Carissimi amici e lettori de Il Moralista. In questi ultimi anni ho provato, con costanza e passione, a demistificare le letture false e interessate che il mainstream propone per consentire il riemergere di una visione del mondo e dell’uomo decisamente barbara e iniqua. Con quali risultati dovete dirmelo voi. Vi confesso che, perdurante l’acquitrino fangoso che monopolizza il dibattito pubblico italiano ed europeo, la voglia di continuare a commentare le quotidiane piccolezze recitate noiosamente dai soliti figuranti a gettone comincia a scemare. Oggi, ad esempio, di cosa dovremmo parlare? Dell’incontro tra Letta e Renzi, con il primo che dice che va sempre tutto bene imitando maldestramente il Matteo Scuro (interpretato da Marcello Mastroianni) dell’omonimo film di Tornatore (“Stanno tutti bene”)? Del Jobs Act di Renzi, versione gattopardesca e paracula delle solite ricette neoliberiste già sperimentate e fallite in ogni angolo del pianeta Terra? Della maestria del rottamatore nel calarsi contemporaneamente e con disinvoltura nei panni dell’uomo di lotta e di governo come i più credibili cugini Posalaquaglia del film “La Cambiale” (testimoni pro e contro nella stessa causa)? Dell’ascesa di Giovanni Toti che ingabbia i falchi del Pdl? Dei moniti di Napolitano? Del pericolo populismo rilanciato a giorni alterni da chi, come l’illuminato ambasciatore Sergio Romano, il popolo lo odia fin dalle viscere? Della crescita imminente teorizzata dal medium visionario Fabrizio Saccomanni, per gli amici er gelatina? Basta, non se ne può davvero più. Tutto quello che c’era da dire è stato detto, tutto quello che c’era da spiegare è stato spiegato, tutto quello che era avvolto dalle tenebre è stato rischiarato dalla luce della ragione e della conoscenza. Per non correre il rischio di rimanere impigliati all’interno di uno schema che alterna stancamente contemplazione e recriminazione, recriminazione e contemplazione, spero arrivi presto il momento di trasferire sul piano pratico della contesa politica le tante buone idee che nel tempo ci siamo scambiati. Altrimenti, se proprio dovessi rassegnarmi a vivere il Moralista come spazio esclusivamente teoretico e discorsivo, credo sia giunto il momento di ripensare forme, modi e contenuti del blog. Mi spiego meglio. Una volta stabilito cioè che il nostro orizzonte è giocoforza di tipo meditativo, ha certamente più senso poggiare il nostro sguardo su fatti, storie e vicende un tantino più interessanti dell’ossessione per le nozze gay di Alfano e Giovanardi, dei sofismi sulla funzionalità delle legge elettorale spagnola applicata all’’Italia che tanto appassiona i commentatori à la carte e delle endemiche paturnie dei Fassina di turno che giocano a fare i reazionari nel Palazzo e i rivoluzionari nel cortile. Certo, di tanto in tanto la cronaca propone ancora argomenti interessanti e meritevoli di approfondimento, penso al dibattito promosso da Barbara Spinelli che individua in Tsipras (clicca per leggere) una possibile figura di raccordo intorno alla quale possano riconoscersi tutti gli autentici europeisti pronti a fare fronte comune contro il blocco filonazista che attualmente inquina le massime istituzioni comunitarie. Propositi alati e generosi che non mancherò di seguire con libertà di giudizio e interessata attenzione. Ma per il resto, ovunque mi giri, intravedo dappertutto soltanto personaggi sfuocati che cianciano di cose che non conoscono dispensando banalità grottesche e ipocrite. Da domani quindi si cambia registro. Per un po’, al fine di liberarci dal grigiore soffocante di una realtà che inaridisce la mente ed oscura il cuore, approfondiremo insieme prevalentemente argomenti di natura filosofica, letteraria, storica e politologica. Lo faremo per allargare i nostri sempre troppo angusti confini intellettuali, e, perché no, con l’ingenua e infantile speranza che tale operazione possa sortire un effetto simil-fluoxetina buono per lenire le ferite d’animo di tanti sognatori disillusi già tristemente incardinati sulla via che conduce all’ arido cinismo. Si comincia domani in compagnia di Jacques Maritain.
Francesco Maria Toscano
10/01/2013
Proporrei un argomento caro a Pierre Bourdieu.
Secondo il sociologo francese l’intellettuale, volente o nolente, in buona fede o meno, esprime un certo “prodotto” che è il suo pensiero su qualche argomento, ma insieme a questo “prodotto” esce fuori anche un “sottoprodotto” (byproduct) come per esempio la sansa quando si fa l’olio di oliva. Questo “sottoprodotto”, che finisce per essere più importante del “prodotto” apprentemente principale, consiste nel fatto che l’opera dell’intellettuale “serve” a ribadire, ridefinire ulteriormente o addirittura creare delle nuove determinazioni delle regole per la distinzione sociale e per la differenziazione fra le classi.
Un circolo vizioso dal quale non si esce se non in un caso ossia quando l’intellettuale si decide a fare politica dal basso, rivolgendosi agli strati meno colti e ricchi della popolazione, usando il suo sapere per ridare consapevolezza al suo stesso popolo.
Quindi due domande al Moralista se mai deciderà di farci un post: che ne pensi del problema che ho esposto?
Se sei d’accordo che gli intellettuali (e la media borghesia incapace fino ad oggi di una reazione autenticamente politica) latitano, qual’è la tua spiegazione del fenomeno?
Mancanza di coraggio? Furbizia e attendismo visto che ai livelli medi e medio alti la crisi non è ancora arrivata a toccare le “riserve segrete”? Complicità col potere?
Carissimo Toscano, non sottovalutare quel che hai fatto con il tuo insistente scrivere e riscrivere, perché ho constatato sulla mia pelle che scrivere significa sì comunicare ad altri delle idee, ma ha anche un altro scopo non meno importante: aiutare chi scrive a mettere ordine nella propria testa! Giammai si esce da una sessione pluriennale di scrittura conformati come si era prima della sessione stessa. Il Toscano d’oggi (prova a verificare tu stesso) non credo che sia più il Toscano che iniziò qualche tempo fa l’avventura de “Il Moralista”. Sicuramente le tante parole che hai stratificato con la passione che credo tutti abbiamo colto ti hanno trasformato. Essere “intellettuali” significa questo: coltivare il proprio intelletto con la vanga della riflessione sistematica. Non certo conoscere Dante a memoria o altre corbellerie simili (che per l’intellettuale vero possono essere strumento, ma non certo obiettivo).
Il percorso “iniziatico” alla Toscano!
ottimo dallo studio emerge sempre qualcosa di nuovo.
proporrei, se si riesce, un indice degli argomenti affrontati fino ad oggi su queste pagine