untitledPremetto di non nutrire una grande simpatia per Matteo Salvini, leader leghista da poco calatosi con successo nei panni del difensore dell’unità nazionale. Non posso però ignorare un evidente dato di fatto: di fronte al fallimento di una globalizzazione tecnocratica e affamante era normale aspettarsi il rapido emergere di forze in grado di offrire rappresentanza politica ai tanti che coltivano legittimamente i concetti di patria e tradizione. Il sistema informativo dominante, d’altronde, ha tutto l’interesse ad accreditare l’esistenza in vita di una dialettica che si regge su una falsa dicotomia: o questa Europa (effettivamente matrigna e antidemocratica) o il recupero impetuoso delle singole identità nazionali (modello Putin/Le Pen). In realtà le ipotesi sul piatto realmente possibili sono allo stato perlomeno tre: a fianco della difesa acritica di questa Ue infame, e in aggiunta al sogno un po’ demodé tendente a magnificare la riscoperta del focolare domestico perduto, esiste anche la posizione di chi, come il Movimento Roosevelt, combatte per realizzare al più presto una globalizzazione diversa, in grado cioè di rendere effettivi in ogni angolo del pianeta gli immortali principi cristallizzati all’interno della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo, approvata dall’assemblea generale delle Nazioni Unite nel dicembre del 1948 grazie alla tenacia e alla lungimiranza di Eleanor Roosevelt. Ricapitolando quindi, al netto delle stucchevoli contrapposizioni destra/sinistra oramai svuotate di senso e di contenuto,  le principali posizioni politiche distinguibili e riconoscibili presenti all’interno dello scacchiere nazionale e sovranazionale sono al momento perlopiù le seguenti:

    1)      Posizione di chi difende nei fatti la costruzione dell’Europa attuale, oligarchica e schiavista, fondata su un modello di governance che nega impunemente il principio della sovranità popolare.

    Sicofanti e farisei sponsor di una simile e meschina progettualità, spesso ammantata di ipocrita idealità da parte di media corrotti e/o compiacenti, sono principalmente i partiti di governo (Pd e Ncd) e quelli di finta opposizione (Forza Italia), tutti insieme appassionatamente fin dai tempi dello sbarco del marziano Mario Monti, catapultato nelle stanze del potere italiano nel novembre del 2011 per volontà infallibile del mai tanto rimpianto caro leader Giorgio Napolitano (Nap-Olì-Tan, in coreano).

    2)      Posizione di chi spinge per l’uscita dall’euro ed il recupero immediato di una sovranità nazionale ora umiliata da un manipolo di manigoldi di stanza a Bruxelles e a Francoforte.

    Si tratta in pratica della proposta veicolata oggi in Italia dai leghisti di Salvini, dai Fdi di Meloni e, in parte, dal Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, divenuto ultimamente sul punto meno ondivago. Pur risultando certamente più degna della prima, anche questa seconda opzione appare francamente poco risolutiva. Da un lato stupisce la disinvoltura con la quale Salvini e soci passano con nonchalance dall’odio per il tricolore alla difesa dell’interesse nazionale; mentre dall’altro appare francamente velleitario il tentativo di risolvere problemi sovranazionali abbracciando la prospettiva angusta del recinto nazionale. In ogni caso, pur dubitando sulla reale onestà intellettuale degli interpreti in carne ed ossa di questa repentina svolta “lepenista” in salsa italica, è giusto sottolineare come effettivamente una larga e crescente fetta di società sia alla ricerca di uno sbocco partitico in grado di rappresentare un simile indirizzo politico.

    3)      Posizione di chi crede nella globalizzazione dei diritti e delle opportunità, anziché di quella che riguarda in via esclusiva merci e capitali.

    E’ la posizione nostra, la posizione cioè di tutti gli avanguardisti soci fondatori che si incontreranno per la prima volta a Perugia il 21 di Marzo per tenere a battesimo il Movimento Roosevelt, unica seria, forte, nobile e strutturata alternativa generosamente offerta ai tanti cittadini che non intendono farsi incasellare dal sistema all’interno di una prospettiva limitata, quella cioè che contempla soltanto la possibilità di optare tra il recupero del nazionalismo o la difesa dell’esistente. “La libertà”, diceva il filosofo Theodor Adorno, “non consiste nel poter scegliere fra il bianco e il nero. Ma nel sottrarsi a questa scelta da altri prescritta”.

    P.s. Invito tutti i lettori de Il Moralista ad iscriversi al “Movimento Roosevelt” in vista del primo congresso nazionale che si terrà a Perugia in data 21 marzo 2015. Il modulo per aderire lo trovate in alto a destra

    http://www.movimentoroosevelt.com/

    Francesco Maria Toscano

    2/03/2015

    Categorie: Editoriale, Politica

    61 Commenti

    1. Andrea Franco scrive:

      Buona sera,
      detto che in linea di massim la posizione di partenza generale e la propsota di “globalizzazione umana” – a lungo termine -di MR appaiono,almeno ame, condivisibili, bisogna peraltro interrogarsi sul 2che fare” nel breve-medio termine. Per esempio: come comportarsi gli obblighi Eu sul bilancio e le continue revisoni di spesa,, cosa pensare della Banca Centrale Europea e sulla questione “prestatore ultima istanza”, se valga la pena battersi per l’emissione degli eurobonds ed in fondo…. cosa fare dell’euro? Magari combattere per una “rivisitazione europea” del Glass-StegallAct quale mezzo per “tagliare le unghi” 2 al sistema bancario….Insomma..quali le proposte diMR per l’oggi e il domani piu’ vicino? Sono già state elaborate ? Sono in fieri? Poi u rilievo…quel “generosamente offerta” mi sa un po’ di “medievale”….

    2. … ” è giusto sottolineare come effettivamente una larga e crescente fetta di società sia alla ricerca di uno sbocco partitico in grado di rappresentare un simile indirizzo politico”.

      Condivido, e altresì rilancio in senso che il POPOLO; impari a essere auto-sufficiente e dia il giusto peso alla potenzialità del nuovo Potere ritrovato, a prescindere dalla ex-ideologia di appartenenza. Un abbraccio fraterno per il medesimo bene comune. Auspico! Lunga vita!

    3. Mi ricollego alle ultime condivisibili domande del commento precedente di Andrea Franco:

      “…quali le proposte di MR per l’oggi e il domani più vicino? Sono già state elaborate? Sono in fieri? Poi un rilievo… quel “generosamente offerta” mi sa un po’ di “medievale”,

      per domandare a mia volta: “generosamente offerta” da chi? Cioè in pratica chi ha scritto il programma di MR? Ad oggi conosciamo solo Gioele Magaldi, eminente fondatore del Grande Oriente Democratico, ideologo, riformatore,sedicente portavoce di voci sconosciute; e Francesco Maria Toscano, valente ed ironico giornalista, oratore, blogger.

      Inoltre sarei curioso di conoscere la GENESI di questa pregevole iniziativa. Dobbiamo aspettare il 21 marzo per saperne di più?
      Grazie.

    4. Junius scrive:

      Considerando con un simpatico sorriso il punto 3, mi ha interessato:

      «Posizione di chi crede nella globalizzazione dei diritti e delle opportunità»

      Ci sto.

      Con una riflessione: sono figlio di “hippie”, hippie che con capelli lunghi, baffi e Fiat 500 si son girati Europa (est compreso) e Medioriente. Lo hanno fatto nonostante frontiere, passaporti, decine di lingue incomprensibili e altrettante valute… e lo raccontano ancora oggi, da pensionati, come l’esperienza più entusiasmante della loro giovinezza.

      Inutile dire che il trend di democratizzazione e socializzazione era opposto all’attuale era low-cost della globalizzazione voluta da ***tutta*** l’upper-class (ripeto: upperclass) neoaristocratica e liberale.

      (Che per quel che mi riguarda sono due facce della stessa medaglia: gli opposti complementari)

      Negare il trade-off ***dimostrato*** con teoremi da Dani Rodrik o Amartya Sen tra annientamento delle sovranità statali e democrazia, ormai rasenta l’ultimo baluardo al sostegno dell’ordine esistente.

      I due teoremi, da angoli diversi, dimostrano quindi che “o globalizzi i mercati – facendo saltare gli Stati nazionali – o glabalizzi i diritti sociali”.

