imagesH1OS8653Un mio commento sui fatti di Crimea, chiosato poi dai Fratelli di Grande Oriente Democratico (clicca per leggere),  ha dato avvio ad un pubblico e acceso dibattito sviluppatosi intorno a questioni decisive come Europa, democrazia e diritti. Vista la delicatezza e la pregnanza degli argomenti trattati, è il caso di promuovere un ulteriore approfondimento nel merito. Partiamo dalla prima domanda: cos’è una democrazia? Da Erodoto in poi sappiamo che è una forma di governo riassumibile con la formula vaga di “governo del popolo”; distinta tanto dall’oligarchia (governo dei pochi sui molti) quanto dalla monarchia (fondata sul potere assoluto del sovrano). Questa  antica classificazione, utile anche ai giorni nostri, va sotto il nome di Logos Tripolikos (clicca per leggere). Seconda domanda: come si articola in concreto l’esercizio della democrazia? I più ingenui credono che la democrazia si esaurisca nel momento elettorale. Sbagliato. La previsione di libere elezioni è precondizione indispensabile, ma da sola insufficiente, della democrazia. Una vera democrazia, capace cioè di prevenire un’eventuale tirannide della maggioranza, si nutre di regole, prassi, procedure e contrappesi che restano in genere fermi rispetto al naturale variare del colore dei governi. Potrebbe, per esempio, una maggioranza democraticamente eletta decidere di impedire la libertà di espressione? Non potrebbe e, nel caso lo facesse, commetterebbe una palese violazione del diritto naturale. Il premier turco Erdogan, ad esempio, per quanto eletto con metodo democratico, ha mostrato agli occhi del mondo la sua natura violenta, illiberale e dittatoriale. Solo un criminale politico, infatti, può pensare di chiudere d’imperio i social network sgraditi al governo (clicca per leggere). Un gesto gravissimo e screanzato, perfezionatosi in un Paese ai confini dell’Europa, che la comunità internazionale dovrebbe contrastare prendendo in considerazione qualsiasi tipo di risposta. In Italia Renzi, anche volendo, potrebbe assumere un provvedimento come quello appena decretato dal volgare Erdogan? No, non potrebbe. E perché non potrebbe? Perché in Occidente, sebbene attaccati, ancora resistono alcuni pilastri democratici. Nuova domanda: quindi, poiché nella Ue (in Grecia la questione non è pacifica) regge ancora il principio che garantisce a tutti la possibilità di esprimersi, questo ci autorizza a riconoscerci come cittadini inseriti all’interno di un contesto pienamente democratico? Io dico di no. Lo svuotamento in atto della democrazia in Europa si muove su un piano binario: il progressivo allargamento dei diritti civili serve per compensare l’evidente assottigliamento di quelli politici, sociali ed economici riconosciuti ai nuovi sudditi che popolano il Vecchio Continente. Per i Paesi che compongono l’area Ue è più corretto perciò parlare di ciarpame oligarchico, miscuglio di presunti ottimati in grado di predisporre una architettura di potere che si auto-legittima, aggirando di fatto il principio della sovranità popolare. L’Europa è oggi ostaggio di un manipolo di neoaristocratici, operanti di fatto in assenza mancanza di mandato democratico (chi consente a Merkel, Barroso o Van Rompuy di decidere cosa è giusto per me?), che si muovono sul filo dell’ambiguità. La questione si ingarbuglia oltremodo nella misura in cui sorge il dubbio circa le vere finalità perseguite dal politburo di Bruxelles per il tramite delle politiche di austerità. Se il problema dell’attuale governance comunitaria dipendesse soltanto da un deficit di legittimazione dal basso, nel qual caso, ne convengo, l’utilizzo di espressioni come “neonazismo tecnocratico”, “sanguinari” e “assassini” suonerebbe certamente stonato, oltreché profondamente indegno e ingiusto. Ma siccome appare oramai evidente pure ai ciechi il fallimento di alcune ricette “neoliberiste”, è lecito domandarsi perché insistano. Perché? Forse perché, per riordinare in senso feudale e schiavista la nostra società, è indispensabile fomentare l’aumento dei suicidi o il ritorno di malattie come la peste e il colera? O forse perché, come ebbe modo di confidare l’ex ministro Riccardi, “il prestigio di quelli come Monti agli occhi della Merkel cresce in reazione all’aumento della disperazione e della sofferenza dei ceti deboli?” (clicca per leggere) Filosofia tra l’altro abbracciata dall’attuale ministro dell’Economia, il massone nazista e reazionario Pier Carlo Padoan, secondo il quale “il dolore produce risultati”? (clicca per leggere). Non sentite l’eco dell’eugenetica nazista, pronta a sacrificare le vita di negri, malati e zingari (magari a malincuore) pur di difendere la purezza della razza? Anche quelli come Monti e Padoan, infatti, si sentono in dovere di difendere parimenti la purezza del bilancio a costo di seminare morti, tragedie e lutti. Poniamoci ora la domanda delle domande. E’ possibile riconoscere la patente di “democratica” ad una classe dirigente che persegue finalità come quelle appena descritte? Il nodo della questione è tutto qui e riguarda noi occidentali. Non la Cina, la Russia e nemmeno la Turchia di Erdogan. Dichiaro, a beneficio di coloro i quali avesse frainteso (per dolo o colpa) il senso della mia precedente analisi sulla Russia, di essere pienamente a conoscenza del carattere dispotico e autoritario del sistema costruito da Vladimir Putin. Né penso, pur interrogandomi sul mio effettivo tasso di ingenuità, che Putin voglia ergersi, per amore di giustizia universale, a difensore delle classi medie e proletarie dei Paesi dell’area euro bastonati dai tecnocrati. Altrimenti, se così fosse, non si spiegherebbe come mai il principale difensore di Putin in Europa risulti essere proprio l’ex cancelliere tedesco Schroder, precursore e responsabile degli attuali disastri europei, non a caso sventolato come un’icona sacra da tutti i giornalai di regimi che predicano tagli ai salari e ai diritti dei lavoratori. Mi sono limitato a sostenere che il ritorno di una dialettica est-ovest, su basi diverse rispetto a quelle che contraddistinsero il secondo Novecento, potrebbe paradossalmente restituire per contrasto nuova linfa all’area euro-atlantica, crogiolatasi pericolosamente sugli allori proprio all’indomani della caduta del Muro, allorquando pensatori sui generis alla Francis Fukuyama vaneggiavano circa la presunta “fine della storia”. E’ nata per davvero una nuova dialettica Nazionalismo/Globalismo in luogo della archeologica e superata dicotomia Capitalismo/Comunismo? Sia essa bene benvenuta. Finirà col farci bene.

