Come già annunciato da giorni Mercoledi 20 Febbraio, a Gioia Tauro, a partire dalle ore 18.30, presso i locali de “La Commanderie”, si svolgerà un importante incontro che sarebbe riduttivo definire “convegno”. In compagnia dell’ambasciatore Alberto Bradanini, del giornalista Giulietto Chiesa e del filosofo Diego Fusaro (modera Nunzio Foti) daremo vita ad una discussione ad ampio raggio destinata in prospettiva ad incidere sulle diverse dinamiche che riguardano il Mezzogiorno d’Italia e le sue prospettive di rinascita all’interno di un quadro geopolitico in continuo movimento. L’obiettivo, da tutti condiviso, è quello di delineare dei percorsi di sviluppo astratti che poi le migliori classi dirigenti locali saranno in teoria chiamati a tradurre in risultati concreti. Oggi, mentre assistiamo al crollo del vecchio ordine mondiale senza che quello nuovo sia ancora effettivamente nato, il recupero di una parte così estesa, importante e abbandonata del territorio nazionale è questione non più rinviabile. Se il fine che siamo chiamati singolarmente e collettivamente a perseguire è quindi chiaro, meno definiti sono invece gli strumenti da utilizzare e i tempi di attuazione di una così ambiziosa prospettiva. L’incontro servirà perciò anche a fornire risposte in questa direzione. La scelta di organizzare un evento di questo livello proprio a Gioia Tauro non è poi casuale. Nell’immaginario diffuso Gioia Tauro rappresenta la sublimazione e l’acme di tutti i più gravi problemi che assillano il sud in particolare e l’Italia intera in generale. Città soffocata dalla presenza di una criminalità pervasiva, di fatto accudita felpatamente nel ventre di una borghesia mafiosa camaleontica, ipocrita e tentacolare. Città che conosce livelli di povertà e disoccupazione intollerabili per gli standard del cosiddetto “mondo libero”, nonostante (o forse a causa?) la presenza sul territorio di una infrastruttura strategica come il Porto, che avrebbe dovuto garantire ricchezza e lavoro a beneficio dell’intera comunità e che invece ha tradito e frustrato le tante speranze irresponsabilmente suscitate. Ma proprio perché ostaggio di una situazione così complicata e oggettivamente grave, la scelta di provare ad imporre un nuovo “Risorgimento Meridionale” proprio partendo da Gioia Tauro in particolare e dalla Calabria in generale assume un valore simbolico fortissimo. Se i nostri “buoni semi” attecchiranno infatti adesso anche dove il territorio è meno fertile, domani germoglieranno sicuramente dappertutto. Certo, a parte rare e luminose eccezioni, conosciamo il livello “mediocre” (per usare un eufemismo) che contraddistingue le classi dirigenti (non solo politiche) che guidano i processi decisionali dei nostri territori. Dovremo quindi provare a scovare, far crescere e “armare culturalmente” uomini “nuovi”- che non significa giovani anagraficamente ma nuovi perché portatori di un messaggio nuovo- che accettino di dedicare le proprie energie all’impegno pubblico, vivendo la politica come “alta forma di carità che unisce in senso verticale a Dio e in senso orizzontale ai bisogni degli uomini” (Paolo VI). In un primo momento, visto che le classi dirigenti non crescono sotto un fungo e non s’inventano da un giorno all’altro, sarà forse necessario che le migliori, più generose e lungimiranti personalità che l’Italia oggi esprime si impegnino direttamente, accompagnando anche fisicamente la costruzione e la preparazione di una élite politica e culturale in grado un domani di camminare sicura con le proprie gambe. In ogni caso il “dado è tratto” e indietro non si torna.
Francesco Maria Toscano
15/02/2019