untitledBertinotti, già segretario di Rifondazione Comunista, nel commentare il recente exploit francese di Marine Le Pen ha dichiarato di intravedere nella dicotomia elite/popolo l’unico bipolarismo effettivamente esistente (clicca per leggere). Si tratta di una tesi che faccio mia, avendone tra l’altro intravisto i prodromi con un certo anticipo rispetto al subcomandante Fausto (clicca per leggere). Esiste una realtà fattuale che cozza con le categorie astratte. Mentre sul piano puramente teorico l’alternativa tra destra (identitaria, tradizionalista e liberista) e sinistra (progressista, laica e keynesiana) è tuttora valida, in concreto le principali famiglie politiche europee, Ppe e Pse in primis, sono oggi avvinghiate in un incestuoso abbraccio che annulla prospettive e differenze. Le politiche del rigore sono diventate patrimonio condiviso, caratterizzando in senso oligarchico le classi dirigenti europee, altresì impegnate a pulirsi la coscienza mascherando l’infamia dell’austerità dietro lo sbandierata lotta per il riconoscimento di nuovi diritti civili. Io credo che qualsiasi battaglia per il progresso che non metta al primo posto la sconfitta della povertà e del bisogno sia in radice viziata dalla malafede e dall’ipocrisia. Un uomo che non ha di che sfamare la sua famiglia non ha nulla. La sua libertà di culto sarà pari a zero perché alzerà gli occhi al cielo solo per maledire; la sua dignità di uomo sarà pari a zero poiché costretto a piatire l’aiuto dei suoi simili esponendosi a scherni e ricatti; le sue libertà costituzionali saranno pari a zero perché la libertà di espressione esiste solo per chi conserva la forza per parlare. Per cui, riconoscere diritti con la mano sinistra mentre si affama il popolo con quella destra è prassi ipocrita. Fra le quattro libertà scolpite da Roosevelt ve ne è una che costituisce precondizione per l’efficacia delle altre: quella dal bisogno. Mi pare opportuno ricordare un aspetto che certifica la ferocia che contraddistingue l’attuale governance europea. I massoni reazionari che dominano la Ue non si limitano a non rimuovere le cause che fomentano intollerabili diseguaglianze. Fanno di più e di peggio. Promuovono cioè politiche destinate scientificamente a diffondere miseria e indigenza. Non siamo quindi di fronte ad un fenomeno antico e conosciuto, sintetizzabile nel concetto di inefficacia della politica; al contrario, assistiamo quotidianamente  basiti alle gesta di un gruppo di masnadieri, lucidi e professionali, che realizza i meschini progetti che nel buio pianifica. La quasi avvenuta “cinesizzazione” dell’Europa, opera e vanto dei malefici Draghi, Merkel, Van Rompuy, Olli Rehn e compagnia, ne prova l’evidenza. E’ la particolarità del momento che fa saltare i vecchi schemi. In tutti i Paesi liberi e democratici le battaglie  elettorali si vincono e si perdono intorno ai temi dell’economia. Ora, considerato che il programma per le riforme del Front National lo scrive un economista illuminato e certamente progressista come Jacques Sapir, mentre  i socialisti francesi attualmente  al governo con Hollande continuano a difendere e promuovere le solite scellerate politiche neoliberiste, mi e vi domando: in ossequio a quale dogma è corretto bollare i primi come neofascisti, riconoscendo al contrario la patente di progressisti ai secondi? Non sarà che siamo tutti vittime di un riflesso pavloviano che ci paralizza di fronte alle etichette? Non sarà che è più semplice riproporre all’infinito l’eterno ieri in maniera acritica, anziché vincere il timore di mettere in discussione certezze ossificate che puzzano di muffa? Gli uomini liberi si interroghino sul punto.

    Francesco Maria Toscano

    28/03/2014

    Categorie: Editoriale

    20 Commenti

    1. ugo scrive:

      Non dimentichiamo mai che bertinotti fu tra quelli che “sdoganarono” l’eliminazione del meccanismo della “scala mobile”, raccontandoci palle su palle per convincerci che “è meglio così”.

      Non dimentichiamo neppure che il “nostro” è stato premiato per le sue malefatte con cariche su cariche in ambito politico. Ogni sindacalista che passa alla politica dimostra quando sono venduti i sindacati, quanto meno quelli “maggiormente rappresentativi”.