      (Che poi sono solo la formalizzazione scientifica dell’evidenza che nel momento in cui fai “saltare le frontiere”, fai saltare anche “dogane e controlli”, cioè le uniche “membrane” che permettono la regolazione dei movimenti dei fattori della produzione: a partire dal destabilizzante – anti-keynesiano- movimento di capitali, a finire con la cacogenetica sezionalizzante della migrazione del fattore lavoro)

      Quindi, se vuoi globalizzare diritti e opportunità, NON vuoi la globalizzazione dei mercati, quindi non vuoi grandi-nazioni-grandi-mercati-perché-fuori-c’è-la-Cina, ma vuoi la “dispersione” del “potere sovranazionale”, e combatterai per la “concentrazione di sovranità democratica” in territori sempre più piccoli e con mercati e “culture” sempre più omogenee: riducendo di pari passo le dimensioni degli eserciti e scoraggiando l’imperialismo (che non ha geneticamente nulla a che fare con il nazionalismo, come insegna la Storia).

      Maggiore è la democrazia, minore è la propensione coloniale e imperiale.

      Questo è poi il senso degli artt. 1, 4 e 11 Cost.

      (Sempre ricordando come la splendida Dichiarazione rooseveltiana del ’48 HA PRESO A PIENE MANI dalla Carta Italiana! Questa sconosciuta!)

      Chi sceglie per il Manifesto di Ventotene, notoriamente “dettato” dal neoliberista Einaudi (astenersi negazionisti dell’ovvio, e leggersi i “Diari” di Spinelli per i San Tommaso), sceglie la “globalizzazione dei mercati”.

      Pensare come si vuol “ingenuamente” far passare nel terzo punto, che la condizione di diffusione dei diritti sociali sia in qualche modo connessa allo smantellamento delle sovranità nazionali, è come dire che asportando i tessuti dagli organi, il corpo umano – “unito” – funziona meglio…

      Più chiaro di così non si può: o vuoi la KEYNESIANA repressione finanziaria, o vuoi l’ideologia neoliberale di Ventotene, anti-sovranità e, QUINDI, pro-mercato.

      Tertium ianitor.

      • Gio scrive:

        Attenzione a parlare con troppa leggerezza di “diritti sociali”. Si rischia di commettere gli stessi errori fatti nel recente passato. Oggi parliamo quasi come se non esistesse una Costituzione italiana (avanzatissima) che tali diritti riconosce e tutela. Allora perchè e come, è stato possibile la progressiva rimozione (meglio sarebbe parlare di mutazione/involuzione) delle tutele sociali?

        Con l’espressione diritti sociali bisogna intendere: “l’insieme delle norme attraverso cui lo Stato attua la funzione equilibratrice e
        moderatrice delle disparità sociali, allo scopo di “assicurare l’eguaglianza delle situazioni malgrado la
        differenza delle fortune”. E “poiché gli ostacoli
        di ordine sociale ed economico ad una piena eguaglianza sono mutevoli ed in larga parte non
        prevedibili, il compito di rimozione da parte del legislatore non può mai dirsi esaurito, richiedendo
        piuttosto un perdurante sforzo di ricognizione dei bisogni e di adeguamento dei mezzi per il loro
        soddisfacimento.”
        La necessità di distinguere il complesso dei diritti sociali dalle prestazioni assistenziali (quali reddito di cittadinanza, pensione minima ecc) ed ogni altra prestazione CARITATEVOLE è FONTAMENTALE!

        Queste ultime sono funzionali all’assetto ideologico che informa attualmente l’unione europea. E sono utilizzate come strumento per mitigare le distorsioni del mercato. Questa è carità, non tutela sociale sostanziale.Funzionali al liberismo, inoltre, sono anche i c.d. “diritti cosmetici” quell’insieme indistinto di “libertà e parità” che per quanto siano da considerare senza dubbio cose giuste e meritevoli di tutela non costituiscono una “preoccupazione” per il mercato: parità nei rapporti uomo-donna, libertà relative all’ identità sessuale, parità di genere ecc ecc. Quanto negli ultimi tempi l’informazione si è dedicata a questi aspetti? La tutela di tali diritti viene sbandierata come conquista di civiltà da tutti i tecnoburocrati europei solo perchè non sono dannosi per l attuale paradigma. I diritti sociali, al contrario, insidiano il mercato, pongono limiti. Da notare come a più riprese anche l’europa e Draghi ci abbiano chiesto di modificare gli art 40 e 41 della nostra Cost.

        • Ciao Gio!
          Una precisazione sul reddito di cittadinanza:

          un discorso serio in merito dovrebbe essere posto al di fuori dell’ambito meramente assistenziale dominato comunque del circuito monetario monopolizzato dall’ente banca centrale o ente stato che sia.

          Citando Keynes:
          “Il proprietario del capitale può ottenere l’interesse perché il capitale è scarso, così come il proprietario della terra può ottenere la rendita perché la terra è scarsa. Ma mentre ci possono essere ragioni intrinseche per la scarsità di terra, non vi sono ragioni che possono giustificare la scarsità di capitale”
          (J.M.Keynes, The General Theory of Employment, Interest and Money, McMillan, London, 1936, cap. 24, p.392).

          http://quaderni.sanprecario.info/2014/02/monete-digitali-criptomonete-e-circuiti-finanziari-alternativi-portare-lattacco-al-cuore-dello-stato-pardon-dei-mercati-finanziari-di-andrea-fumagalli/

          • Gio scrive:

            ciao Leopoldo,

            l’idea del reddito di cittadinanza non mi trova favorevole per diverse ragioni. Interessante la tua obiezione, conosco questa considerazione keynesiana, però in merito a tale valutazione, il capitale, secondo me, non può mai essere un fine, ma solo un mezzo.

            Sarebbe pertanto più giusto, a mio avviso, mettere i cittadini in condizioni di produrre reddito da lavoro, anche attraverso l’intervento dello Stato. Per consistenza e valore il reddito di cittadinanza non avrà mai la funzione di incrementare i consumi ne tanto meno quella di assicurare un’esistenza dignitosa. Ha come fine il solo capitale. Il diritto (al reddito di citt.) non avrebbe altro contenuto che la prestazione da parte dello Stato di un reddito minimo per la sussistenza, mentre la spesa pubblica dello stato dovrebbe essere produttiva.
            La logica dell’assistenza è connaturata al sistema liberista, ne costituisce parte integrante nel momento in cui solo la prestazione assistenziale può, in essa, trovare giustificazione, mentre la prestazione statuale volta ad una sostanziale esplicazione dei diritti sociali NO! perchè implicherebbe la supremazia di quest’ultimo sul libero mercato. Anche Von Hayek parlava di reddito di cittadinanza! E’ uno strumento spuntato, per nulla incisivo. Garantire il diritto al lavoro inteso come assiologicamente orientato ad un regime di piena occupazione risulta un meccanismo più efficace ed efficiente per la tutela e lo sviluppo pieno della persona, ricollocando quest’ultima in una posizione di supremazia rispetto al mercato.

            Esempio: nelle sentenze della Carte di Giustizia dell’UE, a seguito del c.d. “bilanciamento” tra i vari principi in gioco necessario per giungere ad una conclusione della vertenza, mai i diritti del lavoratore hanno la meglio sul mercato. Mai! E tutto è giuridicamente coerente con il sistema ordinamentale dell’UE. il reddito di cittadinanza non giocherebbe nessun ruolo decisivo in merito, anzi, il contrario. Il lavoratore che in più può beneficiare dell’assistenza UE attraverso il redd. di citt. deve solo star zitto.

            Bisogna mettere le persone nella condizione di lavorare! Non di ricevere moneta dalla Stato. Il lavoro e le sue tutele come obiettivo.

          • Gio scrive:

            Inoltre… “Ma mentre ci possono essere ragioni intrinseche per la scarsità di terra, non vi sono ragioni che possono giustificare la scarsità di capitale”

            Intesa come una manovra ciclica l’impostazione keynesiana trova tutti favorevoli. Ma solo se ciclica e non permanente.
            Infatti, oggi, sarebbe sufficiente fare una piccola ricerca sulla quantità di moneta in circolazione e l’intero PIL mondiale. Ne risulterebbe che la massa di moneta in circolazione (mi riferisco ai numerini sui terminali delle banche non solo alla carta, per intenderci) è di gran lunga maggiore rispetto al valore del PIL mondiale.

      • Junius scrive:

        I miei più sinceri complimenti a Gio.

        Bravo.

        Credo che la domanda su come mai son saltate le Democrazie costituzionali anti-liberali sia stata puramente retorica: tramite il “vincolo esterno” voluto dagli europeisti: ovvero l’euro.

        Per imporre il neoliberismo (e la conseguente austerity) negli ordinamenti liberali anglosassoni son bastati Reagan e la Thatcher: per le democrazie costituzionali è stato necessario imporre la moneta unica e la cultura autorazzista della rinuncia alla sovranità.

