Perché ognuno di noi è chiamato a rispettare le prescrizioni che lo Stato civile e democratico ci impone? In virtù di quale principio lo Stato rivendica per sé l’uso esclusivo della forza? L’accettazione dell’ordine costituito è sempre e in ogni caso precondizione indispensabile che legittima qualsiasi battaglia politica? Cosa è la violenza legalizzata? Quali strumenti può opporre il singolo cittadino per resistere contro la barbarie (Enrico Letta direbbe la “barbaria”) istituzionale? Sono questi alcuni degli interrogativi che dovrebbero tormentare l’intellighenzia italiana, nel caso in cui ne esistesse una naturalmente. Ma quando i pensatori di punta dei principali quotidiani italiani sono del livello di Antonio Polito e Pigi Battista di cosa volete che si discuta? Di spread, di mercati, di sprechi e altre simili amenità buone per terrorizzare i gonzi. Io invece vi dico che da questa crisi non usciremo mai fino a quando non permetteremo al nostro libero pensiero di rifuggire dagli spazi angusti e meschini che il mainstream ci propone per librarsi finalmente verso sommità dimenticate che profumano d’infinito. Ripartiamo quindi dal primo quesito cristallizzato in apertura di articolo: perché è necessario rispettare le prescrizioni che lo Stato ci impone? Con l’avvento del contrattualismo, finita fortunatamente l’era dell’esercizio del potere per vincolo di sangue su supposta disposizione divina, il rispetto dell’autorità trova linfa e fondamento nel “contratto”. Gli uomini perciò, nati liberi e uguali, rinunciano pro quota alla loro parte di sovranità per permettere la costruzione di una società armoniosa che tuteli i diritti di tutti e impedisca l’arbitrario sopruso del più forte. Per Hobbes, considerata la natura intrinsecamente cattiva dell’uomo, questa delega era tanto necessaria quanto assoluta e senza condizioni. Il suo Leviatano, infatti, lungi dall’essere mero rappresentante e sintesi dei diversi interessi in conflitto, si ergeva a vero e proprio mostro biblico, terzo perfino rispetto alle parti originariamente contraenti, pronto a garantire una pace sociale che danzava sulle note della paura, della vendetta e del terrore. Rousseau al contrario, cantore dell’uomo buono per natura, credeva che fossero le sovrastrutture sociali, con annesse disuguaglianze e ingiustizie, a intorbidire l’animo immacolato che contraddistingueva l’istintivo sentire del suo immaginario e santificato Adamo non ancora colpito dalla scomunica celeste. La sovranità del popolo, questo asseriva Rousseau non a caso considerato padre di ogni moderno totalitarismo, non può essere mai delegata. Perché nel delegarla in sostanza la si perde. La vera democrazia può essere sublimata solo dal trionfo di una non meglio specificata “volontà generale” necessariamente brandita da chi unilateralmente se ne dichiari unico e legittimo interprete. La democrazia liberale, da Locke a Rawls passando per Montesquieu, è un’altra cosa. Prevede la responsabilizzazione del cittadino non più suddito, portatore di diritti inalienabili, nonché legittimo protagonista della vita sociale, politica ed economica del Paese che da uomo libero abita e migliora. Un sistema siffatto, figlio della libera volontà dei cittadini di auto-dotarsi di norme valide e identiche per tutti sulla base di un processo partecipativo che tutti abbracci e nessuno escluda, non fonda il suo dominio né sulla paura evocata da Hobbes né sul rispetto di una immaginifica “volontà generale” indicata da Rousseau. Un sistema siffatto cammina sulle gambe possenti del diritto naturale, riconosciuto in ogni tempo e in ogni luogo come giusto dall’anima razionale impressa nel codice di tutti gli esseri umani. A questo punto chiediamoci: l’Italia di oggi può definirsi “democrazia liberale”? Io dico di no. Viviamo una parvenza di democrazia, nemica della verità e dell’uguaglianza, che si ammanta di un prestigio fasullo che trae linfa dal prevalere del conformismo, dalla consuetudine e dall’inganno. Una democrazia svuotata, fatta di rappresentanti politici slegati dal corpo elettorale, portatori di interessi opachi e plutocratici, trasfigurati da tribuni del popolo a sadico martello che nei fatti umilia, illude e infine tortura la gente più povera e indifesa. Accettata come vera questa analisi, riponiamoci ora con occhi rinnovati l’ultima delle domande avanzate in premessa: Quali strumenti può opporre il singolo cittadino per resistere contro la barbarie istituzionale? Interrogativo sospeso che merita apposito approfondimento. Ci ritorniamo domani.
Francesco Maria Toscano
18/02/2014
Non vedo l’ora. Cerca di non deludere le ottime premesse.
..io dico” con ogni mezzo” …
avrei detto la stessa cosa…
Sì, anche perché la somma di tanti piccoli mezzucci applicati praticamente nel quotidiano è in se un potente strumento. Assai più del singolo gesto eclatante che, compiuto, non ha un seguito.
Importante è non cadere nella trappola del meccanismo mentale del tipo “tanto è lo stesso”. No, non è “lo stesso”, se hai in mente una minuscola cosa da fare, per quanto ti possa sembrare vana o insulsamente irrilevante, falla.
Aggiungo… Purificarsi quotidianamente dalle storture e mistificazioni mediatiche attraverso una sana opera di purificazione intellettuale, attraverso che ne so, meditazione, lettura di classici, come avevi suggerito giustamente tu, moralista, in uno dei tuoi precedenti pezzi…
Credo sia, se non altro, una possibilità…
Romantico vero?!!
[…] che l’Italia di oggi non può a ragion veduta essere definita una “democrazia liberale” (clicca per leggere), ci siamo lasciati chiedendoci cosa possa (e debba) fare il singolo cittadino per opporsi alla […]
A proposito di mainstream, vedere per credere.Il 66% degli italiani è favorevole all’approvazione preventiva dei bilanci nazionali da parte delle autorità europee, uno degli elementi cardine della nuova governance economica europea, a fronte di una media Ue al 58%.:
http://ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2014/02/19/Crisi-sondaggio-Ue-italiani-favorevoli-vincoli-conti_10106866.html
Ieri mi trovavo per strada, nel centro della mia città, ed ho notato gli scarsi passanti. Due ragazze in età da voto conciate con un look underground che era una via di mezzo fra Pippi Calzelunghe e un riccio di mare, ed una coppia di anziani abbondantemente sopra i 75, che si tenevano in equilibrio a vicenda mentre camminavano sul selciato reso scivoloso dalla pioggia. Anche questi, indubbiamente, votano.
Questo testimonia il buon lavoro dei media asserviti: come 80 anni fa, tutti (anzi oggi un pò meno!) felici al seguito dell’alleato germanico
[…] che l’Italia di oggi non può a ragion veduta essere definita una “democrazia liberale”(clicca per leggere), ci siamo lasciati chiedendoci cosa possa (e debba) fare il singolo cittadino per opporsi alla […]
[…] che l’Italia di oggi non può a ragion veduta essere definita una “democrazia liberale”(clicca per leggere), ci siamo lasciati chiedendoci cosa possa (e debba) fare il singolo cittadino per opporsi alla […]
[…] se l’Italia di oggi potesse ancora fregiarsi della patente di “democrazia liberale” (clicca per leggere), addivenendo infine a conclusioni tutt’altro che ottimistiche (clicca per leggere). Superato dalla […]