      Non dimentichiamo neppure gli intollerabili strascichi che il “nostro” comporta per la spesa pubblica – la lista degli emolumenti e dei benefit che riceve è lunga come la quaresima. Come “proletario” non c’è male davvero. Proprio un poveraccio. Ah, ovviamente da buon comunista non manca, mese per mese, di dividere i suoi proventi con qualche decina di persone comuni male in arnese, estratte a sorte per equità sociale.

      Ma che vada a ranare! Non è altro che un Bergoglio precoce in scala H0.

    2. Rosanna Spadini scrive:

      HO VISTO COSE CHE VOI UMANI …

      Un bell’articolo per riflettere sulle prossime elezioni europee …

    3. Rosanna Spadini scrive:

      Un’intervista blindata

      Un altro bell’articolo sull’intervista che Mentana ha fatto a Grillo: c’era qualcosa di strano vero?
      L’articolo lo spiega …

      • Petronius scrive:

        Rosanna, quello che scrive Modigliani va diviso a metà: una parte la butti e dell’altra non devi tenere conto.

        P.S.: Le mani venivano tranquillamente inquadrate, basta guardare il filmato. Come si fa a non inquadrare le mani di uno che parla gesticolando poi non si sa.

        • Rosanna Spadini scrive:

          Venivano inquadrate in movimento, non ferme, e comunque in quell’articolo ci sono molte verità.

        • Anais scrive:

          C’è una lunga storia da conoscere sui “codici” criptici del gesticolare delle mani, o opportunamente fermate sul viso o apparentemente “libere”…così come la Merkel si fa fotografare con le mani a piramide anche Grillo – da bravo conoscitore di segni e immagini mediatiche – ha ben “gesticolato” e Modigliani lo sa bene.

          • Petronius scrive:

            Pensa che la cosa che non mi convince del GOD è proprio il fatto che mette i link ai post di Modigliani…
            Anche se c’è da dire che sono credo più di sei mesi che non li mette più. Ma perché li metteva mi chiedo…mysteria latomorum…

            • and scrive:

              Io credo che all’inizio li mettesse perchè Modigliani scriveva liberamente i propri pensieri senza sposare alcun partito, ora parteggia troppo apertamente per il movimento e quindi viene a mancare l’equilibrio necessario.

    4. Rodion scrive:

      ** Bravissimo. **

      E qui lancio una provocazione (sempre che la “giuria” – non il carissimo ospite – non lo ritenga “insopportabile”):

      la sinistra “progressista, laica e keynesiana”, è quella da cui nasce la nostra Costituzione che trova, già dal primo articolo, una precisa connotazione. Fu la soluzione di Fanfani a conciliare tutte le forze politiche: «fondata sul Lavoro»: non sui «lavoratori» come avrebbero apprezzato i comunisti e senza «libertà» come avrebbero preferito i liberali.

      Questa Sinistra, attualmente, in Italia non esiste se non, “tecnicamente”, tra gli economisti post-keynesiani.

      C’è un’altra “sinistra”: quella dei posteri di Ventotene. La sinistra LIBERALE. Quella federalista ed europeista, quella che, con l’aiuto di ex-democristiani, ha convertito il PCI nelle varie sigle piddiniche dopo la caduta del muro (e il golpe del ’92).

      I pionieri che da bravi liberali, libertari e liberisti scambiarono la battaglia per i diritti politici e sociali in favore di quelli “cosmetici”, furono i radicali in cui, giustamente, confluì Ernesto Rossi.

      Le sinistre liberali (e comuniste riconvertite) si accodarono agevolmente agli ordoliberisti nipotini di Andreatta.

      Essendo noto che le teorie neoclassiche, liberiste, si basano su lavoro-merce che deve seguire le leggi di domanda e offerta senza rigidità sindacali, mi chiedo: qual è la compatibilità di queste ideologie con il programma costituzionale? Perché i comunisti (tra cui Napolitano) erano contrari allo SME e ad un’integrazione europea così come la voleva la “sinistra liberale”? Perché Rossi e Spinelli negano la contrapposizione tra classi e si distinguono dai “democratici” che si apprestavano alla Costituente? Come mai ritenevano la Democrazia “inadatta” in epoca di grandi trasformazioni? Che contrapposizione può esserci tra l’Ordoliberismo, ovvero l’ “economia sociale di mercato” e la “sinistra liberale”?