        Ottimo anche la chiarezza con cui hai argomentato la “superiorità” dei diritti sociali rispetto alla libertà, all’eguaglianza e alla fraternità formale su cui si fonda tanto l’imperialismo anglofono quanto quello francofono.

        Infatti anche la Dichiarazione rooseveltiana del ’48, NON È FONDATA SULLA RETORICA LIBERAL-LIBERTARIA: è fondata sulla DIGNITÀ dell’Uomo, come la nostra Costituzione.

        Ti appunto solo una certa “concisione” sull’importanza del lavoro, che va oltre al garantire la piena occupazione e la domanda aggregata necessaria per lo sviluppo della società umana.

        Il Lavoro è, da un punto di vista antropologico e psico-sociologico, anche quell’insieme di “ATTIVITÀ” e “FUNZIONI” che permettono di inserire in una rete di RELAZIONI l’individuo nella società. Ovvero si sancisce l’indissolubilità IDENTITARIA per cui “il ME oggetto, necessita un terzo LUI perché esista un IO soggetto”: cioè non esiste un IO senza un NOI.

        L’IDENTITÀ che nasce dal principio relazionale e solidaristico: il socialismo contrapposto all’individualismo liberale a matrice anglosassone.

        Il lavoro diventa lo strumento principale per il pieno sviluppo della persona umana.

        Questo è il motivo per cui nel XX secolo viena abbandonato come principio portante dell’ordinamento “la libertà di procurarsi la felicità”.

        Si adotta il principio fondante di DIGNITÀ UMANA strettamente connessa AL DIRITTO-DOVERE del LAVORO.

        Il socialista Lelio Basso lo spiegò memorabilmente al “liberale” Piero Calamandrei in fase Costituente.

        • Gio scrive:

          Esiste una cosa di non poco conto che accomuna l’Illuminismo e la teoria economica di Von Hayek: la concezione della proprietà privata. Per gli illuministi (così come per von H.) la proprietà privata è da considerare un diritto assoluto, inconculcabile.
          Tale visione mutò col tempo fino a trovare un ragionevole ridimensionamento nella nostra Carta costituzionale che, delineando il profilo di uno stato sociale di diritto, rappresenta una perfetta sintesi di valori liberali ed istanze solidaristiche. E’ sufficiente osservare la disciplina degli art. 40 e 41 per capirlo.Fin qui nulla di nuovo.

          Cito:”Il Lavoro è, da un punto di vista antropologico e psico-sociologico, anche quell’insieme di “ATTIVITÀ” e “FUNZIONI” che permettono di inserire in una rete di RELAZIONI l’individuo nella società. Ovvero si sancisce l’indissolubilità IDENTITARIA per cui “il ME oggetto, necessita un terzo LUI perché esista un IO soggetto”: cioè non esiste un IO senza un NOI.”

          Assolutamente condivisibile.

          Inoltre, per tornare alla nostra Cost. quest’ultima offre un certo margine di manovra all’interno del quale possono essere implementate sia visioni liberali che socialdemocratiche. Sarebbe interessante che tutti leggessero e studiassero i lavori preparatori, la
          e transazioni ed i compromessi che i nostri padri costituenti trovarono per ogni singola formulazione degli articoli di legge. Insomma la c.d. interpretazione autentica costituzionale sarebbe un’ottima base da cui partire per meglio comprendere il significato di quelle norme. Es. fondare la Repubblica sul lavoro, non è una formulazione idiota, vaga o inutile, ma una chiara dichiarazione di intenti. Un obiettivo da raggiungere.

          La nostra Costituzione, inoltre, ha ben chiaro cosa sia l’economia di mercato. La riconosce e la tutela mettendo però al centro dell’intero sistema di tutele costituzionali la persona. Spesso, facciamo confusione tra due concetti fondamentali: ECONOMIA DI MERCATO (è la produzione di beni e servizi a determinare la circolazione della ricchezza, non più la rendita fondiaria) e LIBERO MERCATO, il dramma risiede proprio in quella parolina lì: “libero” che nella sua comune accezione se riferito alle persone è una cosa grandiosa ed encomiabile, ma declinato in chiave meramente tecnico/economica può creare seri problemi di compatibilità con un sistema costituzionale come il nostro. Es. il libero mercato non ammette DISTORSIONI ( che a leggere sta parola pare subito brutta) invece le c.d. distorsioni sono (nella maggior parte e con le dovute distinzioni) proprio quegli interventi statuali che assicurano l’attuazione dei diritti sociali.

          • Andrea Franco scrive:

            Esiste da diversi decenni una idea alternativa, per ripartire dai principi della Rivoluzione Francese, messi, però, ognuno al loro posto e non mischiati caoticamente come nello stato quale lo consociamo. Libertà (Cultura; Attività dello Sprito e quindi educazione,insegnamento ecc.) Eguaglianza (Dirito,Politica ecc.) Fraternità (Sfera Economica,laddove, nei tempi moderni, volenti o nolenti, tutti “facciamo cose” per altri esseri umani, a meno di farsi da soli scarpe,computer,ombrelli o dentifrici da …).E?l’idea di fondo della “Triarticolazione dell’Organismo Sociale” , elaborata da Rudolf Steiner,filosofo,pedagogista, , esoterista ed “eretico cristiano”nel 1917-23 (“I punti essenziali della questione sociale” “I capisaldi dell’Economia”) affrontata da Adriano Olivetti nel secondo dopoguerra ( “L’Ordine politico della Comunità”) , studiata da un economista “eterodosso” come Geminello Alvi “Le seduzioni economiche di Faust” “L’Anima e l’Economia” http://www.laconfederazioneitaliana.it ) Qualcosa di estremamente urgente, a livello non solo europeo..

            • Junius scrive:

              @Andrea Franco

              Caro Andrea, non c’è peggior danno intellettuale che inquinare l’epistemologia con l’esoterismo.

              Chi ha iniziato a farlo a metà ottocento sapeva bene dove andava a parare.

              Una mente sana e organizzata sa riconoscere i campi d’azione in cui le varie discipline operano e, soprattutto, tiene sempre in luce il progresso storico.

              In Europa è oltremodo urgente recuperare i principi fondamentali delle società fondate sulla scienza macroeconomica moderna e su duemila anni di etica sociale giudaico-cristiana.

              Le peggio atrocità dell’umanità sono state commesse proprio anteponendo “l’esoterismo” al lume delle scienze sociali.

              E te lo dice chi Steiner lo apprezza….

              • Andrea Franco scrive:

                Guarda temo di essere in totale disaccordo…l’”espistemologia” ovverosia la pratica ( e non la teoria astratta,questo il punto) della conoscenza porta a “alzare il velo di maya” e quindi nel campo che si è chiamato “esoterico” proprio per questa sua profondità.. . Detto alla buona:Steiner ed i suoi questo hanno fatto, ovverosia portare l”al di là” nell’”al di qua”. Ma naturalmente esiste un vastissimo campo di “esoterismi” ritualistici, e non compresi quelli massonici, che nulla portano di buono..(secondo Magaldi alcuni mostrano tutto il contrario… )
                Il conflitto tra “gnosis” e “pistis” è allora stato necssario nell’evoluzione della storia europea onde sviluppare la razionalità libera da preconcetti (..ma oggi agli antichi preconcetti chiesastici si sono ampiamente sostituiti quelli “tecnoscientifici”…) ed oggi, dopo che la civiltà della “macchina” e del “congegno” nata da quello sviluppo ha mostrato i suoi limiti e i suoi pericoli-a volte terrificanti è necessario-ad avviso non solo mio- quello “shift in consciousness” di cui, per l’appunto Steiner è stato il poderoso iniziatore. E credo che il ns. Magaldi se ne renda conto, visto che parla di fondare una “filosofia dello Spirito” (pneumofilosofia) come base….

              • @ Andrea: credo che dobbiamo entrare ancora più dentro a questa “crisi” epocale per poter affrontare con sufficiente seguito quest’argomento fondamentale.
                Prima necessità: togliere la concezione dell’uomo dalle grinfie del tecnoscientismo autoritario…

              • Junius scrive:

                «togliere la concezione dell’uomo dalle grinfie del tecnoscientismo autoritario»

                L’autoritarismo nasce dalla mancanza di cultura di chi “non è stato iniziato alle scienze sociali”.

                Chi sa, opprime chi non sa. Cioè, chi no sa, non ha mezzi per difendersi.

                «oggi agli antichi preconcetti chiesastici si sono ampiamente sostituiti quelli “tecnoscientifici”»

                Questa è un’illusione. È sostanzialmente vero esattamente il contrario. Appunto, proprio parlando di “Veli di Maya”….

