Cominciano le grandi manovre in previsione delle elezioni politiche del 2013. Monti assicura di non volersi ricandidare (ma quando mai si è candidato?), Napolitano spiega di non voler rimanere abbarbicato sul Colle oltre la scadenza del settennato, mentre Berlusconi prepara l’eterno ritorno. Inquietano di più le promesse di disimpegno di Monti e Napolitano che il tragicomico desiderio del Cavalier pompetta di tornare in pista. Non c’è politico più desideroso di rimanere incollato alla poltrona, tipo superattack, di quello che dichiara con malcelata nonchalance di “non volere servire oltre il Paese”. Veltroni dice da almeno tre lustri di volersene andare in Africa (promesse che scatenano periodicamente la gioia degli italioti e provocano contestuale disperazione negli abitanti del continente nero), Tabacci minaccia disimpegno in prossimità di tutte le tornate elettorali (in pubblico, mentre in privato mena, si dimena e si scatena) e, nonostante le promesse da marinai, tutte queste illustri riserve della Repubblica ce li ritroviamo puntualmente tra i piedi vita natural durante. Ora sono pure usciti allo scoperto una quindicina di fenomeni del Pd, tra cui gli immancabili Fioroni e Follini, che chiedono di essere rincuorati circa la prosecuzione futura del “montismo” pur in assenza dell’amato Monti. Questi estremisti ultraliberisti, che non godono del sostegno elettorale neppure dei prossimi congiunti, sperano di restare a galla abbracciando con veemenza lo scoglio Monti mentre il mare è in tempesta. Non hanno capito nulla e presto saranno costretti a trovarsi un lavoro vero per campare (anziché vivere nel lusso succhiando il sangue ai poveracci che volutamente affamano) ma, per il momento, ottengono l’effetto collaterale di rendere il Pd ancora più inviso e screditato agli occhi dell’elettorato. Bersani sta provando in tutti i modi a perdere la possibilità di governare il Paese. Non è semplice, ma devo riconoscere che alla lunga il segretario del Pd potrebbe perfino riuscire in un’impresa che, valutata ex ante, pareva impossibile. Con il duo Berlusconi-Bossi ridotto ai minimi termini, nonché incalzato da un comico da strapazzo come Grillo, a sua volta imboccato da due fini politologi del calibro di Casaleggio, guru new age esperto in politica interna, e del suocero iraniano, risorsa indiscussa per la risoluzione delle spinose questioni medio orientali, come può Bersani pensare di riuscire a perdere un’altra volta? Domanda legittima ma ingenua. La capacità autolesionista del Pd non conosce confini e le manovre messe in atto dalla segreteria per garantirsi la futura sconfitta sono all’altezza della situazione. Chiudo il pezzo con una relazione sintetica a beneficio di Bersani circa le mosse principali da concretizzare per inseguire il lucido obiettivo della sospirata disfatta:
1) Costruire un’alleanza variopinta, centrista e felsinea con i noti gufi Casini, Fini e magari pure Montezemolo
2) Cacciare sdegnosi dall’alleanza Vendola e Di Pietro perché “populisti”
3) Perseguire fino all’ultimo giorno nel sostegno al governo Monti facendo finta di differenziarsi ( se Monti vuole chiudere tutti gli ospedali, votare a favore, ma preoccuparsi di presentare un emendamento che impegni il governo ad acquistare congrue quantità di siringhe, acqua ossigenata e garze sterili)
4) Difendere il fiscal compact adducendo il principio della responsabilità
5) Difendere le telefonate Mancino-Napolitano con l’argomento che, poiché ha chiamato il privato cittadino Mancino, nessun costo aggiuntivo è addebitabile a carico dei contribuenti.
Queste le priorità da affrontare con decisione. Avverto però che tutto questo potrebbe non essere sufficiente per perdere. La migliore strategia non basta se non accompagnata anche da un pizzico di buona sorte.
Francesco Maria Toscano