    Francesco Maria Toscano

    21/03/2014

    Categorie: Editoriale

    12 Commenti

    1. Rodion scrive:

      Nazionalismo e mondialismo non sono in contrapposizione: sono due facce della stessa medaglia.

      La contrapposizione deve diventare, affinché si generi quell’equilibrio intrinseco nella dinamiche umane, tra “patriottismo” e “globalismo”. L’identità nazione = patria è logica fascista.

      Finché non diventa chiara come l’alba la differenza tra **Patria** e **nazione**, i piddoprogressisti rimarranno i migliori alleati delle cerchie reazionarie.

      Per quante siano le buone intenzioni, chi vuol guarire un malato con un trita carne non otterrà grandi risultati, ed inutile sarà il menar vanto d’esser figli d’Ippocrate.

      Il punto è che i progressisti non hanno ancora capito il perché di questa ecatombe: pare che manchi l’umiltà di ammettere che di strumenti chirurgici non ne capiscono un granché.

      I reazionari sono invece esperti da sempre in lame e usano le mannaie come bisturi: purtroppo hanno l’abitudine di lavorare a cuore aperto, senza anestesia e, i presunti progressisti, collaborano volens nolens prestando quel bel grembiulino rosso che è così cosmetico nella macelleria sociale in atto.

      NO agli eurobond. NO alla moneta unica.

      SI’ all’autodeterminazione fiscale e tributaria. SI’ alla piena sovranità e al rispetto dell’art. 11 Cost.

      Fermiamo la mezzogiornificazione della Culla d’Occidente.

    2. Petronius scrive:

      Quoto:

      “La contrapposizione deve diventare, affinché si generi quell’equilibrio intrinseco nella dinamiche umane, tra “patriottismo” e “globalismo”. L’identità nazione = patria è logica fascista”

      Questa è la chiave di tutto (ma vallo a far capiure alla gente…).
      A mio avviso bisogna solo aggiungere l’ultimo tassello fondamentale e cioè che Patria è un concetto che, al contrario di Nazione, implica la fratellanza delle Patrie e quindi l’idea che la vera autentica Patria è quella degli sfruttati contro gli sfruttatori. Le determinazioni geopolitiche dei confini invece di essere il filo spinato che divide due contendenti sono frutto di quelle specificità culturali e storiche che “danno senso” all’avere un rapporto (mentre l’unico rapporto ammesso dal nazionalismo è di competizione e ricerca del dominio).

      Poi quando partendo da questa importantissima concettualizzazione della idea di Patria si arriverà a capire che il fine ultimo degli uomini è di sentirsi parte attiva di una comunità; quando si capirà che “loro” sono riusciti a far passare l’idea micidiale che invece il fine ultimo è “sfangarla”, “godere del benessere” sostituendo i contentini economici al sentimento profondo dell’appartenenza alla “propria” comunità; allora tutto diventerà possibile.

      Ma il primissimo passo per il risveglio è l’ “incazzatura” e per questo è fondamentale oggi votare Grillo e stabilire buoni rapporti con i loro attivisti.