                Tanto che è stata costituita una “Chiesa della Tecnica” proprio in sostituzione ai “Politecnici”.

                Disquisire di filosofia politica senza solide basi epistemologiche nelle scienze sociali (inteso genericamente come la capicità inter-disciplinare di formulare analisi e proposte in coerenza con i risultati che si vuole – o si dichiara di – conseguire) comporta il disegno di tavole architettoniche per cui si edificano “Templi” senza fondamenta.

                E il risultato è sempre e solo uno: la catastrofe.

                Tutto ciò che è “esoterico”, come tutto ciò che è “spirituale”, è di utilità sempre e solo alla crescita individuale anche se, certamente, a livello progressivo si esercita comunque uno “spin” sociale.

                La “coscienza” è il risultato di un percorso individuale che nulla ha a che fare con la razionalizzazione che impone l’ordine sociale: se non come “lume” di chi ha la concreta capacità di formulare analisi e proposte.

                “Concreta capacità” che si fonda sull’episteme che può venire “complementata” da un’eventuale “percorso gnostico”. Non esiste nessun “dualistico” conflitto tra i due: Cartesio ha dato il suo contributo e il progresso – tener sempre a mente la collocazione progressiva della storia umana! – ha portato ad uno spiritualismo fuso nella Storia in cui l’hegelismo incontra il taosimo.

                Chiaramente fuori dai “cenacoli del potere demoniaco” da cui nascono gli architetti della globalizzazione di cui l’europeismo è parte.

                I grandi Maestri “non incarnati” – e di “grandi” se ne son rivelati ben pochi! – convergono nei principi da cui nascono queste semplici considerazioni.

          • Junius scrive:

            «“libero” che nella sua comune accezione se riferito alle persone è una cosa grandiosa ed encomiabile, ma declinato in chiave meramente tecnico/economica può creare seri problemi di compatibilità con un sistema costituzionale come il nostro.»

            Anche qui chapeau! La retorica della libertà è sempre e solo quella del paese e della classe dominante nelle moderne economie di mercato.

            Infatti sono storicamente inscindibili nel “liberalism” le istanze libertarie dell’Illuminismo da quelle del free trade e del laissez-faire: tanto che sarà un liberale a “distruggere” lo stesso liberalismo: JMK.

            Ma durante l’Illuminismo ci furono tanti movimenti di pensiero anche contrapposti: e sottolineo che i “libertari” non erano coloro – di genesi “franco”-giusnaturalista e “anglo”-empirista – che poi fecero chiamare la loro ideologia classista e colonialista “liberalism”.

            I libertari erano fondamentalmente di matrice socialista-anarchica a cui poi si son rifatti – dal lato opposto – gli anarco-capitalisti della scuola austriaca (liberali).

            La nostra Carta è (definibile) anti-liberale perché – pur mantenendo le Istituzioni e alcuni fondamenti ordinamentali delle società settecento-ottocentesche (quelle liberal-borghesi censitarie), espressioni di istantanze libertarie illuministe – RIFIUTA il “LIBERO MERCATO”, che è il fondamento di tutto il liberalismo sino a Keynes.

            Quindi viene garantita tanto la libera intrapresa quanto la proprietà privata, MA SOLAMENTE A FINI SOCIALI. Artt.41 e 42 Cost.

            In pratica, a differenza dell’esperienza collettivista, si procede ad un lento “ammortamento” dell’economia capitalistica, ostacolando “l’accumulo PRIVATO del capitale” per posizione di rendita e monopolio, conservando le istituzioni “borghesi” proprio perché non si procede con la “proletarizzazione” di tutta la collettività, ma al progressivo “imborghesimento” della classe proletaria e contadina.

            Si preoccupa platonicamente di ricondurre il molteplice all’Uno.

            Il liberalismo (che non è da confondere con le istanze libertarie che ha cosmeticamente adottato nel centro dell’Impero, di cui non ha mai avuto il monopolio, anzi, soprattutto non le ha proprio generate essendo ad esse “nominalmente” posteriore) viene proprio rifiutato nelle democrazie socialiste: la democrazia sostanziale, nella sua universalizzazione dei diritti, non si preoccupa più di defendere la LIBERTÀ “della classe mercantile” dai “signori della guerra”. (Freedom from)

            Si constata semplicemente la verità poudhoniana per cui non c’è libertà senza equità sociale: e anteporre l’equità e la dignità ad un vacuo e manipolabile concetto di libertà, è opera dei socialisti, NON dei liberali come qualcuno, amante del bipensiero e poco della filologia, vorrebbe far credere.

            Il problema è stato che gli oppressori – per quelli che gli Stati nazionali non giocano nessun ruolo! – hanno operato e operano da Istituzioni LIBERALI “catturate” per antonomasia: gli Stati più ricchi di risorse economiche e belliche non si sono mai dotati di una moderna Carta costituzionale: sono rimasti “liberali” e, quindi, ad usum della “classe mercantile” che ha potuto organizzare la grande “riscossa di classe” con la globalizzazione.

            • Gio scrive:

              @Junius

              Cito: L’autoritarismo nasce dalla mancanza di cultura di chi “non è stato iniziato alle scienze sociali”.

              Quoto ad libitum. Il seguito del mio commento potrà sembrare ai più mera fuffa socio/giuridica, un semplice gioco di parole e/o inutili chiacchiere senza senso, avulse da qualsiasi rilevanza pratica. nei fatti, non è così. Ed è operando in questo modo che ci hanno fottuto , costruendo mostruose opere tecniche, i trattati su cui si fonda l’UE.

              Non posso condividere però l’assimilazione del liberismo al liberalismo. Cito:
              “La nostra Carta è (definibile) anti-liberale perché – pur mantenendo le Istituzioni e alcuni fondamenti ordinamentali delle società settecento-ottocentesche (quelle liberal-borghesi censitarie), espressioni di istantanze libertarie illuministe – RIFIUTA il “LIBERO MERCATO”, che è il fondamento di tutto il liberalismo sino a Keynes.”

              La nostra carta Costituzionale è una sintesi “perfetta” tra istanze liberali e solidaristiche. E’ sbagliato definirla anti-liberale. La nostra costituzione non rifiuta l’ECONOMIA DI MERCATO, rifiuta invece il LIBERO MERCATO inteso come il sistema complessivo di valori oggi vigente. Anche in questo caso risulta utile un’analisi tecnico/giuridica degli art 40 e 41 da te citati. Impossibile affrontare qui l’argomento, tuttavia E’ sufficiente una semplice lettura degli stessi per notare che è errata la tua interpretazione: “viene garantita tanto la libera intrapresa quanto la proprietà privata, MA SOLAMENTE A FINI SOCIALI”

              L’iniziativa economica privata può essere esercitata liberamente (per il raggiungimento di fini PRIVATI (tautologia), sarebbe infatti contraddittorio definirla testualmente “iniziativa economica PRIVATA e al contempo sottrarle il suo fine costitutivo che è il profitto privatisticamente inteso),

              tuttavia

              l’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
              La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
              Questa disposizione ha un significato chiaro, preciso. L’iniziativa privata incontra quale limite invalicabile la piena realizzazione delle istanze solidaristiche, in una parola i diritti sociali come riconosciuti dalla Carta e demanda al legislatore il compito di disciplinare questa CONVIVENZA. Per questo la cornice giuridica ed assiologica del nostro ordinamento non può e non deve essere composta esclusivamente da una concezione liberale (non liberista, espunta ab origine dalla nostra Cost.) o da una concezione socialista, un’operazione del genere (che troverebbe poi applicazione nelle leggi varate dal parlamento) sarebbe costituzionalmente illegittima. A titolo di esempio, l’espropriazione per pubblica utilità della proprietà privata è ammissibile in quanto costituzionalmente legittima (art.40 e 41 cost.) ma solo e soltanto se ha come obiettivo la realizzazione di un fine sociale.

              La funzione originaria del pensiero liberale è stata quella di difendere i cittadini dall’oppressione dello Stato autoritario. Ha una collocazione storica ed una ragion d’essere ben precisa oltre che una rilevanza notevole nel pensiero giuridico-filosofico dell’occidente.
              Liquidarlo come la causa di tutti mali è un’operazione intellettualmente disonesta.

              Sulla questione antroposofica rilanciata da Andrea e sul relativo dibattito con junius non posso far altro che tacere per ignoranza personale.

              • Junius scrive:

                Caro Gio, non è un caso che metto tra parentesi “definibile”: per il semplice fatto che non ci sono (o comunque non conosco) grandi e pacifici “lavori” in merito.