      Soprattutto:

      che differenza c’è tra il progressismo liberale USA e quello socialdemocratico, keynesiano, europeo del welfare? A chi si rifà la tradizione europeista e federalista?

      Mentre si potrebbe riflettere sull’unica (ad ora) matrice federalista ed europeista, contribuisco con una citazione di un intellettuale che parlava questa lingua provinciale che si chiamava Italiano:

      «La Repubblica, espressione della vita collettiva, trae il suo senso e il suo significato solo dalla partecipazione effettiva di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale»

      Continua…

    5. Rodion scrive:

      L’operaio che vive oggi nella grande fabbrica, l’operaio che vive oggi nella disciplina della divisione del lavoro, l’operaio che fa continuamente la stessa vite, lo stesso dado, la stessa molla, sa che la sua vite, sa che il suo dado, sa che la sua molla non hanno alcun senso, presi in se stessi; ma che fanno parte del lavoro collettivo. L’operaio sa che il suo lavoro, la sua opera, la sua stessa vita, assumono un valore nell’armonia dello sforzo collettivo. L’operaio sa che la macchina che esce dalla sua officina non è una somma di pezzi freddi e uguali, ma è l’armonia dell’opera complessiva, sa che la macchina non è una semplice somma di viti o di dadi, ma che le viti e i dadi hanno un senso in quanto sono parti della macchina.

      Ed è da questa esperienza che nasce la nostra esperienza; oggi la società non si può considerare una somma di individui, perché l’individuo vuoto non ha senso se non in quanto membro della società. Nessuno vive isolato, ma ciascun uomo acquista senso e valore dal rapporto con gli altri uomini; l’uomo non è, in definitiva, che un centro di rapporti sociali e dalla pienezza e dalla complessità dei nostri rapporti esso può soltanto trovar senso e valore.

      E allora anche le nostre concezioni politiche e giuridiche assumono un significato diverso. Non si tratta più di contrapporre l’individuo allo Stato, intesi quasi come entità astratte e lontane l’una dall’altra. Si tratta di realizzare invece la vita collettiva dalla effettiva partecipazione di tutti i mezzi.

      Ecco allora il senso dell’espressione dell’articolo primo del nostro progetto, che è per questa parte opera mia, e che l’onorevole Calamandrei citava l’altro giorno, là dove si dice che la «Repubblica italiana ha per fondamento il lavoro e la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese»; appunto, perché oggi non concepiamo più l’uomo come individuo contrapposto allo Stato, ma, al contrario, concepiamo l’individuo solo come membro della società, in quanto centro di rapporti sociali, in quanto partecipe della vita associata. La Repubblica, espressione della vita collettiva, trae il suo senso e il suo significato solo dalla partecipazione effettiva di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale.

      Ed ecco anche il senso del lavoro, inteso come fondamento della Repubblica; altra espressione che è stata criticata. Perché noi non facciamo, e non vogliamo fare, una Repubblica di individui, ma vogliamo fare non una Repubblica di individui astratti, una Repubblica di cittadini che abbiano solo una unità giuridica, vogliamo fare la Repubblica, lo Stato in cui ciascuno partecipi attivamente per la propria opera, per la propria partecipazione effettiva, alla vita di tutti. E questa partecipazione, questa attività, questa funzione collettiva, fatta nell’interesse della collettività, è appunto il lavoro; e in questo, penso, il lavoro è il fondamento e la base della Repubblica italiana.

