzati da una stampa corrotta e al servizio del progetto neo-oligarchico attualmente in atto. Qualche giorno fa Nicola Morra, capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato, ha preso parola in Aula per manifestare il suo libero pensiero. Si parlava della scandalosa vicenda riguardante la deportazione forzata di una donna e di una bambina, entrambe kazake, materialmente perfezionata da una polizia italiana sostanzialmente etero-diretta da alcuni baldanzosi collaboratori di Nursultan Nazarbayev,  satrapo che da oltre un ventennio Leggi la notizia [...]

    2. Alessandra scrive:

      ..come spesso succede mi trovo d’accordo con questi brillanti post..che, se non ci fosse da piangere, susciterebbero un sorriso..ah e’ stata la moglie di Lot ad essere trasformata in una statua di sale…

    3. panglos scrive:

      Tralasciando che dopo il parlamentare Morra altri parlamentari dopo di lui hanno citato il Presidente della Repubblica, senza peraltro essere redarguiti, ritengo che l’On. Grasso abbia perfettamente ragione quando sostiene che Napolitano sia INNOMINABILE.
      Quando qualcuno dice a dei pensionati con menp di 500 euro al mese di aver vissuto al disopra delle proprie possibilita’ diventa una persona Innominabile.
      Soprattutto perche’ Insinua in modo Subdolo che vivere solo con tale somma sia indice di evasione fiscale…..
      Riconoscendoin modo implicito, che e’ impossibile vivere con tale Miseria…pertanto tutti questi pensionati al sottominimo non ce la contano chiara..
      Mentre invece il Dottor Sottile, dall’alto dei suoi 30 mila euro di pensione mensile, vive effettivamente al DISOTTO delle proprie possibilita’….
      Penso che dentro il parlamento l’unico INNOMINABILE sia il Popolo Italiano!

    4. gold price scrive:

      Movimento 5 Stelle: Nicola Morra ricorda Borsellino ma sbaglia il nome. Al termine dell’intervento del capogruppo del MoVimento 5 Stelle, Nicola Morra, che ha citato la ricorrenza della strage che ha portato alla morte del giudice Borsellino i senatori grillini si alzano in piedi sventolando delle agende rosse per ricordarlo. I senatori vengono ripresi dal presidente Pietro Grasso che, tra l’altro, ironizza sulla citazione “sbagliata” fatta da Morra che ha parlato di Salvatore Borsellino e non di Paolo: ”Noi – dice Grasso – dobbiamo ricordare Paolo Borsellino, non mi sembra che Salvatore Borsellino sia” nelle condizioni di dover essere ricordato. Morra ammette l’”errore” e china la testa con i palmi delle mani rivolti in avanti in segno di scuse.

    5. Gold Price scrive:

      Pietro Grasso tappa la bocca ai senatori. “E’ vietato parlare del presidente della Repubblica in Aula”. Durante il voto sulla sfiducia al ministro degli interni Angelino Alfano scoppia il caos. “Non sono ammessi riferimenti al Capo dello Stato”, dice il presidente del Senato, stoppando il capogruppo del Movimento 5 Stelle, Nicola Morra, nella sua dichiarazione di voto in Aula sulla mozione di sfiducia ad Alfano. “Lei non puo’ citarlo”, ripete ancora Grasso a Morra, che insiste e nel suo intervento cita un passaggio di un articolo di Marco Travaglio. Morra comunque va avanti e durante il suo intevento cita ancora Giorgio Napolitano accusandolo di tenere in mano la regia del parlamento.

    6. [...] non c’è più nulla da scherzare. Se la sortita di Grasso in Senato (clicca per leggere) poteva essere derubricata a gaffe figlia di una eccessiva cupidigia di servilismo in grado di [...]

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      Francesco Maria Toscano, nato a Gioia Tauro il 28/05/1979 è giornalista pubblicista e avvocato. Ha scritto per Luigi Pellegrini Editore il saggio storico politico "Capolinea". Ha collaborato con la "Gazzetta del Sud" ed è opinionista politico per la trasmissione televisiva "Perfidia" in onda su Telespazio Calabria.

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