Leggo sulla prima pagina di Reggio del Quotidiano della Calabria di oggi un’ inchiesta, a firma Caterina Tripodi, circa lo staff del Presidente della provincia Giuseppe Raffa. Non intendo esprimere valutazioni sulla bontà di una simile operazione perché la mia concezione sacrale della libertà di stampa mi spinge a prediligere sempre la notizia rispetto alle letture dietrologiche. Caterina Tripodi mi riserva il privilegio del primo posto nel suggestivo elenco di persone che collaborano con il Presidente della Provincia Raffa. Perché, questo è il succo del prezioso scoop giornalistico, perfino Raffa come tutti i sindaci e i Presidenti di questo mondo ha un suo staff. In un Paese come l’Italia dove, certificano le migliori indagini sociologiche, i figli dei potenti occupano militarmente ogni angolo della vita pubblica, i politici impongono indisturbati nelle liste elettorali figli, figliastri ed amanti e il mercato del lavoro è così rigido per cui si trova un’occupazione solo attraverso la conoscenza di qualcuno che conta, la Tripodi individua il sommo scandalo nella presenza di Valeria Laganà, lontana parente del Presidente Raffa, all’interno di una struttura fiduciaria, retribuita con l’iperbolica cifra di un migliaio di euro netti al mese. Grazie alla Tripodi la Casta mostra finalmente il suo vero volto: Valeria Laganà, precaria a mille euro. Sulla lungimiranza e la capacità ermeneutica della Tripodi di cogliere le criticità decisive che attanagliano la nostra realtà calabrese lascio il giudizio ai lettori. Per quello che mi riguarda intendo però fare alcune puntuali precisazioni. Nell’inserirmi correttamente nell’elenco della persone che portano la colpa di collaborare con Raffa, non potendo dipingermi ancora come parente dello stesso (qualifica che potrei però in astratto assumere in corso d’opera, ad esempio innamorandomi di qualche congiunta di Raffa…), la Tripodi ci tiene ad informare il pubblico sulla circostanza, anch’essa certamente stravagante, di come perfino io ( ma pensa un po’…) abbia un padre. E non un padre qualunque, bensì un padre giornalista per giunta nobilitato (troppa grazia) della qualifica di “noto”. Leggendoti cara Caterina, ma lo dico scherzosamente, mi è venuta in mente la, questa sì, notissima favola di Fedro, “Lupus et Agnus”, nella parte in cui il lupo non sapendo di cosa accusare l’agnello ricordò allo stesso di avere un padre. A parte gli scherzi. Se tu con quel “figlio di un noto giornalista” hai voluto dare ad intendere con una formula allusiva tipica della realtà calabrese che le mie esperienze lavorative, passate, presenti e future sono esclusivamente il risultato della felice casualità di avere avuto dalla sorte per dono un padre come Pino Toscano ti prego di dirlo chiaramente. Per poi eventualmente accettare un pubblico dibattito con me per approfondire i termini della tua accusa. Per quanto riguarda l’incarico pregresso nel consorzio “Piana Sicura”, hai dimenticato di aggiungere che ho prestato servizio a titolo gratuito organizzando eventi di successo, alcuni alla presenza di Bolzoni e del tuo collega Baldessarro, dimettendomi in polemica con le logiche spartitorie del sindaco Bellofiore. In conclusione, siccome mio padre è come te un semplice redattore di un quotidiano locale, magari con qualche capello bianco in più e i figli grandicelli, non vedo l’ora di scoprire un domani le passioni lavorative dei tuoi figli per poter così esprimere la tua stessa eccitazione in barba alla disoccupazione.
Francesco Maria Toscano