      Ed ecco perché noi pensiamo che sia errata la concezione a cui parecchi colleghi si sono sovente inspirati nella redazione degli articoli, e che si trova nel progetto della nostra Costituzione che la democrazia si difende, e si difende la libertà, e si difendono i diritti del cittadino, limitando i diritti dello Stato, limitando l’attività o le funzioni dello Stato. Concezione che si inspira sempre a quella che noi riteniamo una contrapposizione superata fra individuo e Stato. Noi pensiamo che la democrazia si difende, che la libertà si difende non diminuendo i poteri dello Stato, non cercando di impedire o di ostacolare l’attività dei poteri dello Stato, ma al contrario, facendo partecipare tutti i cittadini alla vita dello Stato, inserendo tutti i cittadini nella vita dello Stato; tutti, fino all’ultimo pastore dell’Abruzzo, fino all’ultimo minatore della Sardegna, fino all’ultimo contadino della Sicilia, fino all’ultimo montanaro delle Alpi, tutti, fino all’ultima donna di casa nei dispersi casolari della Calabria, della Basilicata. Solo se noi otterremo che tutti effettivamente siano messi in grado di partecipare alla gestione economica e politica della vita collettiva, noi realizzeremo veramente una democrazia.

      E questo è il senso profondo, onorevole Calamandrei, degli articoli sul lavoro, che ella e molti altri colleghi hanno criticato; ella in forma particolare, quasi con spavento, dicendo che questi articoli sono formulati in modo che i cittadini domani, leggendo la Carta costituzionale, potrebbero dire: «Non è vero». Certo, non è vero oggi che la democrazia italiana, che la Repubblica italiana sia in grado di garantire a tutti il lavoro, che sia in grado di garantire a tutti un salario adeguato alle proprie esigenze familiari; ma il senso profondo di questi articoli nell’armonia complessa della Costituzione, dove tutto ha un suo significato, e dove ogni parte si integra con le altre parti, sta proprio in questo: che finché questi articoli non saranno veri, non sarà vero il resto; finché non sarà garantito a tutti il lavoro, non sarà garantita a tutti la libertà; finché non vi sarà sicurezza sociale, non vi sarà veramente democrazia politica; o noi realizzeremo interamente questa Costituzione, o noi non avremo realizzata la democrazia in Italia.

      Lelio Basso

      • ugo scrive:

        Ed è da questa esperienza che nasce la nostra esperienza; oggi la società non si può considerare una somma di individui, perché l’individuo vuoto non ha senso se non in quanto membro della società. Nessuno vive isolato, ma ciascun uomo acquista senso e valore dal rapporto con gli altri uomini; l’uomo non è, in definitiva, che un centro di rapporti sociali e dalla pienezza e dalla complessità dei nostri rapporti esso può soltanto trovar senso e valore.

        Questa frase, che trovo rivoltante in quanto vuole ridurre le persone a insetti sul genere delle api e delle formiche, mi risulta letteralmente rivoltante. L’animale umano non è un insetto. La comunità umana non nasce a beneficio della comunità, ma a beneficio d’ogni individuo che la compone. L’animale umano non è un animale che costituisce colonie, ma un animale che costituisce branchi. C’è una bella differenza, anche se gli umani al vertice (per ovvie ragioni, visto che immaginano se stessi come capi indiscussi e indiscutibili di colonie informi e senza cervello, come le colonie di insetti) vorrebbero convincerci del contrario. Come dissi nel caso di Bertinotti, che vadano a ranare!

        • marco f scrive:

          Trovo il paragone con le colonie di insetti perfettamente calzante.
          Anche l’aggettivo “rivoltante” è assai centrato, è la reazione condivisa di un essere umano di fronte alla riduzione di sé ad una cosa brulicante, simile ad un verme (certe analogie fornite dalla natura sono insuperabili).
          Qualcuno troverà pericoloso l’annullamento delle differenze tra partiti e movimenti di destra e sinistra. Io personalmente credo sia la conseguenza dell’emancipazione delle idee e del superamento dei limiti imposti da “sopra”.
          Ben venga la “destra” di oggi che attacca banche ed euro e sputa in faccia a Bertinotti.
          Ben venga la “sinistra di oggi che… Azz, non mi viene niente…

    6. Rodion scrive:

      Questo rende orgogliosi di essere Italiani: queste sono le fondamenta della nostra Patria.

      Fondamenta di libertà positive che sono contrapposte e quelle negative, INDIVIDUALISTICHE del liberalismo anglosassone, anacronistiche e astoriche. Buone solo per il golpe globale dei consessi reazionari.

      Mi scuso dell’invadenza.

      Saluti.

      • ugo scrive:

        Come ho scritto poco sopra, l’individualismo patologico è quello che vorrebbe sottomettere la “colonia” al vertice. Ripeto: non siamo insetti, ma animali che costituiscono branchi (nel bene e nel male).

