Ho conosciuto personalmente PierGiorgio Gawronski in occasione della preparazione dell’evento sulla MMT in Calabria svoltosi nel dicembre del 2012 (clicca per leggere). Ho scoperto un professionista rigoroso, attento e dotato di una capacità espositiva profonda e brillante, lontana anni luce dal modello autoreferenziale e inutilmente pomposo che caratterizza la “favella” di alcuni pseudo scienziati abituati ad applaudirsi da soli. Ho invitato Gawronski proprio perché colpito dalla lucidità anticonformistica di alcune sue analisi, in grado di demistificare con largo anticipo i peggiori dogmi neoliberisti sempre pronti a decantare  le indiscutibili virtù di una austerity senza fine. Gawronski, aldilà delle elucubrazioni fantozziane di qualche oscuro e ridicolo “caporale” prestato all’economia, è unanimemente apprezzato quale intellettuale poliedrico e di valore, tra i pochi in grado di leggere i fenomeni macroeconomici all’interno di una salutare ed indispensabile cornice politologica. L’esatto contrario di ciò che sono abituati a fare moltissimi economisti “di sistema”, lesti nel difendere la giustezza dei loro spudorati vaniloqui a dispetto di qualsiasi empirica evidenza. Non sono pochi infatti i “feticisti del grafico” che, dopo avere trasformato l’Europa in una valle di lacrime, impunemente continuano a difendere le ragioni di alcune scellerate scelte di politica macroeconomica che sottendono in realtà finalità di asservimento antropologico. Ma, con grande soddisfazione, ho  presto capito che PierGiorgio Gawronski non è soltanto un professionista di assoluto valore e prestigio, ma anche e soprattutto un Uomo (da intendersi nella specifica accezione sciasciana), spesso insolentito dal quaquaraqua di turno, dotato di sensibilità, ironia ed empatia fuori dal comune. Alla luce di questo lungo quanto necessario preambolo ho trovato particolarmente irritanti i toni utilizzati da tale Alberto Bisin per criticare le intuizioni dello stesso Gawronski (clicca per leggere). Bisin, che si colloca sulla falsariga concettuale già tracciata  dall’economista-omanita Fabio Scacciavillani, alimenta la polemica contestando alla radice la ri-proponibilità delle “dissennate  ricette keynesiane del passato”, nel farlo dimentica però di argomentare uno straccio di motivazione. Ma, si sa, al vero credente basta la fede. Nell’impossibilità di discutere nel merito delle cose, Bisin tenta pateticamente di impressionare la platea attraverso un pacchiano sfoggio di titoli accademici da fare invidia al “nobile Marchese, signore di Rovigo e di Belluno, ardimentoso eroe di mille imprese, morto l’undici maggio del ‘31”, personaggio tragicomico magistralmente dipinto ne “La livella” dal principe Antonio de Curtis per gli amici Totò. L’esimio Bisin si tranquillizzi, per dire fesserie non c’è bisogno di nessun “phd” conseguito a Chicago: basta la terza media. A Bisin, anziché passare il suo tempo a studiare grafici con la stessa attenzione con la quale si fanno le parole crociate, consigliamo invece di farsi un giro nella Grecia di oggi (clicca per leggere), esempio vivente dei “grandi successi” raggiunti da quelle politiche del rigore che tanto piacciono al nostro professore col pennacchio. In ultima analisi, Bisin e tutti quelli come lui, ricordino che l’economia deve essere presto ricondotta sotto la direzione di una politica destinata a costruire una società che miri in via esclusiva a garantire a tutti gli uomini di vivere in maniera libera e decorosa. Non esistono soluzioni tecnicamente ottimali e politicamente neutre che possano ignorare questa priorità. Una buona politica economica è quella che distribuisce ricchezza e abbatte le disuguaglianze. La soddisfazione del popolo, in democrazia, è metro di tutte le cose. Compito della tecnica rimane esclusivamente quello di fornire gli strumenti utili per centrare obiettivi pensati e imposti dal potere politico espressione del popolo sovrano. Se le regole attuali, evidentemente pensate a tutela degli interessi di una èlite schiavista dominante, impediscono il pratico affermarsi di una idea di società inclusiva, aperta, equa ed armoniosa, allora vuol dire che è arrivato il momento di cambiarle in profondità. La storia, dalla Rivoluzione francese fino al processo di Norimberga, ci offre fortunatamente tante, diverse e utili testimonianze riguardanti popoli interi in grado di rialzarsi dopo avere coraggiosamente spezzato le catene della menzogna e dello sfruttamento accompagnate da un interessato quanto ipocrita pietismo (prassi nella quale, indiscutibilmente, eccelle ad esempio il nostro attuale premier  Enrico Letta).

    Francesco Maria Toscano

    30/07/2013

    Categorie: Editoriale

    Un commento

    1. ampul scrive:

      Ahahaha… Ma mi pare sia stato ben redarguito dal professor gawronsky… Per chi non è attento solo ai phd riportati su google, leggere attentamente quel blog e il tuo articolo annesso, è una gran bella soddisfazione!

      Benissimo!

    Commenta


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      Francesco Maria Toscano, nato a Gioia Tauro il 28/05/1979 è giornalista pubblicista e avvocato. Ha scritto per Luigi Pellegrini Editore il saggio storico politico "Capolinea". Ha collaborato con la "Gazzetta del Sud" ed è opinionista politico per la trasmissione televisiva "Perfidia" in onda su Telespazio Calabria.

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