untitledHo provato sgomento e orrore nell’assistere all’uccisione del povero Eric Garner da parte dell’agente Daniel Pantaleo (clicca per leggere). I neri uccisi dalla brutalità gratuita che alligna all’interno delle forze dell’ordine a stelle e strisce non si contano più. Sembra di essere tornati al tempo dell’apartheid, quando ai neri era proibito perfino di prendere il posto ai bianchi sui mezzi pubblici. Mi chiedo a cosa siano servite le battaglie di Rosa Parks e Martin Luther King. Mi chiedo a cosa serva esprimere un presidente di colore come Barack Obama, o un sindaco di New York sposato con una donna dalla pelle scura come Bill De Blasio, se i risultati sono questi. Più del barbaro e gratuito omicidio di Garner, chiunque può in astratto finire vittima delle azioni di un sanguinario carnefice, sgomenta la decisone del Gran Giurì di non incriminare il killer Pantaleo. In pratica la giustizia americana riconosce a qualsiasi bianco il diritto di uccidere e torturare gli uomini neri. A ben vedere infatti l’elemento veramente dirimente che caratterizza tale infame vicenda non concerne tanto il rapporto guardia/ladro, quanto quello bianco/nero. Come dimostrano le immagini dell’assassinio, Garner è assolutamente inoffensivo e disarmato. Una volta scaraventato in terra da quella belva assetata di sangue che risponde al nome di Daniel Pantaleo, Eric grida perché sente di poter morire soffocato. Cosa che puntualmente avverrà di lì a poco. Quale molla concettuale consiglia a Daniel Pantaleo di infierire sul corpo del povero Eric Garner? Di certo non la paura di poter finire sopraffatto dal presunto contrabbandiere di sigarette, chiaramente inerte e innocuo. La molla che spinge Pantaleo ad uccidere per sport Garner va quindi cercata altrove. Credo di poter affermare con ragionevole certezza si tratti di una molla specificatamente etnica e razziale. Garner muore non perché pericoloso ma perché ha osato disobbedire all’ordine dell’uomo bianco. La sua palese insubordinazione merita il massimo della pena anche e soprattutto a scopo intimidatorio e  paradigmatico. I neri sappiano, questa la morale insegnata da questa triste storia, di essere sempre e comunque  nel mirino. Qualunque legge o normativa formalmente calibrata su un’ idea di beffarda uguaglianza finirà perciò puntualmente con il disintegrarsi contro una consuetudine di fatto, volta per l’eternità a garantire il mantenimento della supremazia della razza bianca, lesta nel mantenersi presuntivamente “pura” spargendo ritualmente il sangue di etnie intimamente reputate indegne e inferiori. C’è qualcosa di oscuro e perverso nell’uccisione di Garner, qualcosa che va ben oltre il concetto di sicurezza e ordine pubblico. Qualcuno giustamente dirà che gli omicidi in divisa, di regola impuniti, non sono di moda solo negli States. L’Italia ha conosciuto i casi Uva e Cucchi, e persino un adolescente, Federico Aldrovandi, ha finito i suoi giorni massacrato di botte da alcuni agenti incontrati per caso. In Italia abbiamo inoltre assistito ai fatti di Genova del 2001, quando una gerarchia militare pianificò una spedizione punitiva a freddo contro pacifici manifestanti in stile “notte dei lunghi coltelli”. Tutti fatti orribili, figli di condotte non meno turpi di quelle messe in pratica dal poliziotto americano Daniel Pantaleo. Ma mentre le vittime colpite in Italia dalla furia dell’autorità rispondono perlopiù ad una logica corporativa e fascista che sorvola le appartenenze etniche (Uva, Aldrovandi e Cucchi non appartenevano infatti a nessuna minoranza razziale), quelle brutalizzate oltre Oceano risultano quasi sempre accomunate dallo stesso colore della pelle. Evidentemente i germi in decomposizione del cadavere nazista, sotterrato settanta anni fa, hanno oramai abbondantemente infettato il corpo sano delle democrazie liberali occidentali.

    Francesco Maria Toscano

    5/12/2014

    Categorie: Esteri

    12 Commenti

    1. Stefano Sandri scrive:

      Caro Francesco, questo commento è a mio parere il migliore che
      hai scritto da quando ti leggo, ti faccio i complimenti e concordo in pieno, aggiungo che credo ci sia una manina
      che cerca la provocazione per motivi che immagini bene….
      una manina comunque che pesca in un bacino immenso di
      razzisti USA, hai perfettamente ragione.

