Fra pochi giorni si vota in Francia. I giornali di “sistema” hanno “pompato” oltremisura un misero personaggio, quel Emmanuel Macron uscito dall’uovo di Pasqua confezionato dai soliti banchieri Rothschild, dinastia di usurai che- dove riesce- impone al potere burattini eterodiretti dalla grande impresa e dalla grande finanza. Macron è in assoluto il personaggio più indegno e nefasto fra quelli sottoposti al giudizio dell’elettorato transalpino; liberista e servo dei padroni, il leader del movimento di plastica “en marche” si propone quale naturale continuatore delle fallimentari politiche adottate dall’attuale grottesco presidente sedicente socialista. Semmai dovesse vincere Macron (Dio non voglia), la Francia proseguirebbe imperterrita sulla scia dell’indirizzo impresso dal ridicolo duo Hollande-Valls, Stanlio e Ollio della politica continentale che hanno raggiunto invidiabili picchi di odio e disprezzo popolare. Per quanto reso presentabile e nuovo da un lavorio mediatico incessante, tendo ad escludere che i francesi siano così cretini da affidare ancora una volta al lupo la salvezza delle pecore. In tempi di crisi, causata dallo strapotere della finanza, nemmeno un bonobo australiano potrebbe consapevolmente desiderare di essere governato da uno con il curriculum di Macron. Dopo il pupazzetto dei banchieri che tanto piace pure ai giornali “responsabili” italiani- Corriere e Repubblica in testa- il secondo peggiore candidato è certamente Francois Fillon, vecchio trombone della politica che pensa di superare i problemi rispolverando la logora agenda reaganiana in economia, fatta di tagli indiscriminati allo stato sociale e di “privatizzazioni selvagge”. Praticamente Fillon, che deve avere vissuto su Marte gli ultimi 15 anni, non si è accorto che le sue ricette sono già miseramente fallite, potendo adesso contare perlopiù sull’acritico supporto di pochi marziani tra cui i cip & ciop del giornalismo italiano Giavazzi e Alesina, quest’ultimo già ampiamente ridicolizzato su scala planetaria in tempi non sospetti da economisti seri che- tipo Krugman- trovavano giustamente comica e ossimorica la teoria dell’austerità espansiva (che è come dire il ghiaccio bollente) partorita dal genio del bocconiano di stanza ad Harvard. Fillon, che ama i sacrifici solo quando gli fanno gli altri, già individuato come il Fioritò francese, risulta meno detestabile di Macron nella misura in cui difende l’idea di coltivare nuovi e migliori rapporti con la Russia di Putin, da tempo diffamata senza vergogna da un manipolo di massoni mondialisti che scorrazza impunemente per il mondo organizzando “rivoluzioni colorate” che finiscono sempre in un inutile bagno di sangue. Benoit Hamon, che ha vinto le primarie socialiste rinnegando come la peste la stagione di Hollande, è un politico rispettabile posto però ora alla guida di un partito frantumato e corroso da troppe lotte intestine per risultare credibile. Restano quindi in campo Jean Luc Melenchon e Marine le Pen. Lo scenario più entusiasmante li vedrebbe arrivare entrambi al ballottaggio, capaci cioè di polverizzare fin dal primo turno i candidati dell’establishment nazistoide e filo Unione Europea che pretende di continuare all’infinito a torturare i popoli in nome del feticcio dell’euro e della venerazione dei mercati. Fra i due Melenchon sembra fornire maggiori garanzie sul piano della elaborazione filosofica e culturale, ponendosi quale naturale prosecutore di una nobile e gloriosa tradizione rivoluzionaria che affonda proprio in Francia le sue radici. Però, dopo le piroette di altri finti compagneros alla Tsipras, traditore del suo popolo subito addomesticato da Schaeuble, è lecito nutrire seri dubbi sulla affidabilità complessiva delle cosiddette forze della “sinistra alternativa”, spesso troppo orientate a promettere il sol per l’avvenire dispensando veleno per il presente. Marine Le Pen, che ha abbandonato il vecchio armamentario fascistoide ereditato dal padre, oltre a proporre un necessario e radicale abbandono delle politiche neoliberiste in economia, cavalca pure con successo la tigre “identitaria”, suggestione potente e utile per dare il colpo di grazia alla declinante e morente globalizzazione del denaro e delle merci. Insomma, tra Melenchon e Le Pen (con lieve preferenza per Marine) chiunque vinca sarà un successo.
Francesco Maria Toscano
19/04/2017
Pessimi candidati, a parte la benemerita intenzione di Le Pen di traghettare la Francia fuori dall’Eurozona. Visto l’ennesimo tragico e vile attentato terroristico avvenuto ieri, mi auguro che chiunque esca vincitore dalla consultazione elettorale rafforzi il controllo e la sicurezza interna del territorio francese e possibilmente metta in discussione i vertici dei servizi di intelligence francesi e di quelli deputati alla sicurezza interna.