                (Che la nostra Carta sia “anti-liberista” è pacifico, con buona pace dei federalisti)

                Ma ti assicuro che quando mi capita di discutere con persone che sanno bene il fatto loro, difficilmente mi viene contestata questa posizione. Proprio perché è ben supportata filologicamente: tutto il resto è propaganda.

                È merito del bonzo di Pescasseroli la distinzione astorica tra “liberale” e “liberista”.

                Questa distinzione nei paesi in cui l’ideologia liberale è stata propugnata non esiste.

                E il motivo – la nascita del nuovo ceto mercantile che, citando Braudel, “univa il denaro alla spada” (la vecchia nobiltà) – l’ho argomentato nei post precedenti. Tanto che il termine “liberalism” nasce dopo Smith: e vive metastoricamente in UK fino a Keynes. Cioè nel periodo del fulgore coloniale dell’impero Britannico, prima dell’ultima “translatio imperii”, dove ad oggi si esprimono i campioni del liberalismo.

                Paradossalmente nella discussione tra Einaudi e Croce aveva giustamente ragione storica Einaudi. (D’altronde il primo era più interessato “all’estetica” e altre cose utili per la filosofia politica…).

                Mi permetto di farti notare che l’errore filologico che mi pare tu commetta valutando i due articoli in questioni, sia nel non distinguere gli aspetti economici “micro” da quelli “macro”.

                La “libertà di intrapresa” è un aspetto “micro”: l’individuo viene spronato schumpeterianamente ad essere motore di innovazione ricercando il suo utile personale. Ma tutte queste molteplici individualità vengono – a livello MACRO – ricondotte all’Uno tramite l’intervento statale – il Leviatano! – che COORDINA la collettività a fini sociali.

                Questo è assolutamente opposto alla tradizione liberale. È l’incubo dei liberali: alla mano invisibile viene sostituita la lurida zampa corrotta dei politici voto-scambisti.

                Infatti la persistenza di questo regime di politica economica porta – nelle sue estreme conseguenze – alla rivoluzione dei rapporti sociali e di classe.

                E questo, ti assicuro, è sempre stato ben noto e spiega bene – come si vede nel fin troppo citato “Crisi delle Democrazia” – la necessità dell’élite “del denaro e della spada” (le élite spirituali non esistono per definizione…) di riaffermare l’ordine dei mercati, liberando di nuovo il mercato dei capitali con il progetto liberticida della globalizzazione e delle grandi aree di “libero scambio”, a partire dal Trattato di Roma.

            • Gio scrive:

              In estrema sintesi: la nostra costituzione è anti-liberista, NON anti-liberale.
              La libertà è un conquista dell’uomo. Non esiste compiutamente nello stato di natura. Nessuno può essere “libero” se non dispone dei mezzi necessari per godere e “vivere” tale condizione di “libertà”. Quest’ultimi sono assicurati, in parte, dai diritti sociali. Es. mai parlare di diritti dei lavoratori, piuttosto di diritto al lavoro: l’oggetto del diritto deve essere il lavoro.

              La sola e mera elencazione dei diritti sociali riconosciuti in qualsiasi carta costituzionale è un TRUFFA (vedi i trattati che riconoscono tutto il ben di dio, ma subordinandolo al fondamentale principio del libero mercato). E’ necessaria la previsione di precise gerarchie di valori nella stessa Carta costituzionale quale strumento tecnico per ottemperare al c.d. bilanciamento dei principi assicurando la coerenza delle decisioni giurisdizionali con la piena realizzazione dell’ideologia sottesa alle norme costituzionali.

              indispensabile per la tutela effettiva dei diritti sociali è il principio di eguaglianza sostanziale. L’idea di giustizia, da qui la concezione di Rawls (posizione originaria) come punto di partenza ecc ecc.
              La smetto altrimenti intaso il blog di roba inutile visto che oltre alle dichiarazioni di intenti contenute nello statuto del MR, nulla sappiamo circa le modalità operative ed i contenuti sostanziali del “progetto” di cui si discute.

              • Junius scrive:

                Sono d’accordo anche su questo: sulla distinzione anti-liberista e anti-liberali argomento sopra.

    5. paolo scrive:

      salve,
      relativamente alle proposte per domattina, sono state postate tempo fa, sul sito di GOD, le 5 priorità per l’Italia (in data 30/01/2013? ) a cui hanno fatto seguito 10 proposte.

      saluti

      Paolo

    6. Fabrizio scrive:

      Un sogno: la KEYNESIANA repressione finanziaria.

      • Gianluca scrive:

        Che poi sarebbe il contrario dei principi fondanti dell’Unione Europea… il capitale prima degli umani lavoratori.

        • Fabrizio scrive:

          E chi ha mai detto espressamente di volerci stare, nessuno e dico nessun italiano. Ad oggi non mi risultano consultazioni popolari neanche fatte quando si sarebbe potuto chiaramente approfittato del grande momento di euforia degli anni ’90, quest’ultima foraggiata dalle mistificazioni di taluni massoni neoliberali dei nostri governi precedenti.

    7. Ovidio G scrive:

      A mio modesto parere parlate troppo di Monti, Draghi e Merkel ma non parlate mai di Mafia e di organizzazioni criminali operanti sul territtorio italiano. Non vi e’ traccia ne’ nello statuto del New Deal della Calabria ne’ nel libro Massoni. Come mai? Posso concordare che taluni mali che affliggono l’Italia contemporanea siano fabbricati a Bruxelles e a Francoforte, ma tanti altri sono fatti in casa.
      Da ultimo, e’ morto un PM in circostanze che hanno destato dubbi anche in ambienti politici.

    8. Gianluca scrive:

      @Toscano e @Movimento Roosvelt
      La metto in altri termini: il fatto che voi vogliate tenere la palla del controllo della moneta, in un campo MAGGIORMENTE avverso come quello Europeo, mi fa pensare il contrario di quello che dite su Salvini. Il recinto nazionale ha molte più garanzie democratiche (almeno finché non passeranno le riforme costituzionali), di quelle che avremmo in una lotta a livello Europeo quasi impossibile, dispersiva e molto più difficile da ottenere.
      Quindi, a che gioco state giocando? Il trattamento che hanno riservato al Renzi Greco non vi basta? In Europa gli strumenti democratici e le garanzie sociali non esistono, in Italia ancora per poco si (almeno sulla carta, ma NON è poco!).

      • Gio scrive:

        Infatti, a mio avviso , il MR dovrà presto affrontare una questione di mera strategia. Considerato che l’attuale costruzione europea pone limiti quasi insormontabili per una concreta modifica dei trattati ed una costruzione effettivamente partecipativa e sovrana dei cittadini, non sarebbe strategicamente più saggio “resettare”, tornare (sia pure temporaneamente) agli Stati indipendenti per poi costruire su basi più solide e “corrette” l’unione agognata?

        Aspettare addirittura che all’Italia si unisca la Francia per aumentare la pressione su Germania e stati del nord europa mi sembra, allo stato del’arte, una cosa fuori tempo massimo…

        • Gianluca scrive:

          Come se poi la Francia (o meglio l’élite francese) fosse poi così distante dell’élite tedesca.

          Purtroppo c’è un equivoco di fondo, la costruzione europea, e l’ideologia nazionalista in salsa “europea”, non serve allo scopo di espandere e migliorare i diritti esistenti.

          http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/europe/1356047/Euro-federalists-financed-by-US-spy-chiefs.html

          Chi ancora oggi parla di Unione Europea, IMHO, ha una lista delle priorità diversa da un vero socialista, che ha come primo punto il lavoro e la libertà. L’essere umano, e l’Unione Europea o l’Italia sono meri contenitori strumentali. Nel caso dell’UE, uno strumento di deflazione riconosciuto sin dagli anni ’60/70.

        • Gianluca scrive:

          Tra l’altro porre l’uscita dall’Euro, come una cosa da Salvini, è intellettualmente disonesto. Come l’affermazione di qualche giorno fa di Ferrero di RC, che affermava l’equivalenza uscita dall’euro = autarchia.

          L’Europe doit abandonner l’euro
          LE MONDE | 02.03.2015

          http://www.lemonde.fr/idees/article/2015/03/02/l-europe-doit-abandonner-l-euro_4585513_3232.html

          • Gio scrive:

            Quando si parla di uscita dall’euro sarebbe necessario precisare che si intende uscita dall’UE. Perchè è impossibile (o meglio sarebbe catastrofico) uscire dall’euro e non dall’UE. Letteralmente, la libera circolazione di capitali ci fagociterebbe!
            Inoltre, uscire dall’euro e mantenere l’attuale paradigma (con tanto di modifiche costituzionali approvate vedi pareggio di bilancio) significherebbe il collasso dell’Italia.
            Come ha evidenziato a più riprese l’economista Emiliano Brancaccio, esistono diversi modi di uscire dall’euro. alcuni di essi, potenzialmente fatali come l’attuale permanenza in questa UE.

