Bella l’espressione usata da Di Pietro per definire uno schieramento alternativo all’asse Alfano - Bersani – Casini ed agli esecutori del massacro sociale che si sta consumando in nome della follia rigorista: “Non allineati”. Immagino che il leader di Idv non abbia usato a caso questa espressione e che il “non allineamento” sia riferito alle disastrose politiche del governo Monti, oggi più che mai indiziabili di non essere il rimedio bensì la causa dei problemi economici e finanziari che stanno attanagliando il nostro paese, ed all’autoreferenzialità dei partiti che in parlamento le sostengono, in queste ore preoccupati soltanto di salvare le loro poltrone attraverso perversi meccanismi elettorali, mentre il paese sprofonda letteralmente nel baratro. Inutile dire che questa idea mi trova perfettamente d’accordo: sono stato tra quelli che nelle scorse settimane ha parlato di una Syriza italiana o, comunque, di qualcosa che ci assomigli. Il problema, piuttosto, è il chi ne farebbe parte. Il movimento di Grillo, per andare subito al cuore della questione, potrebbe essere un interlocutore della coalizione dei “Non allineati”? Su questo ho i miei dubbi. E non tanto per l’approccio confuso e demagogico che il comico di Genova ed i suoi seguaci hanno sui temi dell’economia, che pure non è poco, quanto per la concezione della democrazia di cui sono portatori. La mia personale opinione è che questo movimento, al netto della buona prova di sé che ha dato su certe battaglie concrete, sia figlio della particolare situazione di crisi e di decadenza del nostro sistema politico-istituzionale, e come tale viva, si alimenti, delle contraddizioni di questa fase di transizione. Più che il germoglio di una nuova e duratura entità politica, mi sembra, in linea generale, l’epifenomeno di un profondo sconquasso che sta affliggendo la società e la politica italiana. Come per altre esperienze similari, non è detto tuttavia che alcune sue intuizioni, certi suoi tratti originali, non possano fare scuola e sopravvivere in altri contesti politici. Penso all’uso intelligente e costruttivo della rete, ad alcune proposte di modernizzazione del nostro sistema politico, anche ad alcuni obiettivi di riconversione dei nostri apparati produttivi e di approvvigionamento energetico. Ciò che considero invece pericolose, inaccettabili, sono alcune idee di Grillo in tema di “democrazia digitale”. Nel libro che il leader del Movimento 5 Stelle ha scritto con Gianroberto Casaleggio, Siamo in guerra, si legge che “Le masse informate non hanno più né il bisogno né la volontà di delegare ad alcuno il loro destino. I Referendum via rete, senza quorum e propositivi diventeranno la normalità”. Uno scenario aberrante, una sorta di plebiscitarismo digitale, nel quale il cittadino, al di fuori di ogni socialità, anche di tipo politico, sarebbe periodicamente chiamato a fare un click su un si o un no, per avallare o bocciare scelte fatte dall’alto ovvero per esprimere posizioni che, nella maggior parte dei casi, nessuno raccoglierebbe. Né risulta più rassicurante la previsione che il comico genovese fa a proposito del futuro dei partiti: “In un tempo abbastanza breve – un decennio o due- nulla sarà come prima. Scompariranno i media tradizionali, svanirà gran parte delle strutture gerarchiche che regolano i vari aspetti della società e dell’economia. Tra queste, anche i partiti, che saranno sostituiti dai movimenti.” C’è enfasi in queste parole, mentre io credo che, in linea di principio, siano profondamente sbagliate. Una cosa è la libertà d’informazione, a proposito della quale il tema della rete è fondamentale – prova ne è stata la straordinaria partecipazione ai referendum sull’acqua e sul nucleare – , altra cosa è trasformare la rete nella sede “istituzionale” delle decisioni politiche o nel luogo di elezione per l’esercizio della volontà popolare. Per quanto vituperati, gli istituti “formali” della democrazia rappresentativa continuano ad essere gli unici a garantire un esercizio consapevole dei diritti di libertà. L’alternativa non possono che essere masse di individui atomizzati, soli davanti agli schermi dei loro personal computer, portatori di una nuova forma di protagonismo passivo di fronte all’ineffabilità del potere. E se questa è l’idea che i grillini hanno della democrazia, il suggerimento che mi sentirei di dare a Di Pietro, ed ai “non allineati”, è di tenersene il più possibile alla larga.
Luigi Pandolfi
26/07/2012
“Più che il germoglio di una nuova e duratura entità politica”..Il problema che non si vuole capire è che le durature entità politiche hanno fatto il loro tempo e i loro danni. Quello che si cerca è proprio un passo avanti verso il sorpasso della democrazia rappresentativa, che ha fallito. Il cittadino “Sarebbe periodicamente chiamato a fare un click su un si o un no” , forma imperfetta ma comunque più incisiva dell’attuale fare un click su Vespa o su Santoro,mentre i nostri voti non sono rappresentati e non abbiamo più nessun controllo del Potere che decide le nostre vite, il quale si allontana nelle nebbie verso Bruxelles. Se poi i “non allineati” sono ANCORA politici professionisti (che in realtà sono tutti perfettamente allineati su quel che conta per loro) alla Scilipoti o Tedesco, prego Di Pietro di non fare neppure certe proposte anacronistiche.