Ora è ufficiale: il disarmo chimico internazionale passerà anche per questo lembo di terra troppe volte abbandonato da Dio e dagli uomini. E se invece di gareggiare a chi grida più forte i perché del “no” ci fermassimo tutti quanti un attimo a riflettere sul perché no? È da mercoledì pomeriggio, vale a dire da quando la Farnesina ha formalizzato la scelta di Gioia per il trasbordo da nave a nave dell’arsenale di Assad, che assistiamo stupiti ad una nuova guerra: quella dei comunicati stampa, ai quali si fa davvero fatica a stare dietro; una vorticosa giostra fatta di congetture, giudizi, conclusioni che, girando sempre più velocemente sopra le nostre teste, rischia di annebbiare i pensieri e, con il più classico gioco delle parti, strumentalizzare una storica operazione internazionale di pace. Si possono criticare le modalità con cui tale decisione è stata presa, perché (forse) non sono state coinvolte a dovere le Istituzioni locali ma, se questo è vero, allora bisognerebbe porsi dei seri dubbi (qualora i cittadini ne abbiano) sul valore del peso specifico della politica locale. Si può essere d’accordo sul fatto che le decisioni non debbano essere sempre calate dall’alto ma piuttosto condivise, però anche queste a volte sono palesemente ingiustificabili, altre comprensibilmente inevitabili. Piuttosto, sono state altre le mannaie cadute sul territorio alle quali i residenti hanno assistito impotenti. A ragion veduta, la comunità, i sindacati, le associazioni si chiedono come mai il Governo centrale si ricordi della Piana solo quando c’è da trovare soluzioni che altrove non sarebbero state accettate. La risposta la sappiamo tutti. Ma sarebbe più interessante ricordarsi se le barricate siano state più alte mentre a Gioia si costruiva l’unico inceneritore rifiuti di tutta la Calabria. Bisognerebbe fare mente locale se c’erano così tanti politici schierati quando in città è stato piazzato un megadepuratore consortile che, quotidianamente, riceve liquami anche da fuori regione. In quanti si sono indignati per la centrale turbogas di Rizziconi o per il progettato rigassificatore più grande d’Europa. Quanti attori principali? Quante comparse? Gioia appare sempre più come città delle contraddizioni: un posto in cui molti sono più turbati da un’operazione di disarmo, che farà del Mediterraneo il mare della Pace, che dal fatto che il porto sia ormai considerato il crocevia del traffico mondiale di cocaina. Stiano tranquilli i pianigiani! Le attività così discusse non saranno certo dirette da chi, negli ultimi anni, ha gestito la Sanità o la spazzatura in Calabria ma da una task force di americani, russi, cinesi per una volta insieme a garantire accordi di disarmo storici che, grazie a Dio, abbiamo firmato anche noi italiani. Un lavoro fino ad oggi “top secret” per ovvi motivi di sicurezza ma che sarà poi eseguito alla luce del sole (da queste parti è strano ma vero), nel pieno rispetto dei protocolli di sicurezza. E di sicuro, sarà questo il motivo per il quale anche i sindacati e la Chiesa non sono per un “no” a prescindere e invece premono affinché il tutto si svolga nel migliore dei modi. D’altra parte sembra che non saranno i portuali ad effettuare le operazioni di trasbordo ma navi Ro-ro, traghetti con modalità di carico autonomo. Quella dell’Opac, è una missione che, di sicuro, attirerà a Gioia Tauro i media nazionali e internazionali: ciò che da queste parti non è riuscito a fare il pentito Schiavone con le sue dichiarazioni sui rifiuti tossici; riflettori che non sono stati ancora accesi nemmeno dopo le inchieste sulle vere navi dei veleni, quelle probabilmente affondate davanti alle nostre coste. Al contrario, in queste ore, il web pullula di castronerie. Molti parlano di smaltimento ma forse non sanno che i container di armi chimiche non toccheranno terra; altri denunciano che le sostanze verranno gettate al largo delle nostre coste ma evidentemente non sanno che ciò è severamente vietato e che i residui verranno lavorati dal colosso Veolia all’estero. Viceversa, dovrebbero far riflettere le recenti dichiarazioni dei ministri Lupi e Bonino che hanno confermato come dal porto gioiese, ogni anno, passino migliaia di sostanze simili per pericolosità al gas nervino siriano. Questo, all’insaputa di tutti: sindaci, cittadini, ambientalisti, sindacati e quant’altro. È pur vero che la Sardegna si è opposta con forza alla possibilità di ospitare le delicate attività di trasbordo toccate a Gioia Tauro ma è altrettanto vero che gli isolani da tempo hanno puntato sul turismo come volano di sviluppo, per noi invece è un’opzione ormai superata da quando, con forza, abbiamo voluto che fossero le navi portacontainer a placare la nostra sete di lavoro e incrementare un indotto che non è mai decollato. Si faccia una scelta precisa, una volta per tutte, anche se l’arrivo imminente delle navi militari non lascia più tempo a convegni, note o riflessioni. Perché da adesso i quesiti da porsi sono ben altri: sul perché due bandi milionari per il gateway e la logistica siano andati deserti, sui 500 lavoratori ancora in cassa integrazione, sugli imprenditori che da noi devono lavorare scortati dall’esercito o i capannoni fantasma lasciati a presidio del nulla. Riflettiamoci sopra e il disarmo chimico lo lasceremo fare tranquillamente agli americani.
Domenico Latino per “Gazzetta del Sud“
Per la localizzazione della lavorazione dei veleni si poteva scegliere tra:
1. Il luogo ove i veleni sono stati fabbricati (quale ditta li ha prodotti e dove?)
2. Il luogo ove sono stati venduti (chi ci ha lucrato?)
3. Il luogo ove sono stati acquistati (chi li ha voluti?)
Ovviamente, facendo pesare le spese sulle tasche dei PRIVATI coinvolti (è lecito pensare che a sganciare saremo ancora una volta anche noi che nulla ci abbiam guadagnato?)
A proposito del presunto disarmo, occorrerebbe anche chiarire se le ditte che realizzano questi veleno sono ancora operative o no e se esistono ancora acquirenti. In caso di risposta positiva, che accidenti di disarmo sarebbe? Sembrerebbe più il gioco dei bussolotti per spremere i soliti fessi di turno (noi).
Dimenticavo un altro interrogativo: visto che si parla di “disarmo”, gli USA, che si impegnano tanto per disarmare gli altri “stati canaglia”, in che misura provvedono a disarmare se stessi?