            • Gianluca scrive:

              Se esci dall’Euro, la libera circolazione dei capitali è da subito messa in discussione. Ricordo una preoccupata Barbara Spinelli dall’€xit proprio perché verrebbe messa in discussione la libera circolazione dei capitali (quindi lo sanno bene anche gli euristi).

              To beat austerity, Greece must break free from the euro
              Costas Lapavitsas
              We are deluded to think we can achieve real change within the common currency. Syriza should be radical

              http://www.theguardian.com/commentisfree/2015/mar/02/austerity-greece-euro-currency-syriza

              Magari si stanno svegliando… incrocio le dita per loro e per noi.

    9. Andrea Franco scrive:

      @Leopoldo
      il tecnoscientismo è stata una necessità dell’epoca…..e per molto ci dovremo convivere,è ovvio. Credo che sia importante, in questo periodo la coltivazione di quanto puo’ fruttificare dall’albero della Scienza dello Spirito, le piccole o meno piccole forme “diffuse sul territorio” ..lì una Scuola Waldorf ben funzionante qui qualche buon medico antroposofo, e così via. Ma se al centro (non fisico,ovviamente) non ci sono i “praticanti interiori” ( meglio sarebbe se si identificassero il piu’ possibile con le figure dei “pratici” sul piano sensibile..ma ognuno ha la sua determinata vocazione ) i frutti dell’albero rischiano di inaridire… Comunque: ad majora semper!

    10. Andrea Franco scrive:

      @ Junius tu scrivi ” Tutto ciò che è “esoterico”, come tutto ciò che è “spirituale”, è di utilità sempre e solo alla crescita individuale anche se, certamente, a livello progressivo si esercita comunque uno “spin” sociale. ”

      Questo è un punto importante. Nessun esoterismo è infatti vero se non si trasforma in agire sociale (non in “attivismo sociale” che è ben altra cosa…) Come? Tramite il semplice “incontro con l’altro”, secondo mil noto dettato evangelico ” Dove due o tre sono riunti nel mio nome IO Sono in mezzo a loro..” Che vuol dire? Che nel vero incontro, tacitando la propria natura consueta, puo’ emergere me Essere eterno, il “Cristo in me” fatto che non ha nulla di “confessionale” ma che risponde ad una pura realtà ,spirituale e sensibile insieme, , che così fonda l’”essere sociale”, prima delle possibili e benvenute costruzioni teoriche.” Non c’è quindi vera socialità al di là dell’incontro fra uomini coscienti del proprio Se’ Spirituale. Da questo livello puo’ nascere, anche teoreticamente, ciò che puo’ risanare la società….in effetti se si costruisce su “templi fondati sul fango” nel fango si finisce… E la Triarticolazione Sociale cui accennavo in altro post sorge,viceversa, su quel terreno ove l’”episteme” diviene vera “gnosis”… Ma in genere la cultura tecnoscientifica ritiene che la “gnosis” sia solo un passatempo “culturale” e che il velo di Maya non esista…bastano misura,numero,peso a definire il reale e ciò che non si percepisce ancora, sarà percepito quando avremo “strumenti” ovverosia “prolungamenti dei sensi”) abbastanza potenti…Evvero chi sa……vince..mail peggio è quando chi NON sa crede di sapere e “comanda a bacchetta”…

      • Junius scrive:

        Mi trovo assolutamente in sintonia: infatti promuovi – come Leopoldo – ciò che si potrebbe semplificare come una “critica al materialismo”.

        E infatti ciò che appuntavo è proprio che è l’episteme a diventare gnosis, ma non viceversa! È invertendo l’ordine della consequenzialità nel campo dell’indagine sociale che “si inquinano le acque dell’intelletto”.

        Poiché il rapporto tra “forma e sostanza” è (relativamente all’individuo, non all’Assoluto!) funzione del sistema di Valori acquisiti – di cui è parte il processo di “autocoscienza” – disquisire sulle “priorità” nell’impegno civile e società dell’individuo non è banale.

        Paradossalmente senza metafisica non si riescono a porre le basi epistemologiche per qualiasi scienza sociale.

        Nella tragedia demoniaca del “relativismo” sponsorizzato dai noti cenacoli “liberali”, risulta esiziale l’analitica epistemologica e filologica.

        Quindi, perché il logos sia al servizio dell’Uomo, è necessario riconoscere ciò che è complementare e immanente (di cui anche il funzionalismo sociologico) da ciò che è supplementare, “confliggente” e ha per natura carattere progressivo (di cui la “teoria del conflitto”).

        È necessario “distinguere inclusivamente” ciò che è dell’individuo (l’ambito psicologico/spirituale), da ciò che è la dinamica del suo sistema di relazioni (ambito psico-sociologico) da ciò che è la società: che necessita la massima espressione di astrazione logica (sociologia, macroeconomia, antropologia, storia e geografia culturale, ecc.).

        Il logos – massima espressione umana – è ciò che permette di usufruire degli attrezzi “giusti” nella situazione “giusta” per “compiere” ciò che è il proprio percorso umano nell’ “illusione del molteplice”.

        Sicuramente a livello individuale è fondamentale il pathos, ovvero “l’anello di congiunzione” tra ciò che è fisico e ciò che è spirituale.

        Ma per ciò che è “sociale” è necessario acquisire quelle conoscenze che sono “strumentali” (techne) per condurre il molteplice all’Uno.

        I risultati ottenuti nell’Occidente moderno – a livello sociale – non si sono ottenuti in Oriente, nonostante le “dottrine sapienziali” fossero – e sono – enormemente più sviluppate che in Occidente.

        E il fattore dirimente è stato il “logos ellenico”, più importante ancora della sapienzialità “etica e para-scientifica” giudaica.

        Quale era, quindi, il mio appunto sul rapporto tra “esoterismo e sociopolitica”?

        Stando con Steiner, se si ama il modello “metapolitico” della “Triarticolazione Sociale”, ci si trova semplicemente di fronte ad una condizione di “mero desiderio”. Già qualcosa, per carità. Un potenziale obiettivo per una vocazione all’impegno civile.

        Ma rimane un effimero “buon proposito” se non si acquiscono quelle conoscenze epistemiche – e in ultimo “tecniche” – che permettono di trasformare la “forma” in “sostanza”.

        Un abbraccio.

        • Andrea Franco scrive:

          Caro Junius,
          il punto vero è che “episteme” e “gnosis” si devono incontrare..a mezza strada. Naturalmente essendo il soggetto umano, come tale, finito e terreno, è lui che “prende l’iniziativa nella sfera dell’episteme”; ovverosia, per dirla in termini piu’ chiari, inizia una disciplina spirituale. Che come tale non puo’ che servirsi,prima di tutto, dell’unico elemento che, in sè, puo’ unire “episteme” e “gnosis”, quello che Scaligero chiama “pensiero riflesso”. E difatti l’esercizio-chiave della Scienza dello Spirito è la concentrazione del pensiero-o azione della Volontà su di esso- fino a fare divenntare cosciente per il soggetto-ancora nella sfera antropos-logica, quello che il Pensiero è, in sè, nella sua Sfera originaria della “gnosis”, cioè una Forza dello Spirito: Li inizia quel percorso che permette a”episteme” e “gnosis” di incontrarsi, nell’anima di colui che sperimenta e che , se “gnosìs” dà l’assenso, puo’ divenire un Iniziato vero, e non “massonicamente virtuale” in quanto diviene “dweller on both sides of Life” o anche “dvija” o”Guerriero di Michele”. Tutto questo lungo pistolotto iniziale per dire che la Triarticolazione di Steiner non E’ metapolitica, ma NASCE da una sfera metapolitica per poter vivere sulla Terra……è “tanta” differenza, in quanto Steiner da buon “pratico” la misurò su una vasta “zona” di sapere “profano” basato sulle scienze sociali. Veramente pratico come tutto ciò che viene attinto al di la della Soglia….”Il piu’ grande sacrificio dell’Iniziato dei Nuovi Tempi è statao mettere il Superumano in linguaggio umano”. (Scaligero) Caro Junius, alcuni doveri umanissimi mi chiamano..spero di rileggerti piu’ tardi!

    11. Gio scrive:

      @ Junius

      “È merito del bonzo di Pescasseroli la distinzione astorica tra “liberale” e “liberista”.

      Tuché.
      E’assolutamente vero che la cultura accademica (e non solo) italiana risente ancora in modo pervasivo dell’influenza crociana.

