Correva l’anno 1995 quando il termine “inciucio” fece irruzione nel lessico della politica italiana. Il “battesimo” avvenne sulle pagine de “la Repubblica” in un’intervista rilasciata da Massimo D’Alema al giornalista Mimmo Fuccillo.
Da allora, la parola inciucio, è entrata oltre che nel gergo politico, in quello giornalistico e persino popolare, da intendersi come una politica dell’intrallazzo, delle trame, più o meno occulte, tra partiti formalmente opposti ma uniti “sottobanco” nella spartizione del potere.
Dunque si tratta di un neologismo, (nel significato originale napoletano richiama il pettegolezzo delle comari), per descrivere vecchi e pessimi comportamenti politici. Così radicati da spingere il saggista Andrea Leccese a (ri)scrivere la storia d’Italia “fondata sull’inciucio”: dal connubio, al trasformismo, alle svolte, alle larghe intese passando per il compromesso storico.
Un’idea davvero originale quella di Leccese con il suo libro, fresco di stampa, “Inciucio forever. La costante del trasformismo nella politica italiana” (Armando Editore, 2014).
Andrea Leccese espone la sua teoria con puntualità e rigore storico, ma senza rinunciare all’ironia ed al sarcasmo. Così scopriamo che “il connubio Cavour-Rattazzi lo voleva l’Europa”, che il trasformismo, i voltagabbana o le “transumanze” di interi settori del parlamento in soccorso dei governi di turno, non sono storia recente, ma un’antica consuetudine italica.
E la giustificazione è sempre la stessa: l’alto interesse nazionale, la gravità del momento storico, il pericolo delle estreme o del terrorismo.
La lunga storia dell’inciucio non conosce pause. Persino la tragica parentesi fascista non è immune. Interessante a questo proposito rileggere la parabola politica del “traditore” Mussolini (così lo bollò in un suo libro Angelica Balabanoff, socialista ed ex collaboratrice di Mussolini all’Avanti).
Mussolini, ricorda Leccese, fu violentemente avverso all’avventura coloniale in Libia, poi neutralista quando dirigeva l’Avanti e l’Italia si apprestava ad entrare in guerra, per diventare dalla sera alla mattina il paladino dell’interventismo. Motivo? Per alcuni, tra cui l’autorevole giornalista Indro Montanelli, una crisi di coscienza maturata da tempo, per altri, tra questi l’autore (ed il sottoscritto), più realisticamente il profumo dei soldi provenienti dalla Francia.
Nonostante il tradimento alla causa socialista, sembra che Mussolini anche all’indomani della Marcia su Roma coltivasse l’ambizione di coinvolgere nel governo i vecchi compagni, quelli più malleabili s’intende, ma – spiega Andrea Leccese – mentre all’interno del sindacato (CGdL) qualcuno tentennava e si apri un vivacissimo dibattito, la proposta trovò la ferma opposizione “per ragioni morali” del deputato socialista polesano Giacomo Matteotti, che anzi continuò a denunciare le illegalità e le violenze squadriste. Il 10 giugno del 1924 l’Onorevole Giacomo Matteotti veniva sequestrato e barbaramente ucciso dagli uomini della Ceka, la polizia politica di Mussolini.
La “nostalgia” del duce verso i vecchi compagni si ripresentò al tramonto del ventennio, in seguito alla fondazione della RSI. Tra i grandi nomi dell’epoca solo l’ex socialista e comunista Nicola Bombacci rispose all’appello, tutti gli altri avevano capito che si trattava dell’ennesima illusione, dell’ultimo rantolo di un regime senza speranza.Leccese, nel suo libro, non fa sconti a nessuno. Sotto processo finiscono non solo i governi dell’epoca liberale e il fascismo, ma anche Togliatti per la svolta di Salerno finalizzata a trovare un’intesa con i partiti antifascisti; e persino il beneamato e compianto Enrico Berlinguer per il “compromesso storico” tra PCI e DC.
A questo punto è chiaro il pensiero di Andrea Leccese: favorevole all’alternanza e contrario alle “ammucchiate” e ai governi d’emergenza, unica via per porre fine all’infinita transizione italiana. Però bisogna riconoscere all’autore onestà intellettuale, infatti non manca di sottolineare alcuni benefici prodotti dall’ “anomalia italiana”. Si pensi all’opera di ammodernamento del paese di Cavour; al coinvolgimento della media e piccola borghesia voluto da Depretis per favorire lo sviluppo economico; l’allargamento del diritto di voto di Giolitti; ed infine il governo di “solidarietà nazionale” che vinse il terrorismo ed evitò il tracollo dell’economia italiana.
Chiude il libro un’interessante intervista con l’ultimo segretario del PCI e primo segretario del PDS Achille Occhetto, ma non aggiungo altro per non svelarvi tutto. Buon inciucio…
Emanuele Bellato
“il governo di solidarieta’ nazionale che vinse il terrorismo ed evito” il tracollo dell’economia italiana”????
Mi dispiace essere in disaccordo con te, ma l’inciucio (cosiddetto) fa parte un po’ di tutti i Popoli, direi addirittura dell’animo umano (di cui, guarda caso!!, la politica si occupa oggi con “sospetto” eccesso di zelo…)
Emanuele ti invito a riflettere sulle cause-effetto che determinano oggi uno stato di cose che assomiglia ad un’esperimento sociologico (Zimbardo) più che ad un problema culturale e politico… È da quando sono nato (35 anni fa…) che sento parlare di cultura dell’affarismo italico, dell’intrallazzo e così via…
Guarda caso chi mi parla di vizi italici e virtù straniere (parlo in generale ovviamente…) nella migliore delle ipotesi ha fatto un viaggio all’estero per la gita scolastica di terza media…
Meditiamo gente!