        • Rodion scrive:

          Carissimo @Ugo, amo anch’io l’etologia e l’antropologia. Se questo discorso solenne pronunciato durante la Costituente ha fatto tacere e riflettere Calamandrei, ti chiedo: può essere che non hai proprio centrato il punto?

          Basso spiega semplicemente come è da leggere quest’incredibile prodotto culturale dell’intellighenzia italiana. Proprio il pensiero che citi mette in evidenza la contrapposizione **moderna** della nostra Democrazia pluriclasse che si realizza in un programma in cui le forze di governo **attivamente** (“keynesianamente”) perseguono l’UGUAGLIANZA SOSTANZIALE: condizione necessaria affinché si compia la Democrazia. E come si persegue? Tramite la PIENA OCCUPAZIONE provvedendo a fornire il lavoro al più “remoto dei montanari”.

          Ciò che citi è la moderna comprensione dell’ordinamento: non più lo Stato Leviatano da cui proteggersi (freedom from) ma uno Stato democraticamente partecipato tramito il proprio contributo politico ed economico: “freedom to”. VIENE RIFIUTATO L’INDIVIDUALISMO LIBERALISTA DI MATRICE ANGLOSASSONE alla base degli ordinamenti USA e UK.

          La società non è vista coma “somma di individualità”.

          Se ami le scienze umane sarai consapevole che le dinamiche sociali e psicosociali non possono essere descritte dalla “somma” dei singoli profili psicologici.

          Keynes e Kalecky “sono previsti in Costituzione”: se fosse necessario il protezionismo per difendere l’occupazione, il governo HA IL DOVERE COSTITUZIONALE di praticarlo così come la spesa pubblica in senso anticiclico.

          Il liberalismo internazionalista e la globalizzazione dei mercati percorrono la stessa strada!

          Chi ha voluto e sostiene l’EURO e i Trattati E’ UN SOVVERSIVO E UN TRADITORE: L’AUSTERITA’ E’ LA NORMALE CONSEGUENZA DELL’UNIONE MONETARIA E DEI TRATTATI ORDOLIBERISTI. Cosa pensi che intendesse Monti con “pilota automatico” (per distruggere la domanda interna)?

          Tutti gli interventi dal ’79 in avanti sono volti alla DISATTIVAZIONE DELLE COSTITUZIONI KEYNESIANE: pensi che sia un caso che JPMorgan si lamenti delle “Costituzioni antifasciste? Pensi che sia un caso che siano i fondi angloamericani a papparsi, come dopo il golpe del ’92, gran parte del lavoro e della genialità dei nostri padri?

          Non aspettavano altro.

          E tra poco il TTIP: qualche sculacciata ai brutti nazisti e poi si rilancia in questa involuzione autoritaria. Ma “liberale”.

          • Georgejefferson scrive:

            Il maggior nemico degli oscuri e’ hegel.Occhio.Vedi gli anticorpi creati scattano subito.Sia mai che il “loro”tutto si scopra e mostri per quello che e’.Piccolo,molto piccolo.

    7. Manifesto di Ventotene.

      …. e dare a tutti i cittadini la possibilità i partecipare effettivamente alla vita dello Stato. Su due questioni è necessario precisare meglio le idee, per la loro particolare importanza in questo momento nel paese; sui rapporti dello stato con la chiesa e sul carattere della rappresentanza politica:
      A) il concordato con cui in Italia il Vaticano…
      B) La baracca di cartapesta che il fascismo ha costituito con l’ordinamento corporativo cadrà in frantumi insieme alla altre parti sociali dello stato totalitario. C’è chi ritiene che da questi rottami si potrà trarre il materiale per i nuovo ordine costituzionale. Noi non lo crediamo. Negli stati totalitari, le camere corporative sono la beffa che corona il controllo poliziesco sui lavoratori. Se anche però le camere corporative fossero la sincera espressione delle diverse categorie dei produttori, gli organi di rappresentanza delle diverse categorie non potrebbero mai essere qualificati per trattare questioni di politica generale, e nelle questioni più propriamente economiche diverrebbero organi di sopraffazione delle categorie sindacalmente più potenti.

