Trump ha minacciato di rendere pubblici alcuni documenti secretati che riguardano l’omicidio del Presidente J.F.Kennedy avvenuto a Dallas il 22 novembre del 1963. E’ difficile credere che l’attuale inquilino della Casa Bianca sia stato improvvisamente colto da una irrefrenabile voglia di contribuire alla ricerca di una verità accettabile in merito ad uno degli eventi che più hanno condizionato (in peggio) il corso della storia degli ultimi cinquant’anni. Perché dico questo? Perché Trump aveva fatto simili ammiccamenti, poi traditi in pieno, anche nel corso dell’ultima campagna elettorale, quando ventilò la possibilità di fare piena luce sulla vera genesi degli attentati dell’11 settembre anche grazie al necessario approfondimento della “pista saudita”. Ora invece Trump con l’Arabia Saudita- anziché riaprire il contenzioso- ha ristabilito una corsia preferenziale in funzione antipersiana. Trump quindi, abbastanza cinico da avere con la “verità” un rapporto distaccato in stile Ponzio Pilato (“quid est veritas?”), sta probabilmente mandando messaggi a qualcuno o a “qualcosa”. Torniamo al punto, perché è stato ucciso il presidente Kennedy? E soprattutto: da chi? Cominciamo subito con il dire che la versione ufficiale, quella che addossa tutte le responsabilità dell’omicidio al solo Lee Harvad Oswald, per giunta ucciso pochi giorni dopo l’arresto da tale Jack Ruby, è semplicemente ridicola. Più che bollare come “cospirazioniste” le teorie alternative rispetto a quella costruita dal potere, bisognerebbe definire “ebetisti” quelli che invece si bevono qualsiasi fesseria veicolata dal circuito informativo prevalente. Gli “ebetisti”, proprio come aveva anticipato Orwell nel romanzo “1984”, sono disposti a credere che 2 più 2 fa 5 purché lo dica il “Grande Fratello” a reti unificate. Aggiungiamo pure che l’omicidio di J.F. Kennedy, per essere correttamente inquadrato, andrebbe studiato non soltanto quale “fenomeno in sé”, ma inserito dentro una cornice più ampia in grado di rintracciare eventuali punti di contatto e affinità esistenti fra l’omicidio in questione e quelli successivi di Martin Luther King (Menphis, 4 aprile 1968) e Robert Kennedy (Los Angeles, 6 giugno 1968). Come è noto, la liquidazione violenta di queste eminenti figure del mondo della politica e della cultura, che lavoravano per dare pieno compimento alle aspettative democratiche di masse divenute finalmente protagoniste del loro destino, darà il là all’apertura di una stagione monopolizzata da forze reazionarie e nemiche del popolo, leste nell’imporre una torsione oligarchica- tuttora in corso- in grado di ammorbare l’intero Occidente. Pur con tutti i suoi limiti, alcuni dei quali ingenerosamente ingigantiti da Noam Chomsky nel suo recente libro “Chi sono i Padroni del mondo”, J.F.Kennedy era un uomo che conosceva il valore della democrazia sostanziale e del primato della politica, da difendere dagli assalti impropri di quell’arrogante complesso militare e industriale già denunciati a suo tempo dal presidente Dwight Eisenhower. Un bel libro scritto dal giornalista d’inchiesta tedesco Mathias Brockers, “JFK. Staatsstreich in Amerika” (Westend Verlag editore), aiuta a farsi una idea più precisa circa il contesto all’interno del quale maturò l’omicidio del Presidente con annessi successivi grossolani depistaggi. In conclusione, invito tutti a meditare sulle parole cariche di significati proferite da J.F. Kennedy il 27 aprile del 1961 al cospetto dei rappresentanti della carta stampata, riuniti presso l’Hotel Waldorf-Astoria di New York: “La parola segretezza è in sé ripugnante in una società libera e aperta e noi come popolo ci opponiamo storicamente alle società segrete, ai giuramenti segreti, alle procedure segrete. Abbiamo deciso molto tempo fa che i pericoli rappresentati da eccessi di segretezza e dall’occultamento dei fatti superano di gran lunga i rischi di quello che invece saremmo disposti a giustificare. Non c’è ragione di opporsi al pericolo di una società chiusa imitandone le stesse restrizioni. E non c’è ragione di assicurare la sopravvivenza della nostra nazione se le nostre