Ma quanto è ridicolo e provinciale un Paese che aspetta con il fiato sospeso il giudizio di alcune agenzie di rating come Standard e Poor’s, i cui manager passano notoriamente più tempo fra i tribunali e le questure di mezzo mondo di quanto non ne trascorrano davanti ad un computer ad analizzare i dati? Ieri questi indovini incravattati hanno emesso il loro verdetto sull’affidabilità del debito italiano, stabilendo infine che l’Italia “non merita di essere declassata ma le previsioni per il futuro non sono buone”. “Esticazzé!”, direbbe un francese che non ha studiato alla Sorbona esperto però in questioni di vita vissuta. Facciamo un po’ di chiarezza. Il giudizio delle agenzie di rating non vale di per sé, ma solo nella misura in cui i soliti grimaldelli mediatici al servizio della speculazione parassitaria li utilizzano per “terrorizzare” il popolo e costringerlo ad accettare “sacrifici” che in condizioni di normalità nessuno accetterebbe. Si tratta insomma della vecchia e cara “strategia della tensione” declinata, per ora, solo sul versante macroeconomico. Per cogliere l’affidabilità di queste Cassandre basterebbe infatti ricordare come le principali agenzie di rating, a poco minuti dallo scoppio della crisi del 2008, continuassero a giudicare affidabilissimo il rating della “Lehman Brothers”. Sarebbe poi il caso che i cittadini riflettessero sulla vera natura e finalità di questi consessi opachi, governati da uomini potenti che grazie a media compiacenti restano sempre nell’ombra. Come mai i nostri grandi giornalisti d’inchiesta non approfondiscono di tanto in tanto i profili degli uomini che governano le agenzie di rating o le grandi banche d’affari internazionali? E perché non ci spiegano mai se sussistano eventuali conflitti di interessi fra i protagonisti di scelte importanti- capaci di destabilizzare perfino singoli Stati sovrani- sempre presentate come fossero decisamente “neutre”? Ed infine, nessuno ha nulla da dire sulla vergognosa e disdicevole prassi della “porte girevole”?, sulla ricorrente assunzione cioè presso i soliti colossi bancari di gente che fino al giorno prima- pensate al pessimo ex presidente della commissione Ue Barroso poi assunto da Goldman Sachs- ricopriva prestigiosi incarichi pubblici? Cosa fanno questi uomini politici durante il loro mandato per meritarsi a scadenza la “gratitudine” di speculatori, usurai e plutocrati? Queste domande non affollano le pagine dei nostri giornali, troppo impegnati a stabilire se il consigliere regionale Tizio o Caio ha mangiato una carbonara al ristorante con i soldi del gruppo contribuendo così ad aggravare lo stato di salute dei conti pubblici. Nessuno racconta però quante “carbonare” bisognerebbe ingurgitare per arrivare alla cifra monstre di 2,5 miliardi euro, esattamente equivalente ai soldi che lo Stato italiano versò nel 2012- al tempo del governo Monti- alla banca Morgan Stanley sulla base di un accordo capestro, stabilito negli anni in cui Mario Draghi era direttore generale del ministero del Tesoro, che consentiva alla grande banca americana di rivalersi sullo Stato italiano in conseguenza di un’ eventuale abbassamento del rating. Cosa che puntualmente avvenne grazie proprio a Standard e Poor’s. Sempre per puro caso vale la pena di precisare che Standard e Poor’s è controllata dalla società Mc Graw Hill che ha fra i suoi azionisti proprio Morgan Stanley che, a sua volta, sempre per una singolare coincidenza, ha aperto nel tempo le porte della società anche ai pargoli di Mario Monti e Mario Draghi, al secolo Giovanni e Giacomo (manco giusto Aldo per fare un trio perfetto). Qualcuno nota nulla di strano o di sospetto? Allora è proprio vero che siete degli inguaribili “complottisti”…
Francesco Maria Toscano
27/10/2018
[…] GLI STRANI (E TACITATI) INTRECCI CHE RUOTANO INTORNO A “STANDARD E POOR’S” […]