      • Rodion scrive:

        Ottimo!

        Solo chi ama la propria Patria può amare la Patria degli altri.

        Solo chi ama la propria Cultura può amare quella degli altri.

        Questo è essere europeisti.

        • Petronius scrive:

          Bisogna precisare cos’è questa Patria ossia concettualizzare meglio l’idea di “comunità”.
          Essere religioso e frequentare la propria comunità di fede è avere una Patria ad esempio; e giustamente solo chi ha una Patria può amare le altre Patrie.
          Il dramma della nostra società è che il “popolo” è stato espropriato di qualsiasi senso di appartenenza realmente “suo” per essere costretto ad adorare quello dei dominanti.
          La Patria è solo in parte il “suolo natìo” ma è verissimo che nella prima fase bisognerà richiamarsi anche a quello ma possibilmente senza gli eccessi di determinate associazioni un po’ troppo rigide.

      • Spartaco scrive:

        Il primo passo è l’incazzatura e il secondo è la partecipazione attiva all’interno dei partiti e movimenti. Votare grillo senza far parte del movimento non serve a niente. Iscriviti, lotta dall’interno affinché ci sia democrazia e fallo anche dovesse costarti l’espulsione. La stessa cosa dovrebbero fare quelli che votano PD o PDL. Quelli che rimangono fuori dai partiti o, peggio ancora, che ne fanno parte passivamente, sono i peggiori responsabili di questo sistema. La libertà è partecipazione cantava Gaber e forse è l’unico modo per far vedere il giorno alla democrazia in Italia e in Europa.

        • Petronius scrive:

          Come no. Ci sei mai stato a una riunione di grillini? Non so, a dire che la spesa pubblica potrebbe essere una cosa positiva, che in una crisi di domanda è solo lo Stato che può riattivare l’economia e quindi andrebbe scritto chiaramente nel programma (cosa che non è stata fatta)?
          O a dire che era un errore da parte di Grillo sostenere le riforme del lavoro tedesche?
          Ho dovuto litigare di brutto con la gente che mi guardava malissimo fino a che uno mi ha detto molto incazzato che il M5S segue i suggerimenti di Joseph Stiglitz “l’inventore della mano invisibile” (testuale).
          Sono stato a tre riunioni i primi mesi dell’anno scorso e in quelle condizioni per me è impossibile “materialmente” partecipare (per non dire dell’atteggiamento di diffidenza dei capetti locali che è la cosa più irritante). Va benissimo così, ripeto con convinzione che comunque sia si tratta di gente che si sta svegliando ma non so cosa andrei a fare.
          L’ho già detto qui senza ottenere risposta: se qualcuno mi indica un gruppo 5 Stelle nella mia città disposto a discutere seriamente sono disposto a partecipare e a contribuire (cosa che in piccolissima misura ho già fatto) altrimenti mi limiterò a votare e a suggerire di votare per il M5S.

    3. gio scrive:

      come dice la le pen la sfida attuale è tra identitari e globalisti
      http://www.youtube.com/watch?v=rzFZKxIC72k

    4. …che gente strana gli Europei; disquisisci con loro e manco sanno chi fosse Carlomagno. Parli di Monnet e si confondono col pittore impressionista. Citi Rougemont e abbassano gli occhi. Citi il manifesto di Ventotene e ti permetti di citare Spinelli, sorridono in modo macabro. Consiglio; non citare il Conte Richard Coudenhowe Kalergi, poiché ti prendono per un erede della dinastia dei Vampiri. Ma.. che gente strana gli Europei.

      • Blu scrive:

        Caro Renato guarda che qualche Italiano sa benissimo che Richard Coudenhowe Kalergi altri non è che l’antico ideatore del delirio reazionario che l’europa dei giorni nostri sta vivendo sulla propria pelle. Quanto al pezzo e al suo contenuto mi dispiace per la Fratellanza ma tra i Nazionalisti (o identitari che dir si voglia) e i globalisti io parteggio sempre per i primi. Mi permetto d’aggiungere che gli “”"”"amici”"”" d’oltreoceano dovrebbero smetterla di giocare a risiko sulla la pelle degli esseri umani; la questione sull’Ucraina/Crimea sta tutta qui il resto sono fandonie buone per le carpe.

    5. Laura scrive:

      Come essere umano, non riesco a scrollarmi di dosso la brutta sensazione di essere un topo di laboratorio sulla pelle del quale stanno facendo esperimenti.
      Morirò, sì, ma di letteratura.

    Commenta a Petronius


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    • Chi è il moralista

      Francesco Maria Toscano, nato a Gioia Tauro il 28/05/1979 è giornalista pubblicista e avvocato. Ha scritto per Luigi Pellegrini Editore il saggio storico politico "Capolinea". Ha collaborato con la "Gazzetta del Sud" ed è opinionista politico per la trasmissione televisiva "Perfidia" in onda su Telespazio Calabria.

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