tradizioni non sopravvivono con essa. Stiamo correndo un gravissimo pericolo, che si preannuncia con le pressioni per aumentare a dismisura la sicurezza, posta nelle mani di chi è ansioso di espanderla sino al limite della censura ufficiale e dell’occultamento. Non lo consentirò, fin dove mi sarà possibile […].Poiché siamo osteggiati in tutto il mondo da una cospirazione monolitica e spietata che si avvale principalmente di mezzi occulti per espandere la propria sfera di influenza attraverso l’infiltrazione piuttosto che l’invasione, la sovversione piuttosto che le elezioni, l’intimidazione piuttosto che la libera scelta, la guerriglia notturna piuttosto degli eserciti diurni. È un sistema che ha investito molte risorse umane e molti materiali nella costituzione di una macchina efficientissima e perfettamente oliata che combina operazioni militari, diplomatiche, d’intelligence, economiche, scientifiche e politiche. I suoi preparativi non vengono resi pubblici, ma occultati. Ai suoi errori non vengono dedicati i titoli di testa, ma vengono nascosti. I dissidenti non sono elogiati, ma messi a tacere. […]. Un discorso decisamente “complottista”. Stranamente però gli “anticomplottisti” non muoiono mai…
N.B. A Marzo del 2018, pubblicato dal “gruppo editoriale Uno”, uscirà il mio prossimo libro
Francesco Maria Toscano
22/10/2017
La Repubblica 26/10/1988
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/10/26/chi-uccise-kennedy.html
CHI UCCISE KENNEDY?
LONDRA Rivelazioni inedite sull’ assassinio del presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy sono state fatte più volte nei 25 anni trascorsi dal delitto; ma si sono sempre rivelate infondate. Perciò la nuova, inedita versione dell’ accaduto diffusa ieri sera dalla rete televisiva britannica Itv ha lasciato piuttosto incerta l’ opinione pubblica. Secondo la Itv, ad uccidere Kennedy a Dallas, Texas, alle 12,30 del 22 novembre 1963, non fu l’ ex marine Lee Harvey Oswald, ma un sicario marsigliese dal cognome italiano, Lucien Sarti, assoldato dalla mafia, che agì con due complici. Indiscrezioni e anticipazioni sull’ inchiesta televisiva sono state diffuse prima che essa andasse effettivamente in onda ieri sera. A sua volta, la ricostruzione dei fatti presentata dal servizio tv si basa sulle ricerche di uno scrittore americano, Steve Rivele, il quale sostiene di aver seguito per quattro anni la pista degli assassini. Questa volta, insomma, la nuova versione potrebbe anche avere un contenuto di verità e non è escluso che essa abbia un seguito politico. Dalla sua inchiesta Rivele ha tratto un libro che verrà presto messo in vendita anche in Europa (è imminente l’ edizione francese). Ma vediamo gli elementi chiave della ricostruzione. Secondo la tesi di Rivele, Kennedy e suo fratello Robert, che era segretario alla Giustizia, stavano preparando un’ offensiva dello Stato contro la criminalità organizzata. La mafia chiese allora aiuto al clan dei marsigliesi. Il boss della mafia còrsa a Marsiglia, Antoine Guerini, reclutò tre killer professionisti: Lucien Sarti, Sauveur Pironti e Roger Bocognani. Qui c’ è il primo elemento verificabile della storia: se infatti Sarti fu ucciso in una sparatoria con la polizia messicana nel 1972, i suoi complici Pironti e Bocognani sono ancora vivi e possono essere interrogati. Pironti vive a Marsiglia e Bocognani in Colombia. Torniamo al 1963. Da Marsiglia i tre sicari vennero condotti a Città del Messico, dove passarono un mese a preparare l’ attentato. Un corriere della mafia li accompagnò al posto di confine di Brownsville, da dove entrarono in Texas con falsi passaporti italiani. A Dallas la mafia aveva affittato un alloggio per evitare che i tre fossero registrati in albergo. Fu fatta una prova generale dell’ assassinio: Pironti e Bocognani si appostarono in due caseggiati sul percorso di Kennedy, Sarti sulla collina di Grassy Knoll. Venne il giorno fatidico e il delitto. Compiuta la missione, i tre rimasero nascosti per dieci giorni negli Stati Uniti, poi tornarono a Marsiglia via Montreal, in Canada. Furono pagati in eroina. Rivele fornisce un altro