Dopo i fatti di Oppido, il vescovo Milito ha deciso di sospendere tutte le processioni in programma nei prossimi mesi nella diocesi. Si tratta di un invito alla riflessione e al silenzio di cui, in questo momento, tutti noi avremmo bisogno ed al quale seguirà una proposta di adorazione eucaristica come alternativa alle pressioni, spesso tutt’altro che sincere e disinteressate, che vorrebbero violentare la libertà d’azione della Chiesa. Verrebbe da dire: “sia lodato Gesù Cristo!”. Per quest’anno, gli “spinati” di San Rocco potranno passare il ferragosto in spiaggia a prendere la tintarella. Così si eviterà che qualcuno li accusi di essersi vestiti di cilicio in devozione ai “mammasantissima” palmesi. La Varia invece scaserà come al solito senza “sconzu” perché l’animella, pur oscillando, non può piegarsi ad inchini e riverenze su corso Garibaldi: l’andatura sostenuta e la moltitudine di fedeli non permetterebbero alcun tipo di ossequio. Tutt’al più si potrebbe pensare ad una levata di aureola al volo in segno di rispetto. Dentro la nicchia del Duomo soprattutto Sant’Ippolito che, come si sa, piuttosto che della città del porto è amante dei forestieri (il Santo a cavallo mi perdoni il luogo comune) e sarebbe capace di recarsi miracolosamente nella vicina Rizziconi per un salamelecco in trasferta. Stop anche alle processioni via mare per Maria SS di Porto Salvo – così alla Marina di Gioia e a Taureana – non sia mai che i pescherecci si arenino sulla battigia per salutare qualche boss in costume da bagno. Della Madonna dei Poveri non parlo per evidente conflitto d’interesse: sono infatti un incensurato portatore (forse atipico?) della Vergine Nera ma c’è da evidenziare bene che, a memoria d’uomo, a Seminara non si ricorda un 14 agosto senza il lungo e faticoso corteo della millenaria e miracolosa icona lignea. Neanche negli anni del terremoto calabro siculo o delle grandi guerre. Niente festa patronale a Citta e Tauria nova; lo stesso credo a Rosarno e San Ferdinando, Acquaro e Santa Cristina d’Aspromonte. Dunque, – si parli anche di questo senza ipocrisie – i pochi turisti di ritorno non tornino affatto. Meglio che andiate a vedere la festa di San Giovanni a Montecorvino o accompagniate in mare la Madonna del Perpetuo Soccorso a Porto Cesareo. La Piana merita paesi senza luminarie, palchi senza cantanti, strade senza le caratteristiche bancarelle. Gli esercenti, già ultra tar-tassati durante tutto l’anno e chissà quanti di loro sottoposti ad usura, pagheranno forse il dazio più alto: vedere le proprie attività semivuote ad agosto. I baristi stapperanno per sé le cerveze ghiacciate mentre i virtuosi dell’ “arrosti e mangia” da piazza ingoieranno salsicce amare al pianto di “me tapino!”. I radical chic, gli Emile Zola del nuovo secolo esulteranno tra un “era ora” e “l’avevo detto” dimenticandosi di quando, sciuscià a piedi nudi e con le ginocchia sbucciate correvano saltellando dietro Mata e Grifone strillando in dialetto strettissimo. Da domani, invece, tutti in chiesa ad espiare i propri peccati, possibilmente incappucciati lungo il tragitto per non cadere in tentazione nel guardare la villa del mafioso. Poi, liberati dal male, tutti a nanna a meditare sulle miserie umane e, se non viene sonno, anziché le pecore potremo contare i soldi che la ‘ndrangheta continua a guadagnare investendo a Roma o Milano con la compiacenza della politica corrotta o in commistione con qualche “corvo” a colori. Tutto ciò mentre in questa landa di terra desolata e abbandonata da Dio ci azzuffiamo per capire se davanti casa di Mazzagatti sia davvero passato o meno capitan Schettino. La questione, ora, sembra essere sfuggita di mano: dalla piana di Sibari le parole di Papa Francesco riecheggiano ancora e dopo Oppido la bomba è scoppiata in mano ai vescovi che, improvvisamente sotto i riflettori, non hanno potuto far altro che sospendere secolari e tradizionali manifestazioni di fede. Un provvedimento che, a mio avviso, appare tanto coraggioso quanto inefficace. È un po’ come fermare il campionato di calcio per la carogna di turno. Un gesto forte ma che, probabilmente, non servirà a risolvere un problema ben più radicato nei meandri più lacunosi e bui della società calabrese. Invitiamo pure gli showman a celebrare a casa nostra l’ “io non m’inchino day”; facciamo idolatria degli hashtag; potremmo portare in trionfo il vitello d’oro anziché Sant’Antonio. I preti e i fedeli continueranno a scacciare i giornalisti dal tempio e i cronisti faranno a gara per avere ceffoni d’apertura. Ciò nonostante, sarà difficile immaginare una festa patronale senza processione. Ma bisogna schierarsi dalla parte di Monsignor Milito. Ce lo chiede la nostra coscienza. Eppure alla Chiesa sarebbe bastato applicare le regole che già ci sono per evitare l’ennesimo naufragio dei calabresi. Dovevo dirlo. Adesso i benpensanti mi aggrediscano pure …
Domenico Latino