      Ho perfettamente chiara la distinzione del piano macro e micro economico. L’analisi giuridica degli artt. 40 e 41 Cost. si riferiva a quest’ultimo aspetto (micro) al fine di evidenziare cosa intendessi per “cultura liberale”.
      L’errore filologico è riscontrabile a questo punto nell’utilizzo dei due termini liberismo e liberalismo. Errore mio. L’intento però è quello di sottolineare la rilevanza del pensiero liberale. Per farla breve, proprio come tu affermi, oggi, un autentico liberale proverebbe orrore dinanzi a tale costruzione europea. La trasfusione di logiche economico-giuridiche, che operano nel privato, al pubblico è un consapevole errore/orrore metodologico funzionale all’attuale paradigma liberista.

    12. Gio scrive:

      @ Junius

      Per meglio comprendere, tu non consideri “liberali” coloro che erano o si professavano tali e che sono pervenuti in assemblea costituente alla stesura della nostra carta costituzionale affermando esattamente quanto scritto da te, cio’: “Ma tutte queste molteplici individualità vengono – a livello MACRO – ricondotte all’Uno tramite l’intervento statale – il Leviatano! – che COORDINA la collettività a fini sociali.” ???

      La questione è meramente terminologica dunque formale o sostanziale?

    13. Gio scrive:

      il pensiero liberale postula: il riconoscimento dell’iniziativa privata e della libera intrapresa dunque l’esclusione automatica della socializzazione delle attività economiche e dei mezzi di produzione, il riconoscimento della libertà di coscienza, pieno sviluppo della persona e tutta la serie di libertà che tradizionalmente sono ascritte al pensiero liberale ma che storicamente possono aver avuto origine altrove…
      Ha tutto ciò una rilevanza prettamente nel micro? Si.

      Il socialismo democratico (da non confondere con gli attuali partiti socialisti europei), invece, postula: l’esclusione delle politiche economiche liberiste nel settore macroeconomico, interventi solidaristici in campo microeconomico, principio di eguaglianza sostanziale, diritti sociali e tutela della dignità…

      possiamo quindi pacificamente considerare il LIBERISMO come applicazione in campo macro-economico del pensiero liberale funzionale alla realizzazione libero mercato.

      Mentre, la convivenza del pensiero liberale da un lato e del socialismo democratico dall’altro, come evidenziato su, e come sintetizzato nella nosta Cost. possiamo definirlo liberalsocialismo? o cosa?

      • Junius scrive:

        Caro Gio, mi fai delle domande a cui non ho una risposta che non sia una semplice opinione.

        Il mio radicale “anti-liberalismo” ha un senso in un contesto filologico: a livello divulgativo e politico può essere controproducente. (Può… ma io credo all’onestà come vettore soggettivo di verità oggettive).

        Per il solito esempio che si fa del problema di “buttare via il bambino con l’acqua sporca” o semplicemente per la natura “de facto” dei gruppi sociali che promuovono determinate ideologie.

        Il “liberalism” è falsa coscienza della classe dominante del gruppo etnico dominante: in brevissimo, riconosce (anche se solo in funzione al censo) tutte le libertà individuali e sociali con l’inclusione del free-trade-laissez-faire… che nega tutte le altre!

        Poiché questa distinzione tra liberismo economico e liberalismo filosofico nella storia non c’è, si propone di rifiutare tout court l’esperienza liberale perché “ampiamente superata” dalle democrazie sociali, che si fondano su concetti e valori completamente diversi e su cui si è sviluppato il costituzionalismo moderno.

        Le libertà individuali e, in genere, i diritti di prima e seconda generazione, vengono tutti riconosciuti nella Carta, e questi sono i capisaldi – formali! – anche degli ordinamenti “liberali”.

        Ma le democrazie sociali sostanzializzano i diritti di I e II seconda generazione subordinandoli a quelli di terza: ovvero ai diritti sociali.

        La concezione dell’ordinamento socialista, come quello italiano e in genere quello delle democrazie costituzionali a carattere lavorista, è completamente diverso da quello liberale angloamericano, ma anche da quello francese. Portatrici sostanziali di “reazione” in quanto potenze imperiali.

        Dal “freedom from” hobbesiano si passa al “freedom to” partecipativo e solidaristico: lo Stato non è più un oppressore da cui tutelarsi, ma la Res Publica da vivere attivamente.

        Quindi, stando agli artt. 41 e 42 Cost., la Repubblica riconosce le libertà individuali di esercitare libera impresa e il diritto di vedersi tutelata la proprietà: ma il punto determinante è l’obbligo inderogabile delle Istituzioni a perseguire l’utilità sociale limitando, di fatto, quella del mercato. Ovvero la politica economica (macro) è a guida democratica e a fini solidaristici.

        La cornice generale, se si aggiunge la “fiscalità progressiva”, e soprattutto, l’obbligo inderogabile della Repubblica “a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”, indica la volontà del Costituente di rinunciare al “funzionalismo sociologico liberale”, e di prendere atto che la Storia è storia del conflitto di classe, di cui l’ideologia liberale è espressione (Bentham – o forse Spencer? – ricorda che se i liberali hanno dovuto prima difendersi dalle aristocrazie di sangue, in futuro avrebbero dovuto difendersi dai parlamenti…): cosa significa?

        Che con buona pace dei negazionisti della teoria del conflitto, il conflitto di classe viene “istituzionalizzato” e portato sotto la tutela del processo democratico.

        Tutte queste verità erano pacifiche negli anni ’40, visto che vi era diffusa consapevolezza che la crisi liberale del ’29 si era conclusa con diverse decine di milioni di morti: il sangue era ancora fresco…

        Ma c’era già chi, alacremente, propugnando vilmente il liberalismo con la cosmesi “federalista” a fini pacifisti (???), aspettava il primo cedimento bolscevico per imporre il nuovo ordine dei mercati.

    14. @ Junius @ Andrea @ Gio

      Ragazzi, che commenti questa volta!
      Interessanti, impegnativi, profondi, universali.

      Comprendo facilmente Andrea, per il retroterra scientifico-spirituale che ci accomuna. Comprendo meno bene Junius, ma con il dizionario filosofico in mano, riesco ad apprezzare le sue distinzioni e argomentazioni produttive. Quelle giuridico-costituzianali di Gio, con annesse filosofie politiche, sono le più ostiche (per me, che fino ad oggi me ne sono occupato poco).

      Ma questo solo per chiedere:
      perché non scendiamo dalle analisi generali e astratte (beninteso, comunque necessarie) sul terreno pratico del senso che ha il Movimento Roosvelt?

      No, perché mi sembra che il suo programma, per un motivo o per un altro, stia un po’ stretto a tutti noi. Attenzione, nonostante appaia oro, in confronto al deserto attuale.

      Quindi, chiedo ancora:
      Che ci facciamo qui? E’ solo piacere di condivisione intellettuale, approfittando con gratitudine dell’ospitalità del Moralista, oppure ci aspettiamo qualcosa dalla sua nascita?

      Lo chiedo sinceramente, per una necessità di confronto personale con gente come voi. Sì, perché, dopo un discreto entusiasmo iniziale, devo dire che più passano i giorni e meno ci credo. Cioè, meno credo che possa andare a parare su effettive trasformazioni pratiche, in uno scenario che appare ormai del tutto inemendabile.
      Grazie.

      • Andrea Franco scrive:

        @Leopoldo….che ci faccio qui….Dunque…avendo recensito il libro di Magaldi, mi sono detto..beh, vediamo ‘sto MR dove va a parare. Alcune idee-chiave, in senso generale e relative al campo economico ,i.e. il recupero del keynesismo le trovo importatnti. A parte questo , da vecchio frequentatore del web e soprattutto dopo l’avvento di FB ( che molti schifano ma che, tuttavia , a certe condizioni ed in certi ambiti puo’ essere utilissimo..) , devo dire che è raro trovare on line interlocutori stimolanti e appassionati..e soprattutto intelligenti .e qui ce ne sono. Credo che basti…

    15. Gio scrive:

      “dopo un discreto entusiasmo iniziale, devo dire che più passano i giorni e meno ci credo. Cioè, meno credo che possa andare a parare su effettive trasformazioni pratiche, in uno scenario che appare ormai del tutto inemendabile”

      Leopoldo, condivido il tuo stesso stato d’animo. Le questioni che dobbiamo affrontare (noi ed il MR) sono talmente complesse che richiedono una cultura interdisciplinare, una conoscenza ed una padronanza tale di “strumenti” tecnici che, onestamente, io non credo proprio di possedere. Sicché appare sempre più fondata l’idea del Magaldi di istituire un apposito percorso formativo capace di fornire almeno i rudimenti culturali necessari. Tuttavia, anche in questo caso, le perplessità che afferiscono al MR, da noi tutti più volte evidenziate si riproporrebbero inevitabilmente…

      Giusto per complicare maggiormente le cose ed aumentare la consapevolezza della complessità generale degli argomenti qui trattati. beccati questo vecchio articolo :D

      http://archiviostorico.corriere.it/1998/marzo/23/moneta_unica_soviet_co_0_98032312205.shtml

      “Piu’ che unire, la moneta unica crea problemi e divide.” by
      MILTON FRIEDMAN

    16. Gio scrive:

      ps

      io ancora aspetto una replica articolata di Magaldi o di Francesco M. Toscano alle osservazioni, avanzate da Junius tempo fa.
      Non per il gusto della polemica, sia chiaro. Ma per una mia (e non solo) maggiore comprensione.

