Tanto tempo fa eravamo convinti che la terra fosse piatta e solo dopo molti anni ci siamo resi conto che era una cazzata. Galileo, ai suoi tempi, non era visto tanto di buon occhio; nella migliore delle ipotesi era considerato un visionario, nella peggiore un eretico da bruciare. L’uomo è fatto così, ha difficoltà ad abbandonare le sue credenze, per quanto assurde esse si siano dimostrate, perché sono delle abitudini, dei modi di vivere, una sorta di dipendenza. La Modern Money Theory di W. Mosler non è altro che l’evoluzione della dottrina Keynesiana che non solo è applicabile, come dimostrato in varie contingenze storiche, a partire dalla crisi del ‘29 fino all’Italia della lira, ma anche estremamente umana, perché permetterebbe all’uomo di liberarsi dalla schiavitù indotta dell’economia della precarietà e della carenza. Se come postula Keynes o analogamente Mosler, i bisogni primari: lavoro, casa, salute, fossero garantiti dallo Stato, saremmo nuovamente in grado di coltivare le caratteristiche migliori della specie umana a discapito delle peggiori che invece oggi prevalgono: avidità, egoismo, crudeltà, invidia. Vi invito a fare una riflessione e un azzardo logico. Cosa ha permesso ad artisti di grandezza assoluta di creare delle opere d’arte eterne nel corso di pochi secoli nell’Italia del Rinascimento. In un brevissimo arco di tempo e in pochissimi chilometri quadrati si sono concentrati artisti, scienziati, geni. Quale è stata la causa e il catalizzatore di un tale inspiegabile miracolo? Pensiamo all’organizzazione sociale e politica dell’Italia del Rinascimento. Piccoli e piccolissimi stati con a capo un Principe che nel bene o nel male aveva potere assoluto. Se penso però alla Firenze di Lorenzo il Magnifico o alla Roma Papale e non solo, i sovrani per cultura, tradizione, a volte genio personale o solo per celebrare la propria grandezza offrivano protezione agli artisti e agli scienziati. Consentivano loro di liberarsi dalle preoccupazioni legate al sostentamento, alla casa, mettevano a loro disposizione i loro palazzi e le loro ricchezze affinché essi potessero dedicarsi esclusivamente allo sviluppo della loro arte. Creavano per loro una sorta di “microcosmo Keynesiano”, in cui lo Stato provvedeva a soddisfare i loro bisogni primari e in cui l’artista o lo scienziato riusciva a dedicarsi completamente allo sviluppo e alla crescita della propria arte, esaltando le doti artistiche, il suo talento e in definitiva la sua umanità. Il principe vegliava su di lui e lo proteggeva e l’artista ormai libero di creare riusciva a farlo in modo eccelso. Provate oggi a dedicarvi all’arte, alla letteratura o alla scienza. Siete condannati alla gavetta e alla solitudine e spesso alla povertà se non avete sostanze proprie che vi salvaguardino. Non esiste una struttura che incentivi l’arte e la creatività, che protegga l’artista o lo scienziato e il ricercatore di talento. Tutto viene lasciato all’iniziativa del singolo che emerge spesso non perché è bravo ma perché è riuscito a coltivare le amicizie giuste. Il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi. L’Italia, culla della cultura, terra di artisti, poeti e scienziati è ridotta in macerie incapace perfino di conservare e sfruttare le enormi ricchezze accumulate sul suo territorio nei secoli precedenti. La Politica, i Governi hanno distrutto il microcosmo Keynesiano che permetteva alle arti e alla scienza di prosperare, non hanno più finanziato gli artisti, non li hanno protetti, accuditi e per effetto di questo tutto il popolo, anziché elevare la sua umanità, ha coltivato gli istinti più deteriori ed è diventato barbaro.
Michele Signa
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bel pezzo! oggi si sente spesso dire che lo sfruttamento del patrimonio monumentale italiano deve rispondere a criteri di economicità e dovrebbe essere anche una fonte di reddito e di rilancio dell’economia. Condivisibile fino ad un certo punto. La cultura fine a se stessa, senza la ricerca disperata di una remunerazione, ritengo sia altrettanto fondamentale per il perfezionamento dello spirito umano. Lo Stato investa nella cultura, almenoché non ha interesse a farci rimanere tutti ignoranti per non far maturare in noi la consapevolezza delle sue malefatte.
Tendo a non dare una valutazione tanto positiva sul cosiddetto mecenatismo e tendo a dare una valutazione altrettanto poco positiva sul significato che assumono i cosiddetti capolavori realizzati con grave dispendio di mezzi in epoche in cui la maggior parte della gente era messa alla fame dai tagliagole di turno. Il contesto squalifica il valore dell’opera, perché le attribuisce significati non dichiarati intenzionalmente ignorati da chi ci offre le sue valutazioni in merito. Come le grandi famiglie hanno messo insieme le risorse per realizzare quelle “grandi opere” del passato? E’ un interrogativo che non può e non deve essere lasciato a margine.
Il parallelo con l’epoca rinascimentale tendeva solo a evidenziare il genio che riesce ad esprimere l’uomo se messo nelle condizioni ottimali per creare e coltivare il suo talento; condizioni che si potrebbero realizzare anche oggi se fossero attuati precetti Keynesiani . Non volevo rivalutare un’epoca che, come la maggior parte delle epoche stoiche, vede il prevalere delle Elite sulla massa della popolazione sfruttata e sottomessa. Del resto è in quella direzione che con perizia e arguzia luciferine ci stanno riportando. Ma mentre il signore di un tempo usava la forza bruta per sottometterci oggi si usano le armi più raffinate ma non meno letali dell’economia.
M. Signa
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Adamantino. Incontestabile.