      Partiamo dal concetto di dare ai cittadini la possibilità di partecipare effettivamente alla vita dello stato, indi il concetto nobile, libero, responsabile delle corporazioni diventa importante se vedessimo lo stato- nazione trasformato in REGIONE europea e la composizione della camera corporativa regionale ( Col governatore eletto da ogni singola famiglia e rappresentanti corporativi) basata sui rappresentati delle varie corporazioni di appartenenza. Perché ciò; esso implica il rapporto diretto, carnale tra l’eletto e i medesimi votanti, tramite la frequentazione dell’eletto in sede corporativa di rappresentanza.
      Cosa voglio dire; supponiamo che ( essendo commerciante) venga eletto dalla corporazione di appartenenza Lombarda, giacché vivo in lombardia) al mio rientro dalla camera corporativa parlamentare, dovrò delucidare il mio operato a tutti gli iscritti. Di fatto, subentra il rapporto carnale, la vera partecipazione del cittadino col proprio eletto. E’ in quella specifica situazione che dovrò elencare il mio ottimo lavoro oppure la mia negligenza in seno alla corporazione. D’altro canto, nella camera corporativa parlamentare, parteciperanno persone competenti del proprio lavoro.
      Grazie per avermi letto.

    8. Rosanna Spadini scrive:

      E’ vero, questo rende orgogliosi di essere Italiani, queste sono le fondamenta della nostra Patria. Ma le fondamenta e le radici della nostra patria, uscita da una tragica guerra mondiale, civile e fratricida, a fatica sono riuscite a confermare i progetti di vita sociale collettiva cui tutti gli italiani avrebbero dovuto partecipare, e sempre più spesso quella straordinaria Costituzione, nata da quelle radici, è stata tradita nei principi e nei valori espressi, in un dopoguerra tormentato dalla conflittualità degli opposti interessi di destra e di sinistra, confuso da un mancato riconoscimento delle proprie responsabilità storiche, tra la strategia della tensione delle stragi rimaste impunite, la tragedia della violenza delle brigate rosse pilotate da oscuri servizi segreti, fino ad arrivare al delitto Moro, tutelato da altrettanto oscure forze massoniche, che coinvolsero importanti uomini politici (Cossiga, ministro dell’Interno e poi Presidente della Repubblica) e infine il “golpe” di Mani Pulite, rivoluzione implosa su se stessa, unica possibile reazione al sistema nella terra del fascismo, della mafia, della camorra e delle stragi di Falcone e Borsellino.

      Purtroppo anche questa è stata l’Italia del secondo Novecento e su questo ruvido tessuto ammorbante, come una ciliegina sulla torta di compleanno del Padrino, arrivano i due avversari politici dell’ultimo ventennio, il PD e il Caimano, serial killer di democrazia e di diritti, coloro che si sono spartiti allegramente per lungo tempo il potere e ci hanno regalato come garanzia di benessere e di difesa del lavoro quella grande trovata della moneta unica che è l’euro. Quindi dov’è la destra, dov’è la sinistra? Lo diceva già in tempi non sospetti Giorgio Gaber. Senza contare che oggi viviamo in un mondo postideologico (per fortuna), ma la vedovanza ideologica incide tragicamente su un tessuto sociale composto di spettatori-consumatori, privati dei diritti, del lavoro e della democrazia.

    9. Gianluca scrive:

      Complimenti per l’articolo, non ho appunti da fare. Condivido. Economicamente parlando, come ha detto Giorgia Meloni (paradossi della storia), riferendosi ad un eletta del PD, in romano e diretto:
      “Aho! Se voi siete di sinistra io so’ Mao Tse Tung!”.
      Sintesi perfetta!

    10. Indi, pensare a un grande Popolo in uno stato piccolo, inteso politicamente, e altresì gestito in modo corporativo per dare la tanto amata DEMOCRAZIA DIRETTA, parrebbe di buon auspicio, affinché si volgesse lo sguardo verso L’EUROPA delle REGIONI.

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      Francesco Maria Toscano, nato a Gioia Tauro il 28/05/1979 è giornalista pubblicista e avvocato. Ha scritto per Luigi Pellegrini Editore il saggio storico politico "Capolinea". Ha collaborato con la "Gazzetta del Sud" ed è opinionista politico per la trasmissione televisiva "Perfidia" in onda su Telespazio Calabria.

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