elemento verificabile: afferma di aver ottenuto le informazioni decisive da due trafficanti di droga, Michel Nikoli e Christian David, anch’ essi rintracciabili. David in particolare, già capo del clan dei còrsi in America Latina, sostiene che la mafia gli aveva proposto di uccidere Kennedy prima che fosse assoldato Lucien Sarti. Il regista del servizio della Itv, Nigel Turner, non si limita a ripetere le tesi di Rivele, ma fornisce anche quella che sostiene essere una prova visiva dell’ accaduto. Il servizio mostra una fotografia che per Turner è quella del vero assassino, travestito da poliziotto, colto dall’ obiettivo con il fucile ancora fumante dopo aver sparato al presidente americano. la foto, scattata un attimo dopo l’ attentato, ritrae in primo piano Kennedy morente sulla limousine presidenziale, con il capo posato sul grembo della moglie Jackie. Un ingrandimento estremo, reso possibile da attrezzature elettroniche che nel 1963 non esistevano, ha fatto scoprire sullo sfondo la figura di un uomo con l’ uniforme della polizia sulla collina di Grassy Knoll, col volto parzialmente coperto dal fumo di uno sparo. A dire il vero molti testimoni interrogati dagli inquirenti dopo l’ assassinio sostennero di aver visto qualcuno sparare dalla collina di Grassy Knoll, ma questa versione fu smentita dall’ inchiesta ufficiale, secondo la quale a sparare fu Lee Harvey Oswald, che agì da solo, appostato a una finestra del sesto piano di un caseggiato. Non c’ era complotto, concluse il celebre rapporto Warren sull’ uccisione di Kennedy. Anche ricostruzioni successive, basate su registrazioni dalle quali sembravano udibili colpi diversi, sparati da direzioni differenti, sono state archiviate. Rivele e Turner sono convinti di aver dimostrato il contrario: Il complotto ci fu, e molto più grave di quanto si volle far credere. Turner rifà nel suo servizio la storia delle indagini, per concludere che indizi cruciali e le stesse ipotesi suggerite dall’ autopsia vennero ignorate.
“Da Marsiglia i tre sicari vennero condotti a Città del Messico, dove passarono un mese a preparare l’ attentato”
Notizia di oggi:
http://www.repubblica.it/esteri/2017/10/26/news/usa_desecretati_ultimi_documenti_omicidio_john_fitzgerald_kennedy-179368129/
“La documentazione ancora top secret dovrebbe confermare la versione ufficiale, a cui giunse la commissione Warren creata dal presidente Lyndon B. Johnson sette giorni dopo l’omicidio. Fu Lee Harvey Oswald a sparare a Jfk, e agì da solo. Nei documenti però ci dovrebbero essere informazioni sul viaggio di sei giorni che Oswald fece a Città del Messico qualche settimana prima degli eventi di Dallas”.
Che coincidenza..
Kennedy non sta parlando di società segrete ma dell’URSS
L’ assassinio di John F. Kennedy
(22 novembre 1963)
va contestualizzato storicamente
accanto all’attentato -fallito- contro Charles De Gaulle
(22 agosto 1962)
e a quello, riuscito, contro Enrico Mattei
(27 ottobre 1962).
Tutti e tre,
questi grandi protagonisti della storia contemporanea,
avevano posto una minaccia strategica evidente e immediata al sistema di potere dell’oligarchia anglo-americana.
Per J. F. Kennedy
pertanto, segnalo, segnatamente :
Craig Roberts: rivelazioni sulla fine di Kennedy?
Le ha scritte James Douglass nel 2008:
“Jfk and the Unspeakable” (Simon&Schuster, 2008).
cfr. :
Militari e Cia, Fbi e Israele: la verità sulla fine di Kennedy | LIBRE
Michael Collins Piper
nel suo libro Final Judgment (Giudizio Finale)
indaga sull’ipotesi che
Israele e il Mossad siano stati i grandi,
se non i maggiori protagonisti dell’assassinio.
cfr. :
[PDF]Final Judgment – American Free Press
americanfreepress.net/PDF/Final_Judgment.pdf
… FINAL. JUDGMENT. TheMissing Link in the. JFK Assassination Conspiracy.
… non dimentichiamo che J.F. Kennedy,
(come, prima di lui, De Gaulle e Mattei)
finirono nel mirino della Permindex,
pesantemente infiltrata dal Mossad israeliano,
e
Odio nucleare: era Israele il peggior nemico di Kennedy | LIBRE
Alami:
Israele in guerra con Kennedy
per la centrale atomica di Dimona,
nel complotto Cia-Mossad
anche il gangster ebreo Meyer Lansky.
…