Le elezioni di midterm appena terminate in America offrono risultati confortanti. La famosa “onda blu” in favore del Partito Democratico dell’ex presidente Obama- vagheggiata da giornalisti mainstream e celebrità varie- non c’è stata. Anzi, Donald Trump si rinforza al Senato preparandosi così alla probabile rielezione alla Casa Bianca nel 2020. I democratici riconquistano la Camera- come era scontato- più per inerzia che per consenso, essendo le elezioni di medio termine storicamente appannaggio dei partiti di opposizione. Perfino il mediocre e idolatrato Barack Obama perse rovinosamente le elezioni di midterm nel 2010, venendo poi riconfermato Presidente due anni dopo in seguito alla schiacciante vittoria conseguita in danno dell’allora candidato repubblicano Mitt Romney. Questo risultato è confortate per almeno due buoni motivi: perché certifica che quella di Trump non è una parabola occasionale e fulminea destinata presto a sparire senza lasciare traccia; perché avrà forti ripercussioni anche in Europa dove le forze dell’establishment tentano di soffocare sul nascere i cosiddetti “populismi” che traggono forza anche dalla presenza di un (ex?) “outsider” alla guida della principale potenza del globo. Insomma, i nazisti tecnocratici e massoni mondialisti che hanno costruito questo mostro di globalizzazione ora finalmente declinante cominciano a sentire franare dalle fondamenta il loro malefico edificio. Oramai è chiaro che la “fine della Storia” immaginata da Fukuyama all’indomani della caduta del Muro di Berlino- come direbbe il ragionier Fantozzi- “è una cagata pazzesca”. Non è comunque il caso di adagiarsi sugli allori, anche perché il vecchio grumo di potere che ha governato i processi globali nell’ultimo ventennio promuovendo il terrorismo economico in Europa (“oddio lo spread!”) e quello politico in Medio Oriente (fiancheggiando cioè prima Al Qaeda e poi l’Isis) dispone ancora di ingentissime risorse economiche e prepara imminenti “colpi di coda”. Dobbiamo poi iniziare anche noi a ragionare in termini “sistemici”- come fanno da sempre con successo i padroni- lasciando ai soli stolti il compito di dividersi fra “sinistri” e “destri”, “repubblicani” e “democratici”. Bush junior e Obama negli Stati Uniti, così come Berlusconi e Renzi in Italia, pur appartenendo formalmente a schieramenti politici diversi, difendono in concreto gli stessi interessi economici e applicano indirizzi politici tutto sommato indistinguibili; allo stesso modo l’ex presidente inglese “laburista” Tony Blair è molto più affine ad un “conservatore moderato” come David Cameron che non ad un “compagno di partito” come Jeremy Corbyn, capace di archiviare per sempre quella nefasta “terza via” elaborata dal politologo Giddens che ha condotto all’estinzione i socialisti in tutto il Vecchio Continente. Poco importa che vincano astrattamente i “democratici” o i “repubblicani”, ciò che conta è che primeggino in tutti gli schieramenti principali presenti al voto personaggi ostracizzati e bollati come “populisti” ( di “destra” o di “sinistra” fa lo stesso) dai media di regime, ultimo baluardo posto a strenua e disperata tutela di un modello fondato sulla disuguaglianza esasperata, sul privilegio, sul ricatto, sulla menzogna e sull’usura.
Francesco Maria Toscano
7/11/2018
I “populisti” cavalcheranno ancora a lungo. Sono gli elitisti neoliberisti come Macron ad avere il fiato cortissimo, ormai.