Francesco Maria Toscano per Gazzetta del sud
Ripartire dal sapere e dall’integrazione culturale. E’ questa probabilmente l’unica via possibile per dare nuova linfa ad un processo di integrazione europea che, sulla scia della strisciante crisi economica mondiale, comincia a mostrare la corda. Magari, se anziché armonizzare soltanto i mercati e la moneta, le diverse classi dirigenti europee susseguitesi negli anni avessero provveduto a costruire un nuovo sentire comune, partendo proprio dalla valorizzazione dello scambio interculturale, oggi le fondamenta comunitarie risulterebbero probabilmente più solide e meno vulnerabili sul piano della speculazione finanziaria. In ogni caso, è bene rafforzare le occasioni di coesione, che anche gli strumenti attuali consentono, affinché si radichi nelle nuove generazioni un comune senso di appartenenza. Uno dei progetti che certamente negli ultimi due decenni ha contribuito maggiormente nella direzione dell’abbattimento di quelle frontiere culturali che ancora penalizzano il vecchio continente è certamente il progetto “Erasmus”. Un progetto capace negli anni di fare muovere con finalità di apprendimento comparato tantissimi studenti europei desiderosi di vivere concretamente un’idea, altrimenti astratta, di Europa unita. Ma nonostante gli sforzi e gli indiscutibili successi, anche l’interscambio culturale denota alcune criticità che devono essere conosciute e quindi superate. A tal proposito, l’associazione Esn Rhegium ha inteso presentare presso la facoltà di Architettura uno studio, denominato “Prime”, finalizzato proprio all’approfondimento su scala europea delle principali problematiche che penalizzano gli studenti all’estero. Dopo l’introduzione del moderatore Santo Cambareri che ha indicato le priorità strategiche nella “cultura comunitaria e nella mobilità su scala europea”, il prof. Alberto De Capua delegato per l’orientamento della facoltà di Architettura, rivolgendosi ai tanti studenti stranieri presenti in sala , specie spagnoli e polacchi, ha posto l’accento sulla capacità “di accoglienza dei nostri territori”. Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento del prorettore Giampiero Tonin che ha sottolineato la vocazione internazionale dell’ateneo: “Noi”, ha detto Tonin, “vogliamo essere di supporto per un importante sviluppo delle relazioni internazionali”. A Marco Cuzzocrea, dell’associazione Esn Rhegium, il compito di spiegare nel dettaglio e a colpi di numeri i risultati dello studio condotto: “Il progetto Prime”, chiarisce preliminarmente Cuzzocrea, “è finanziato dalla comunità europea e intende evidenziare i principali problemi che gli studenti all’estero incontrano. Uno di questi è sicuramente rappresentato dalla difficoltà che spesso gli studenti incontrano nel vedersi riconosciuti i crediti all’estero. I numeri ci dicono che le situazioni variano molto a seconda dei diversi Paesi. Sarà molto più agevole studiare all’estero senza subire interruzioni nel cammino universitario per un giovane belga di quanto non lo sia, per esempio, per un suo omologo ungherese. L’Italia risulta in una posizione intermedia”. Hanno inoltre impreziosito il dibattito il prof. Giuseppe Barbaro, delegato per la facoltà di Ingegneria, Daniele Fonti, dirigente dell’ufficio relazioni internazionali e il prof. Paolo Porto, delegato per la facoltà di Agraria. Probabilmente soltanto una nuova generazione potrà portare a compimento quell’idea di Europa politica unita e solidale che immaginava già Alcide De Gasperi nel 1954, quando in occasione della Conferenza parlamentare europea svoltasi a Parigi pronunciò un discorso dal titolo “La nostra patria Europa”. Per ora gli europei hanno unito soltanto le tasche. Ma per unire cuori e sentimenti non è rimasto in vero ancora troppo tempo.