In questi giorni l’argomento “massoneria” è tornato molto di moda. La presidente della commissione antimafia Rosy Bindi ha infatti disposto il sequestro degli elenchi contenenti i nomi dei “fratelli massoni” di Calabria e Sicilia, con il chiaro obiettivo di approfondire le eventuali dinamiche nel tempo intrecciate fra due mondi- quello mafioso e quello latomistico- che la pubblica opinione tende inerzialmente a sovrapporre anche in conseguenza delle cicatrici lasciate in eredità dalla famigerata loggia P2 del defunto maestro venerabile Licio Gelli. In genere, per rassicurare i profani, ovvero coloro i quali sanno poco o nulla di massoneria, i vertici delle associazioni massoniche più importanti (tipo il G.O.I) spiegano che la “massoneria deviata” non va confusa con la “massoneria ufficiale”, portatrice quest’ultima di ideali nobili di “libertà, fratellanza e uguaglianza”, nonché “scuola di perfezionamento che lavora per il bene di tutti e di ciascuno”. Ma quali sono i tratti distintivi che permettono il sicuro riconoscimento di una loggia “deviata”? A questo punto la faccenda si fa più ingarbugliata, perché la P2 per esempio, massima espressione di un certo modo alquanto “spregiudicato” di intendere i lavori di officina, era una loggia pacificamente inserita all’interno della più grande e importante obbedienza massonica italiana, il Grande Oriente d’Italia per l’appunto. Non si trattava quindi di un consesso “spurio”, promosso cioè da alcuni apprendisti “fai da te” stile “pubblicità Alpitour” di qualche anno fa (“turisti fai da te? No Alpitour! Ahi ahi ahi…”). Alla luce di tale premessa, non credo sia possibile capire in profondità il ruolo esercitato dalla massoneria nella gestione (ad ogni livello) del potere contemporaneo, usando come base di partenza la dicotomia “massoneria legittima”/massoneria deviata”. Né tantomeno è possibile abbracciare chiavi di lettura grossolane e altrettanto fuorvianti tendenti ad equiparare tout court i massoni ai mafiosi. Io credo che la massoneria vada intesa principalmente come un “metodo”, un abito mentale, che predica e insegna quella “convergenza degli opposti” già teorizzata nel mondo antico dal filosofo Eraclito. Così facendo la massoneria si trasfigura necessariamente in “forza stabilizzatrice” posta a salvaguardia del sistema, o meglio dei “sistemi”, perché ogni livello di potere- sia esso locale, regionale, nazionale o sovranazionale- presuppone una diversa camera di compensazione governata da diversi attori. Questa “mano invisibile” garantisce quindi una continuità di indirizzo posta a tutela degli interessi prevalenti e consolidati. Interessi che non possono essere messi in discussione per mezzo del “gioco democratico”, paravento di libertà che serve solo a “sopire” masse ingenuamente convinte di avere in mano il proprio destino. Il compasso è un simbolo massonico per eccellenza. “Ed ogni compasso fa un cerchio”, spiega il “commendator Spaziani” all’ improbabile Alberto Sordi in versione massone del film “Un borghese piccolo piccolo”. L’equilibrio globale, oggi governato per l’appunto da un processo nefasto chiamato “globalizzazione”, rappresenta il “cerchio” più grande, appannaggio dei massoni più importanti e influenti (Draghi, Merkel, Obama, Schaeuble, Napolitano e compagnia). Cerchi più piccoli (ma comunque sempre comunicanti con quelli più grandi) entrano poi in funzione per quel che concerne la “gestione” di meccanismi di potere riguardanti territori circoscritti. In luoghi dove è forte la presenza di una subcultura di tipo mafioso o terroristico, infine, il “sistema” può tendere “all’accomodamento”, favorendo per mezzo di figure all’uopo predisposte la costruzione di una “sintesi” con i potentati locali in una ottica di reciproco vantaggio. Ecco perché l’Isis, formalmente combattuto da tutte le nazioni più importanti in Medio Oriente, ha potuto crescere e svilupparsi; ed ecco perché le mafie nel sud d’Italia hanno acquisito un potere straordinario. Senza il supporto di “mondi invisibili e riservati”, nessun consesso associativo “privato” potrebbe resistere di fronte all’offensiva dello Stato. Questo ragionamento induce a ritenere che la forza delle mafie risulti inversamente proporzionale al livello di corruzione degli apparati legittimi.
Francesco Maria Toscano
3/03/2017