MattarellaPassato quasi un anno dalle elezioni politiche è ora il di fare il punto. Il 4 marzo del 2018, infatti, gli italiani hanno cambiato radicalmente con il voto la vecchia geografia politica, depotenziando i vecchi arnesi in mano alla finanza apolide e globalista come il Pd e Forza Italia. Il Movimento 5 Stelle risultò di gran lunga  il primo partito italiano, mentre la Lega di Salvini- pur presentatasi in coalizione- riuscì a staccare la zattera alla deriva forzista guidata da un redivivo Berlusconi nella competizione “interna”. All’indomani del voto tutti i soliti poteri marci andarono quindi in fibrillazione. I servi che per un ventennio avevano svenduto i beni pubblici nazionali a beneficio di consessi privati internazionali, infatti, non riuscivano più a carpire consenso manipolando i cittadini per mezzo di media addomesticati e complici. Per la “casta” autentica- quella che controlla l’informazione, non quella stracciona e irrilevante dipinta anni fa dai corifei Stella e Rizzo- cominciavano i problemi. Che fare?, si domandavano perciò leninianamente nelle segrete stanze i padroni e gli usurai presentati al popolino alla stregua di “filantropi”. Il compito di tradurre in pratica politica conseguente le preoccupazioni e i sospiri dei “filantropi/licantropi” cadde ovviamente sulle spalle di Mattarella, issato sul Colle più alto da Draghi e i suoi “fratelli” proprio per vigilare al fine di impedire che l’eventuale nascita di nuove maggioranze parlamentari potesse deviare il “corso storico” che i “sapienti” avevano in maniera solipsistica deciso per tutti noi. Cosicché il nostro “riservato” Capo dello Stato, così silente nei primi anni da sembrare di fatto assente, fu costretto a trasfigurarsi in una notte in una specie di Napolitano siculo, pronto a mettere bocca su tutto e a lanciare “moniti” senza soluzione di continuità per la gioia di Bruxelles e Francoforte. L’idea che, in conformità con lo spirito della nostra Costituzione, il Parlamento italiano potesse tornare ad esercitare una sovranità non solo formale, infatti, mandò letteralmente in tilt i capi delle massonerie internazionali, disposti ad aumentare le pressioni su Mattarella al fine di impedire la nascita di un governo che, a differenza di quelli precedenti a guida Pd, lavorasse autonomamente nell’interesse prioritario del popolo votante. Questa banalità, che un tempo si chiamava “democrazia”, fu ribattezzata “fascismo” nella neolingua contemporanea. Il giusto e doveroso “abbraccio” fra Lega e 5Stelle aveva nel frattempo prodotto una buona sintesi, cristallizzata nel famoso “contratto” garantito dalla individuazione di Giuseppe Conte quale nuovo premier in versione notaio. Sennonché, proprio ad un passo dall’arrivo, Mattarella arrivò al punto di far saltare tutto in aria pur di impedire la nomina di Paolo Savona- un placido ottantenne da sempre nei circuiti del potere- al ministero dell’Economia, figura da espungere perché sgradita a Draghi e alla Germania. In spregio di qualsiasi regola e norma, scritta e di buon senso, Mattarella nominò allora premier il prode Cottarelli, un fanatico dell’austerità, che non godeva dell’appoggio in Parlamento di nessuna forza politica (nemmeno dei camerieri del Pd intanto nascostisi nelle cantine). Quello era il momento, come Di Maio aveva giustamente intuito, di votare l’impeachment contro Mattarella, liberando l’Italia dall’ultimo fortissimo laccio che impediva (ed impedisce) il ritorno di una vera e sostanziale sovranità democratica nel nostro Paese, ridotto a colonia muta del nuovo Sacro Romano Impero franco-tedesco. I 5 Stelle, anche per colpa del pavido e furbo Salvini che pensò bene all’epoca di smarcarsi, tornò sui propri passi, accettando la nascita di un governo di compromesso che comprendesse al suo interno la presenza di vecchi massoni fedeli all’establishment come Tria e Moavero in posti chiave come l’Economia e gli Esteri. Le sconfitte di oggi dei grillini sono tutte figlie di quell’errore primigenio. E senza affrontare alla radice il problema nessun “pannicello caldo” potrà mai invertire il trend negativamente intrapreso dai pur onesti e volenterosi seguaci di Di Maio. Lo dico con rammarico, perché la discesa dei 5 Stelle e la crescita impetuosa della Lega significa Restaurazione, con Giorgetti nei panni della caricatura di Metternich pronto a fare ingentissimi danni per i prossimi decenni. C’è ancora tempo per porre rimedio. Ma non troppo.

    Francesco Maria Toscano

    28/02/2019

    Categorie: Politica

    3 Commenti

    1. Marco Giannini scrive:

      Invito alla lettura senza fermarsi al titolo.
      Peccato che alcuni network lo abbiano addirittura oscurato.
      https://comedonchisciotte.org/governo-di-imbecilli/

    2. Pincus scrive:

      I poteri marci internazionali si preparano ad oscurare tutto. Con l’appoggio dei Girogetti e della Lega.

    3. Rosalba Repaci scrive:

      La mia domanda parte dall’ultima frase: “C’è ancora tempo per porre rimedio. Ma non troppo.”
      Come porre rimedio?

    Commenta


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      Francesco Maria Toscano, nato a Gioia Tauro il 28/05/1979 è giornalista pubblicista e avvocato. Ha scritto per Luigi Pellegrini Editore il saggio storico politico "Capolinea". Ha collaborato con la "Gazzetta del Sud" ed è opinionista politico per la trasmissione televisiva "Perfidia" in onda su Telespazio Calabria.

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