È sbagliata la semplice dicotomia austerità-crescita. E ancora più sbagliata è l’impostazione dei lestofanti (ce ne sono tanti) che intendono coniugare “le ragioni dello sviluppo con quelle della disciplina di bilancio”. Il dibattito economico è importante nella misura in cui riesce a far comprendere al maggior numero possibile di cittadini il concetto di sovranità monetaria, facendo così di colpo crollare i fantasmi che danzano intorno a tanti cittadini smarriti, al fine di indurli a scivolare lentamente, supinamente ma inesorabilmente nello squallore del bisogno. Per il resto non è logico, realistico né proponibile pretendere che tutti gli elettori votanti diventino improvvisamente professori di macroeconomia in grado di rispondere con una liberatoria e consapevole pernacchia alle analisi fuorvianti diffuse a pagamento da politologi che eccellono solo nel gonfiare il (loro) conto in banca. La tecnica procedurale è utile nella misura in cui si mette al servizio di una idea che, prima che economica in senso stretto, è politica e sociale. Il dibattito tutto interno agli strumenti per superare la crisi è perciò palesemente insufficiente. I pappagalli che da un ventennio cianciano di misure per la crescita sono gli stessi che hanno già condotto il Paese in piena recessione. I fatti non contano, valgono soltanto le imposture suggestive. E’ utile quindi spostare la discussione su un piano diverso. La storia dell’umanità è costellata di soprusi, perpetuati dai dominanti ai danni dei dominati. Lo sfruttamento schiavistico determinato da ragioni economiche, razziali o nobiliari è regola, mai eccezione, nella storia dell’uomo. L’apartheid imposto ai neri sudafricani dalla minoranza bianca in tempi recentissimi rappresenta un buon esempio di mostruosità fine a se stessa. Le politiche di austerità imposte dalle élite europee ai rispettivi popoli sono la prosecuzione raffinata di quelle stesse linee di pensiero che hanno per decenni salvaguardato un ordine sociale inumano e aberrante. I bianchi sudafricani, con la scusa della inferiorità razziale, volevano in realtà gerarchizzare la società in modo da rendere la maggioranza nera perennemente serva della minoranza bianca dominante. Le èlite europee si muovono sullo stesso solco: con la scusa della crisi intendono cioè piegare e umiliare le ragioni della maggioranza dei cittadini in modo da renderli pienamente ma inconsapevolmente funzionali alle bramosie di potere e smisurato arricchimento di nuovi imbellettati euro-schiavisti. Per questo sono inutili e controproducenti le semplici soluzioni di natura economica avanzate da più parti, non accompagnate mai da una corretta valutazione storica, filosofica e criminologica del fenomeno da affrontare. E’ il momento di affrontare di petto e con coraggio le cause prime del problema, senza bovinamente stupirsi delle ovvie, volute e dissimulate risultanze. Altrimenti continueremo a somigliare tutti a quello stralunato personaggio di Benigni che, nel film Johnny Stecchino, si era convinto di come “il traffico” fosse il principale problema di Palermo.
Francesco Maria Toscano
Sono pienamente d’accordo. Se si continua a spiegare la crisi solo con l’economia non credo se ne venga a capo. Per comprendere i problemi di oggi è necessario porre l’uomo al centro dell’universo. E’ un comportamento tutto italiano quello di avere la presunzione di saper risolvere tutto… tutto so mi! Adesso ci sono gli europei di calcio e gli italiani diventano tutti improvvisamente i migliori allenatori: “bisogna cambiare subito Balotelli… no! Cassano è meglio farlo entrare al 2° tempo… ma che diciii? è meglio il 4-4-2!!!”. Durante la crisi economica diventano tutti professori di economia, guardando Ballarò e l’Infedele. Se ci fosse una catastrofe ambientale, probabilmente sarebbero tutti esperti di scienze naturali ambientali, ecc.
Per comprendere la deriva che viviamo oggi, occorre uno sforzo ermeneutico per approfondire quelle pre-conoscenze (che riteniamo siano la verità, ma che spesso sono inquinate da tanti pregiudizi) ed attribuire alle stesse un significato ed un senso più vicino alla realtà. Questo processo di apprendimento e perfezionamento è in continuo addivenire e non si esaurisce con lo studio di una sola disciplina o soltanto con lo studio. Trovo molto intelligente chi non smette mai di porsi dei dubbi. Dovrebbe ritornare in ognuno di noi la passione per le scienze umanistiche e la filosofia, spesso considerate come un lusso per radical chic. Comprendere l’integrazione europea a partire dalla storia, le tradizioni e la cultura dei popoli europei. Prima dei modelli macroeconomici, comprendere la storia delle dottrine politiche e contestualizzare ai tempi d’oggi le varie forme di pensiero, che valevano allora per quel tempo e per quell’autore, ma adesso? Adam Smith, il padre del liberismo, oggi tanto avversato, al tempo in cui visse, “…se non previde completamente la Rivoluzione industriale nella sua piena manifestazione capitalistica, Smith osservò con grande chiarezza le contraddizioni, l’obsolescenza e, soprattutto, l’angusto egoismo sociale del vecchio ordine. Se egli era un profeta del nuovo, ancor di più era un nemico del vecchio. John Kenneth Galbraith.»