    2. davide scrive:

      non vorrei che la crisi risponda alla stessa logica ovvero quella di garantire il mantenimento della supremazia economica da parte delle lobby euro-atlantiche che si reggono sul neoliberismo sfrenato predicato a wall street nonchè alla city di londra e a bruxelles…basta pensare a come vengono presentate al pubblico nazioni come cina e india nonchè la russia…e senza contare le solite parole del tipo competitività, flessibilità e produttività che stanno ad indicare semplicemente lavorare il più possibile(in termini di ore giornaliere) e senza alcun diritto…

      • Gianluca scrive:

        Vivere per lavorare, o lavorare per vivere?
        La cultura americana liberista, purtroppo, vede gli uomini come rotelline imbabolate anche da fast food, sport e tv spazzatura.

    3. S.Villa scrive:

      Mi piacerebbe sapere a quale cricca e di quale orientamento appartiene il Gran Giuri’,secondo me ci sarebbero delle belle sorprese….

    4. Gianluca scrive:

      Bell’articolo che condivido in pieno.
      C’è un però… che sfugge completamente all’articolo: la cultura di violenza totale che impregna la società americana. Nei mass media, al cinema come nel piccolo schermo. Poco tempo fa ho letto, in una battuta, una cosa del tipo “la polizia americana uccide in un anno, quello che la polizia inglese non ha ucciso nella sua storia”…
      Poi c’è anche un clima da competizione che porta sempre più uomini alla follia e alla brutalità.

    5. Enza Sirianni scrive:

      Grazie, Francesco, per avere ricordato quel povero gigante atterrato e soffocato a terra da uomini affetti dalla banalità del male. Condivido tutto. Mi permetto di chiudere con una frase di uno dei miei scrittori preferiti, Edoardo Galeano. Perchè tali crimini hanno queste sole certezze : l’ingiustizia e l’impunità.
      “Nel Salvador, l’arcivescovo Oscar Arnulfo Romero constatò che la giustizia, come il serpente, morde solo gli scalzi. Lui morì a colpi d’arma da fuoco, per aver denunciato che nel suo paese gli scalzinascevano condannati in partenza, colpevoli di esser nati.”( da Scusate il disturbo)

    6. enzo adamo scrive:

      quando il nazismo approderà negli usa, verrà chiamato “democrazia” (B. Brecht)

      • Gianluca scrive:

        Naturale… non penso che nella Germania nazista ci fossero grossi media “vivi” apertamente schierati contro il regime. Per questo non ho mai creduto in un mondo a voce unica…

    7. Ovidio G scrive:

      Pur concordando con l’intervento, mi permetto di dire che qui il cadavere nazista non c’entra tanto.

      Il divario etnico negli Stati Uniti e’ sempre esistito, gia’ un secolo prima del nazismo, non si possono non e non si devono confondere le due cose a mio avviso. Entrambe da condannare, ma con storie e contesti storici e sociali diversi.

      Lincoln pago’ con la vita, cosi’ anche Martin Luther King, il voler garantire ai neri americani gli stessi diritti della popolazione bianca. Strano che non venga menzionato il Sudafrica nell’articolo, quello era un parallelo doveroso a mio parere, non il nazismo.

    8. Emilio scrive:

      Anche io come Gianluca, le cause di tutto cio’ le vedo nella cultura di violenza che impregna la società americana e di riflesso tutto il mondo occidentale. Al cinema, in TV come nei videogiochi da decenni vengono promossi stili di vita completamente innaturali. Gli individui sono immersi fin sopra la testa in questo stupido spirito di competizione, di antagonismo, per cui l’individualità viene estremizzata tanto da sabotare qualsiasi tentativo di costruzione di una collettività sana. Le cause della tragedia di Eric Garner, sono da attribuire a mio avviso a tutta una serie di elementi diabolici ormai in auge da qualche decennio a questa parte. La spettacolarizzazione di lavori come quelli del poliziotto nelle tv americane, la promozione di reality show in cui gente comune e mediocre spesso senza talento guadagna notorietà, i finti riflettori di un social network come Facebook usati dai più per mostrare l’ultima auto, le ultime fantastiche vacanze, l’ultimo fantastico smartphone (una specie di passeggio della domenica mattina all’uscita dalla messa, con l’unica differenza che qui il passeggio dura 24 ore su 24, 7 giorni su 7) fa si che i mediocri si sentano finalmente riscattati, liberi di vivere finalmente in un mondo dove l’ignoranza non e’ più cosa negativa. Un esercito di imbecilli esagitati e reazionari si sentono da qualche anno a questa parte delle superstar, e questo fenomeno sta intaccando tutti gli strati della società, e conseguentemente anche le varie professioni, tra cui quelle del poliziotto. Mi fa rabbia, tantissima rabbia guardare il video di quella che e’ a tutti gli effetti un’esecuzione. Coloro che vedo infierire su Eric Garner in quel video, sono degli imbecilli. Nient’altro che degli imbecilli.

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