      • L’articolo è del ’98! Praticamente gli era già chiaro tutto, specialmente che il progetto dell’Euro è “elitario, antidemocratico e dirigista”.

        Comunque fino ad oggi non ho mai incontrato una risposta di Magaldi o Toscano alle nostre osservazioni. D’altra parte non sono facilmente confutabili.

        Intanto i siti del GOD e DRP tacciono. Possiamo soltanto attingere dalla fantasia cosa sta succedendo.

        Hai un riferimento qualsiasi per andare recuperare quelle osservazioni di Junius a cui ti riferisci?

        • Gio scrive:

          Ecco a te.

          http://www.grandeoriente-democratico.com/GOD_presenta_Le_convergenze_parallele_tra_GOD_e_Il_Moralista.html

          Credo che Junius sia il Rodion di cui si discute nel post.

          Il dibattito che potrebbe scaturirne sarebbe davvero interessante.

          • Andrea Franco scrive:

            @gio….grazie per il link. Conoscevo già questo articolo e non mi convinceva- come non mi convince per niente. La “comune appartenenza di Putin e la Merkel alla stessa superloggia” è un dato indecidibile, mancando la “pezza d’appoggio”. documentale. Ma diamolo per buono e allora? Non mi sembra,per dirne una, che la Merkel stia facendo sforzi per interrompere l’aggressione USA e NATO contro la Russia… anzi i media tedeschi sparano minchiate antiPutin come e piu’ degli altri consimili fabbricanti di menzogne del mondo “occidentale”.. Poi questa insistenza ad accusare la Germania di “tecnonazismo” , se pure suffragata da qualche elemento, dimentica di mettere alla berlina chi tira veramente i fili…gli USA, ansiosi di disossare del tutto l’Europa e farne sempiterno “utile idiota” per le sue guerre contro l’Est (Russia e un domani -non lontanissimo- Cina.) Si lo so la Merkel (ma non solo lei…) vuol trattare la Grecia come Hitler la trattò nel 1941-44….ma la prima botta agli Elleni l’ha data la Goldman Sachs che, ad onta del nome yiddish-germanico è made in USA…. Mi sbaglierò..ma GOD e MR mi sembrano un po’ “timidini” quando si tratta di andare a fondo…e chiamare le cose col loro nome..Insomma per dirla tutto li trovo , in certe circostanze, come le situazioni europoidi, un po’ …”filo yankee”… E ciò aumenta le mie diffidenze su tutta l’operazione. ma naturalmente il mio parere conta per me e , forse, per il mio gatto Biscotto…che mi guarda beffardo!

            • Gio scrive:

              Andrea, ti dico la mia, consapevole del fatto che, essendo un’opinione personale e non disponendo di validi strumenti ermeneutici potrebbe essere una emerita minchiata! :D

              La “comune appartenenza di Putin e la Merkel alla stessa superloggia” risulta a mio avviso fondata proprio alla luce di ciò che è successo durante l’ultima visita del segretario di stato USA J.Kerry in europa.

              “Il segretario di Stato americano, John Kerry, è favorevole ad armare l’Ucraina. Secondo Bloomberg, lo avrebbe dichiarato ad alcuni membri del Congresso durante un incontro in Germania, a margine della Conferenza sulla sicurezza che si è tenuta a Monaco di Baviera. ”

              A seguito di tali dichiarazioni come è facile ricordare La Merkel ed Holland si sono letteralmente precipitati a Mosca per il vertice con Putin, evitando un’ulteriore escalation della crisi ucraina. E’possibile negare che non abbia salvato il culo a Putin?

              Poi, per carità, tutto può essere. I doppi e tripli giochi si sprecano, ma io, stando ai fatti non mi sento di escluderlo.

            • Gio scrive:

              * E’possibile negare che abbia salvato il culo a Putin?

              • Andrea Franco scrive:

                Dunque.. mettiamola così.Qui c’è da considerare che l’asse Mutteleuropa-Russia è , da molto tempo, nella “logica delle cose” quale contrappeso alla “hybris” anglofona. Tale asse è , nella geopolitica generale un elemento-chiave,contro il qualw, “color che sanno”, ma nel senso degli interessi egfoistici degli angloamericani -o di certe loro elites- hanno tentato e tentano di agire. Nel XX Secolo questo asse è stato sapientemente capovolto nel suo “doppio” distruttivo, con decine di milioni di morti premature in quelle “terre di sangue”…. Tutto questo per dire: mi sembra che ci sia molto di piu’ che non i giochi di potere all’interno di logge,loggioni o loggette. Ci sono le grandi direttrici geoopolitiche, sulle quali, magari piu’ tardi, qualcosa si potrà dire. La Germania sta quindi tra due fuochi : o seguire l’Occidente anglofono o andare verso la collaborazione con l’Est: parlare semplicemente di “tecnonazismo” ,per tornare al tema, mi pare fuorviante.

        • Gio scrive:

          Fridman, sommo teorico del liberismo, viene oggi considerato da molti come un fautore ed un simpatizzante della moneta unica. Diciamo anche che una certa controinformazione banalotta è superficiale ha contribuito a mischiare malamente le carte, confondendo la giusta e legittima critica al liberismo con l’altrettanto giusta e comprensibile critica alla moneta unica. Sebbene sussistono evidenti punti di congiunzione comprendere i distinti aspetti tecnici (ove effettivamente esistenti) contribuisce notevolmente alla comprensione del problema.

        • Gio scrive:

          esattamente perchè “dirigiste” il liberista Friedman le critica aspramente. Tacendo però sul fatto che le sue stesse teorie economiche sono funzionali alla gestione elitaria ed antidemocratica del potere politico.

    17. Chiedo al tecnico-moderatore del sito:

      ma perché ogni tanto accade che un mio commento viene stigmatizzato così:

      Il tuo commento è in attesa di moderazione?

      E può restare così, senza che venga sdoganato, per tempi così lunghi che poi perde di senso.
      Grazie

      • Gio scrive:

        Leopoldo, a volte scatta in automatico la moderazione dei commenti. Anche a me è successo, si tratta di un problema tecnico della piattaforma.

        • Grazie Gio, l’avevo capito, ma lo segnalavo per far sbloccare i commenti in sospeso.

          En passant ti dico che sto facendo una scorpacciata dei post di Rodion alias Junius. A me, umanamente parlando, mi sta molto simpatico; più di chi lo accusa di dormire il sonno della ragione critica e di veicolare paralogismi senza entrare nello specifico. Inoltre mi sta insegnando molto e in un certo senso anche aprendo gli occhi.
          Ho scoperto il Moralista dopo la pubblicazione del libro di Magaldi, quindi da poco. Le lettura delle polemiche pregresse mi cambiano la prospettiva.

    Commenta a Gio


    "nella mia vita ho conosciuto farabutti che non erano moralisti ma raramente dei moralisti che non erano farabutti." (Indro Montanelli)


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    • Chi è il moralista

      Francesco Maria Toscano, nato a Gioia Tauro il 28/05/1979 è giornalista pubblicista e avvocato. Ha scritto per Luigi Pellegrini Editore il saggio storico politico "Capolinea". Ha collaborato con la "Gazzetta del Sud" ed è opinionista politico per la trasmissione televisiva "Perfidia" in onda su Telespazio Calabria.

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      Sito di approfondimento politico, storico e culturale. Si occupa di temi di attualità con uno sguardo libero e disincantato sulle cose. Il Moralista è un personaggio complesso, indeciso tra l'accettazione di una indigeribile realtà e il desiderio di contribuire alla creazione di una società capace di riscoprire sentimenti nobili. Ogni giorno il Moralista commenterà le notizie che la cronaca propone col piglio di chi non deve servire nessuno se non la ricerca della verità. Una ricerca naturalmente relativa e quindi soggettiva, ma onesta e leale.

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